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dalla propria mia parte, senza sminuire quelle della madre e della sorella. Mi si fecero ancora alcuni altri reclami, a’quali mi sottoposi, piuttosto che violare la promessa fatta a mio padre sul letto di morte, benchè così mi trovassi ridotto ad una spaventosa, miseria, non volendo far partecipe mia madre, nè mia sorella alla nuova disgrazia. Finalmente, mi decisi a lasciare la città natale, e cercar fortuna in paese straniero, sia allogandomi in qualità di commesso presso un negoziante, sia in qualunque altro modo. Partii adunque, e viaggiava da alcuni giorni, allorchè, attraversando un deserto di sabbia, incontrai un vecchio venerabile vestito di bianco, il quale, accostatosi con aria gentile, mi chiese lo scopo del mio viaggio; io gli narrai la deplorabile mia storia. Il vecchio Arabo mi benedisse, e lodò in termini sommamente lusinghieri la mia condotta e la fedeltà nel mantenere la promessa fatta al moribondo padre. — Figliuolo,» soggiunse,» non iscoraggiarti; le tue azioni vennero approvate dal nostro santo profeta, che intercedette per te presso il Dio della misericordia. Vieni a ricevere il premio della tua virtù e delle tue tribolazioni.» Lo seguii, e giungemmo in questa città, ch’era tutta spopolata; il palazzo reale istesso cadeva in rovina. — Il cielo,» mi disse la veneranda guida, «ha destinato che tu qui regnassi; diverrai in breve un potente sultano.» Mi fece percorrere il palazzo, e calammo in un sotterraneo dove, con mio alto stupore, vidi una catasta di verghe d’oro e d’argento, grossi sacchi pieni d’oro, e diversi scrigni di gioielli d’inestimabil valore. Egli mi mise al possesso di tutto. Rimasi quindi qualche tempo immobile di sorpresa; ma uscendo in fine dall’estasi, dissi alla mia guida: — A che mi servirebbero tutti questi tesori in una città deserta, e come posso io essere monarca senza sudditi?» Quella domanda fece sorridere il veglio, il quale rispose: — Abbi