Le Mille ed una Notti/Storia del Sultano narrata da lui stesso

Storia del Sultano narrata da lui stesso

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Storia del Sultano narrata da lui stesso
Avventure del Cadì e di sua moglie Storia d'Alisciar e di Smeraldina

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STORIA


DEL SULTANO NARRATA DA LUI STESSO.


«— Io non nacqui nell’alto grado che occupo. Sono figlio d’un ricco mercatante, che abitava un paese lontano assai da quello ch’io ora governo. Mio padre mi allevò nella sua professione, ed insegnommi, tanto po’ suoi precetti quanto coll’esempio, ad essere diligente, onesto e virtuoso. Aveva appena tocca l’età virile, che la morte mi rapì quell’ottimo genitore. Negli ultimi suoi momenti, egli diedemi i consigli più saggi che gli dettassero l’amor suo per me e la sua esperienza, e mi raccomandò soprattutto di non far mai alcun giuramento, per quanto, giusto e necessario a’miei interessi. Gli promisi di uniformarmi a tutti i suoi suggerimenti, ed in breve egli esalò l’ultimo sospiro, lasciando mia madre, mia sorella ed io immersi nel più sincero dolore. Esaminata l’eredità che m’era toccata, mi trovai in possesso d’un’immensa somma di denaro e d’un considerevole capitale di commercio, di cui pagai subito i due terzi a mia madre ed a mia sorella, che ritiraronsi in una casa di campagna. Poco tempo dopo, un mercatante avanzò pretese sui beni di mio padre per una somma quasi eguale a quanto possedeva; chiestigli i suoi titoli, egli, non avendone alcuno, appoggiò la giustizia della sua domanda con un giuramento solenne. Io sapeva ch’era falso; ma siccome erami impegnato a non farne giammai, non lo potei smentire, e fui costretto a pagare; lo che feci prendendo il tutto [p. 278 modifica] dalla propria mia parte, senza sminuire quelle della madre e della sorella. Mi si fecero ancora alcuni altri reclami, a’quali mi sottoposi, piuttosto che violare la promessa fatta a mio padre sul letto di morte, benchè così mi trovassi ridotto ad una spaventosa, miseria, non volendo far partecipe mia madre, nè mia sorella alla nuova disgrazia. Finalmente, mi decisi a lasciare la città natale, e cercar fortuna in paese straniero, sia allogandomi in qualità di commesso presso un negoziante, sia in qualunque altro modo. Partii adunque, e viaggiava da alcuni giorni, allorchè, attraversando un deserto di sabbia, incontrai un vecchio venerabile vestito di bianco, il quale, accostatosi con aria gentile, mi chiese lo scopo del mio viaggio; io gli narrai la deplorabile mia storia. Il vecchio Arabo mi benedisse, e lodò in termini sommamente lusinghieri la mia condotta e la fedeltà nel mantenere la promessa fatta al moribondo padre. — Figliuolo,» soggiunse,» non iscoraggiarti; le tue azioni vennero approvate dal nostro santo profeta, che intercedette per te presso il Dio della misericordia. Vieni a ricevere il premio della tua virtù e delle tue tribolazioni.» Lo seguii, e giungemmo in questa città, ch’era tutta spopolata; il palazzo reale istesso cadeva in rovina. — Il cielo,» mi disse la veneranda guida, «ha destinato che tu qui regnassi; diverrai in breve un potente sultano.» Mi fece percorrere il palazzo, e calammo in un sotterraneo dove, con mio alto stupore, vidi una catasta di verghe d’oro e d’argento, grossi sacchi pieni d’oro, e diversi scrigni di gioielli d’inestimabil valore. Egli mi mise al possesso di tutto. Rimasi quindi qualche tempo immobile di sorpresa; ma uscendo in fine dall’estasi, dissi alla mia guida: — A che mi servirebbero tutti questi tesori in una città deserta, e come posso io essere monarca senza sudditi?» Quella domanda fece sorridere il veglio, il quale rispose: — Abbi [p. 279 modifica] pazienza, figliuolo; stasera giungerà qui una numerosa carovana, composta d’infelici esiliati che cercano asilo, e tu sarai loro sovrano.» Quelle parole si verificarono; la carovana giunse, ed il vecchio invitolla a stabilirsi nella città. L’offerta fu accettata con gioia, e per suo consiglio venni eletto sultano. Il mio protettore rimase meco un anno intero, durante il quale m’insegnò l’arte di governare; fu egli che mi fece quello che sono. Il cielo secondò i miei sforzi per far il bene; la mia riputazione di giustizia, generosità e clemenza si sparse all’estero; la città fu in poco tempo piena di abitanti industriosi, che sugli edifizi antichi ne eressero nuovi, ove abitano il lavoro e la pace. La campagna si è fertilizzata mediante una ben ordinata coltura, ed il nostro porto si coperse di vascelli di tutte le nazioni. Poco dopo, mandai a prendere la mia famiglia, poiché aveva, partendo, lasciato una moglie e due figliuoli. Potete argomentare, dalla gioia che provaste trovandovi dopo una lunga separazione, qual fosse quella ch’io dovetti risentire allorché mi vidi contornato da’ miei cari. Al finire dell’anno, il mio protettore mi volse questo linguaggio: — Figlio, io ho adempito alla mia missione; mi è d’uopo lasciarti, ma sii tranquillo; continua a condurti come cominciasti, ed un giorno ci ritroveremo. Sappi ch’io sono il profeta Khizzir, e che fui mandato dall’alto per proteggerti. Possa tu mai sempre meritare i benefizi del cielo!» Ciò detto, mi strinse teneramente tra le braccia, e sparve senza ch’io potessi trattenerlo, né seguirlo. Restai per alquanti minuti in uno stupore, in un’estasi da non dirsi, ai quali succedettero un timore rispettoso ed una viva gratitudine per tanta bontà. Rimesso dal turbamento, mi prosternai con pio fervore, e poscia ho sempre procurato di seguire gli avvertimenti del celeste mio consiglierò. Non ho d’uopo dirvi di più; vedeste la felicità che mi circonda, ed il [p. 280 modifica] premio che il cielo concede a chi osserva i divini precetti.»

L’aurora tingeva de’ vividi suoi colori l’orizzonte, quando la sultana cessò di parlare; la notte seguente cominciò un’altra novella, continuandola le successive in questi sensi: