Lezione V

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LEZIONE V





I treni.


I veicoli ferroviari. — Il materiale da trasporto in uso sulle ferrovie si divide in due grandi categorie: carrozze da viaggiatori e carri per le merci. Ogni veicolo si compone di tre parti distinte: le ruote, il telaio e la cassa. Le differenze essenziali fra veicolo da viaggiatori e veicolo da merci non si trovano nè nelle ruote nè nel telaio, ma nella cassa., che è la parte destinata a contenere le persone o le cose da trasportare.

I veicoli ferroviari differiscono da quelli ordinari per parecchi caratteri: hanno le ruote col bordino, destinato a mantener il veicolo entro il binario; le ruote, per maggior solidità, formano corpo coll’asse e girano con questo; i cerchioni sono leggermente conici, ciò che giova a mantenere i veicoli nell’asse del binario lungo i rettilinei ed a diminuire la differenza di sviluppo che debbono percorrere le ruote nei tratti in curva; gli assi rimangono sempre paralleli fra loro; le ruote son poste sotto la cassa in maniera che questa può assumere una larghezza indipendente dallo scartamento del binario; il peso della cassa è applicato all’estremo degli assi, in modo da avere una maggiore stabilità.

Il telaio del veicolo, vale a dire quella specie di piattaforma che poggia per mezzo delle molle sugli assi e sostiene la cassa, prima si faceva di legno, oppure in struttura mista di legno e di ferro: ora si fa completamente in ferro od in acciaio. Così si [p. 43 modifica]ottiene maggior robustezza, senza aumentare di molto il peso ed il costo del veicolo.

Le vetture che si adoperavano ai primi tempi delle ferrovie erano assai piccole e non avevano più di due assi: in seguito si fecero vetture a tre assi e infine le lunghissime vetture che poggiano su due carrelli, ognuno a quattro o sei ruote, Questi carrelli sono girevoli intorno ad un perno, per maniera che nelle curve si dispongono secondo il raggio e non creano ostacolo alla circolazione, come avverrebbe se si adottassero per veicoli assai lunghi gli assi rigidi.

Abbiamo già detto che il telaio del veicolo appoggia sugli assi per mezzo di molle. Occorre aggiungere che, per fissare la posizione degli assi rispetto al telaio, questo porta nelle fiancate altrettante appendici quante sono le ruote, aventi la forma di U rovesciato e che si chiamano piastre di guardia. Queste piastre rimangono a cavallo delle boccole, che sono scatole metalliche, contenenti il cuscinetto in bronzo, che poggia sul fuso dell’asse, e l’olio per la lubrificazione. Sulla boccola poggiano le molle, che sono quasi sempre a balestra, cioè composte di tante foglie sovrapposte di lunghezza differente, in guisa da avere insieme grande robustezza e sufficiente flessibilità.

Poichè, nei treni, i veicoli vengono a contatto e spesso si comprimono o si urtano, è necessario che alla estremità siano muniti di respingenti, specie di piatti portati da un gambo che scorre in una custodia munita di una molla per smorzare gli urti.

Costituiscono un altro particolare importante del veicolo ferroviario gli organi di attacco, che consistono in un sistema di ganci e di maglie, applicati al telaio coll’intermediario di una molla. Per unire due veicoli il gancio dell’uno si fa entrare nella maglia dell’altro e per mezzo di un tenditore a vite si avvicinano più o meno i veicoli, comprimendo le molle dei respingenti. Nei treni viaggiatori l’aggancio si fa [p. 44 modifica]sino al rifiuto, vale a dire fino a che non sono compresse totalmente le molle dei respingenti a contatto, e questo allo scopo di evitare gli urti fra i veicoli all’avviamento, ai cambiamenti di velocità e al momento della fermata. I treni merci, invece, non sono agganciati a fondo, ma gli agganci si lasciano lenti, in maniera da ridurre lo sforzo di trazione all’avviamento, non potendo la macchina spostare di un sol colpo un treno pesante serrato a blocco. L’agganciamento è di solito doppio: vale a dire o vi sono, oltre il gancio e la maglia anzidescritti, due catene di riserva che subentrano nel caso di rottura dei primi, oppure vi è un doppio gancio che entra al momento opportuno in funzione.

Il sistema di attacco al centro con respingenti laterali, generalmente adoperato in Europa, non è però scevro di inconvenienti. Per quanto i regolamenti lo proibiscano severissimamente, il personale addetto alla formazione di treni è spesso indotto, per affrettare le operazioni, a penetrare fra i veicoli in manovra per agganciarli, senza attendere che si siano fermati. Avviene perciò che talora gli agenti rimangano presi tra i due respingenti e gravemente feriti e in qualche caso perfino uccisi. Non è detto che i pericoli d’infortunii si possano completamente eliminare, ma è certo che sarebbe un gran progresso dal punto di vista umanitario se si potesse trovare un sistema che non obbligasse gli agenti ad entrare fra i carri per eseguire l’agganciamento. In America sono riusciti a creare un organo automatico di attacco, che non ha bisogno di speciale manovra, ma entra in azione per effetto di una piccola spinta data da un carro contro l’altro. Ciò costituisce anche un perfezionamento tecnico, in quanto le manovre, riescono più rapide e la mancanza dei respingenti attenua la resistenza dei treni nelle curve. Anche in Italia sono stati fatti degli studi in proposito ed in un recente concorso l’apparecchio inventato dall’ing. Pavia di Torino fu riconosciuto meritevole di un [p. 45 modifica]vistoso premio; ma l’applicazione pratica è ancora lontana, perchè bisogna conseguire l’accordo di tutte le ferrovie europee, fra le quali avviene lo scambio del materiale, ed affrontare una ingentissima spesa.


I freni. — I freni sono necessari per moderare la velocità dei treni e per ottenerne l’arresto rapido; sono indispensabili quando si deve produrre la fermata del treno in presenza di un improvviso ostacolo.

Un treno pesante, per esempio, 250 tonnellate e marciante alla velocità di 70 chilometri l’ora su una via in piano percorrerebbe — se il macchinista si contentasse di togliere il vapore alla macchina senza serrare i freni — non meno di 9 chilometri prima di essere arrestato dalla propria resistenza.

Abbiam già detto che la locomotiva possiede in sè stessa un freno assai potente rappresentato dal controvapore, che si può adoperare sia per l’arresto immediato, quanto per moderare la velocità nelle discese. A parte questo mezzo che, come abbiamo visto, utilizza l’impiego dello stesso vapore mandato nei cilindri in senso inverso alla marcia che questi compiono per effetto della pendenza, tutti gli altri freni son basati sullo impiego di ceppi che vengono stretti contro le ruote, come nei veicoli ordinari.

I freni debbono agire progressivamente, perchè non si potrebbe, senza andare incontro a gravi inconvenienti, distruggere di colpo la forza viva di un treno. L’arresto istantaneo di un convoglio lanciato a 60 chilometri equivarrebbe pei viaggiatori alla caduta da un quarto piano! Nelle frenature rapide, infatti, si è sbattuti violentemente contro i sedili.

I ceppi dei freni, quale che sia il mezzo impiegato per la loro manovra, vanno, dunque, ad appoggiarsi gradualmente contro i cerchioni delle ruote; lo attrito che ne risulta è quello che si oppone al movimento del convoglio e ne provoca la fermata. Crescendo però l’attrito verrà un momento in cui la ruota non potrà più girare, ma si arresterà: orbene, [p. 46 modifica]è provato che se la ruota si arresta, a parte che si formano sul cerchione delle appiattiture che lo sciupano, l’azione di frenamento diventa meno energica. Perciò nella pratica non bisogna mai frenare sino a produrre l’arresto delle ruote.

I mezzi frenanti oggi in uso sulle ferrovie vanno divisi in due categorie: freni a mano e freni continui.

I freni a mano sono affidati ad appositi agenti che, per mezzo di manovella a vite e di una serie di leve, stringono, impiegando la loro forza muscolare, i ceppi contro le ruote. I veicoli per i viaggiatori sono tutti muniti di freno, non così i veicoli merci; infatti non è necessario che tutti i carri di un treno siano frenati, ma basta che ne sia frenato un certo numero, tanto maggiore quanto più grande è la velocità di marcia e la pendenza della linea. Così, per esempio, ad un treno merci di 30 carri, a velocità di 45 chilometri l’ora, sulla pendenza massima del 15 per mille, occorrono cinque freni, uno dei quali è affidato al capo-treno, che prende posto nel bagagliaio. Il veicolo di coda deve poi sempre essere frenato, perchè, rompendosi l’organo di attacco, possa essere arrestato; inoltre l’agente che resta in coda al treno può, in caso di fermata, essere utilmente impiegato per le segnalazioni verso altro treno che eventualmente gli tenesse dietro.

I freni a mano, o a vite, agiscono lentamente, perchè è difficile ottenere dai diversi agenti una manovra simultanea; inoltre essi richiedono l’impiego di molto personale. Cresciuto, d’altra parte, il peso e la velocità dei treni, si fa maggiormente sentire il bisogno di mezzi atti a produrre l’arresto di grandi masse, in tempo e spazio relativamente limitati. Un freno ad azione energica e pronta è, quindi, diventato indispensabile nelle condizioni attuali dell’esercizio ferroviario, non soltanto dal punto di vista della sicurezza, ma anche perchè esso permette di ridurre di molto il tempo necessario per ottenere l’arresto nelle stazioni, e di aumentare, in relazione, la [p. 47 modifica]velocità commerciale dei treni. Rispondono perfettamente a questo scopo i freni continui, sia perchè, impiegando una forza meccanica anzichè l’energia muscolare dell’uomo, permettono una rapida frenatura, sia perchè potendo essere messi in funzione da un solo agente, che è di regola il macchinista medesimo, danno luogo a minor impiego di personale.

Pel funzionamento dei freni continui è stato tentato l’impiego della forza meccanica accumulata da contrappesi o molle, l’energia elettrica ed altri sistemi, ma i migliori risultati, dal punto di vista pratico, sono stati quelli ottenuti coll’aria compressa o col vuoto; anzi il freno più comunemente adoperato sulle ferrovie del mondo intero, il vero freno universale è quello ad aria compressa.


Il freno Westinghouse. — Si deve all’ingegnere americano Giorgio Westinghouse l’invenzione del freno che porta il suo nome e che ha avuto tanta parte nel progresso tecnico delle ferrovie. Il Westinghouse prima cominciò col creare un freno in cui l’aria compressa, prodotta da un piccolo compressore a vapore posto sulla locomotiva, passando attraverso una condotta posta lungo tutto il treno, andava ad un cilindro di cui ciascun veicolo era munito e, spostando uno stantuffo scorrevole nel cilindro, provocava lo stringimento dei ceppi contro le ruote. Ma questo sistema, a parte altri difetti, aveva specialmente quello di non essere automatico, mentre è ovvio che, per fare economia di personale ricorrendo al freno continuo, occorre che questo sia tale da entrare in funzione da sè tutte le volte che un organo di aggancio si rompa.

Il Westinghouse pensò che avrebbe potuto raggiungere questo requisito quando l’invio dell’aria compressa nella condotta avesse servito a mantenere i freni disserrati, e la sfuggita dell’aria avesse invece provocato il frenamento. In tal modo, rompendosi un organo di aggancio, e per conseguenza la condotta [p. 48 modifica]posta lungo il treno, il freno avrebbe agito. Su questo principio egli creò il suo secondo tipo di freno, che ebbe tanto successo.

Il freno Westinghouse è assai complicato e non è qui il caso di tentarne la descrizione; basterà sapere che esso è messo in funzione dal macchinista per mezzo di un apparecchio che lascia sfuggir l’aria dalla condotta. Ma qualsiasi agente può, in caso di pericolo, arrestare il treno, manovrando un semplicissimo rubinetto di cui ciascun veicolo è munito. Gli stessi viaggiatori possono far funzionare il freno, giacchè il segnale di allarme posto nelle vetture non è che un rubinetto anch’esso, applicato sulla condotta del freno e munito all’esterno di un fischietto. Quando un viaggiatore, in presenza di un pericolo (farlo senza ragione è, naturalmente, proibito) manovra il segnale di allarme, dalla condotta esce dell’aria e si ha un principio di frenamento, mentre il fischio entra in funzione e avverte così il macchinista perchè arresti completamente il treno.

In piano, alla velocità di 100 chilometri l’ora, un treno munito di freno Westinghouse si ferma in meno di 400 metri. In effetto, nelle stazioni la fermata avviene in uno spazio minore e ciò perchè il macchinista prima di applicare il freno riduce la velocità, togliendo il vapore. Se supponiamo che la velocità in tal modo si sia ridotta da 100 a 50 chilometri, bastano 100 metri appena per arrestare il convoglio.


Le carrozze pei viaggiatori. — Abbiam già detto che la differenza sostanziale fra i veicoli viaggiatori ed i veicoli merci sta nella cassa, ed è quasi superfluo descrivere la cassa delle carrozze per i viaggiatori che ciascuno conosce. Ricorderemo solo che le carrozze sono di due tipi principali, quello inglese od a compartimenti separati e quello americano od a corridoio, entrambi comuni sulle nostre ferrovie.

Nel sistema inglese ogni vettura è divisa in un [p. 49 modifica]certo numero di compartimenti, resi accessibili da porte laterali. Nel sistema americano le vetture sono molto lunghe e munite generalmente di carrelli, e l’entrata si fa da due vestiboli estremi. Queste vetture si congiungono poi fra loro per mezzo di soffietti, creando i cosidetti treni intercomunicanti. Nell’interno un corridoio va da un capo all’altro della vettura, che contiene o delle file di sedili posti in senso trasversale o tanti piccoli scompartimenti chiusi, colla porta che dà sul corridoio.

Questo secondo tipo di vettura è quello che oggigiorno gode maggior favore per i molti vantaggi ch’esso presenta. Vantaggi che sono già noti; come quello di permettere al viaggiatore di abbandonare la posizione a sedere circolando lungo il treno, di facilitare l’accesso alle ritirate, di offrire spazio maggiore, perchè non dovendosi aprire gli sportelli all’esterno, la cassa si può far più larga, di risultar più stabili nella marcia a velocità elevata, di rendere possibile l’inclusione nei treni di vetture-ristorante a disposizione di tutti, di essere infine più sicure nel senso che, in caso di disastri, il materiale pesante è meno facilmente distrutto. Il moderno conforto, che si cerca nel viaggio come nella casa e in tutti i luoghi di convivenza, è assai favorito dall’introduzione delle vetture di tipo americano.

Naturalmente ai vantaggi enumerati si contrappone pure qualche inconveniente: le grandi vetture presentano un elevato peso morto per ogni viaggiatore trasportato. Una vettura di tipo inglese da 36 posti pesava al più 20 tonnellate, ciò che rappresentava 555 chilogrammi di peso morto per ogni viaggiatore, mentre le grandi vetture a corridoio moderno, offrendo da cinquanta a sessanta posti, raggiungono un peso massimo di perfin cinquanta tonnellate, ciò che significa mille chilogrammi di peso o poco meno per ciascun posto. Altro inconveniente delle carrozze di tipo americano è quello che, dovendo i viaggiatori uscire od entrare da un’unica apertura, nelle stazioni [p. 50 modifica]ove il movimento è appena sensibile occorrono fermate piuttosto lunghe. A ciò si è cercato di rimediare facendo delle vetture che, pur essendo munite di corridoio e quindi intercomunicanti, abbiano le porte laterali.

Nel materiale pel trasporto dei viaggiatori sono stati introdotti molti perfezionamenti che contribuiscono a diffondere l’uso del viaggiare per affari o per diporto. Un tempo viaggio era sinonimo di disagio: si doveva, anche per tappe limitate, restar chiusi lunghe ore in vetture strette e incomode, non riscaldate, nè illuminate. Oggidì tutte le carrozze, anche quelle di III classe, sono riscaldate con lo stesso vapore prodotto dalla locomotiva, mediante condotte che corrono lungo tutto il treno e illuminate a luce elettrica per mezzo di accumulatori di cui è munita ciascuna vettura, e molti treni portano la carrozza ristorante, che finirà ben presto col diventare accessibile anche alle classi meno agiate. Per un certo tempo le vetture di III classe rimasero escluse dai treni diretti: la irragionevole esclusione oggi è cessata ed anche chi deve limitarsi nello spendere può compiere celermente un lungo viaggio.

Vi è chi pensa che saggio provvedimento democratico potrebbe esser quello dell’abolizione delle tre classi, per farne una sola, come in America. Ma tale provvedimento, a chi ben rifletta, appare subito più favorevole al ricco che al povero. A meno che non si volesse di molto abbassare il reddito delle ferrovie — cosa che per ora non è possibile — quando la riforma s’introducesse bisognerebbe far pagare ai viaggiatori dell’unica classe un prezzo intermedio fra la prima e la terza classe e in sostanza sugli attuali viaggiatori di terza verrebbe a ricadere un onere eguale allo sgravio di cui godrebbero gli attuali viaggiatori di prima. Avverrebbe così che molti i quali oggidì si accontentano delle panchette sprovviste di cuscini dovrebbero rinunciare a viaggiare.

Un’altra riforma è invece possibile e va [p. 51 modifica]caldeggiata: quella della introduzione della carrozza con letti, a prezzi accessibili anche ai viaggiatori di scarse risorse, limitatamente, ben inteso, ai treni che compiono lunghi percorsi notturni. Il viaggio di notte con relativa comodità è spesso una risorsa per chi deve dedicare agli affari le ore del giorno: orbene non è certo assai difficile il problema di rendere i sedili trasformabili, durante la notte, in letti sovrapposti per modo che i viaggiatori possano prendere la posizione orizzontale, che è quanto basta per dormire a chi non ha abitudini raffinate. La carrozza a letti cesserebbe, quindi, come tante altre cose, dall’essere oggetto di lusso.


I carri per le merci. — La classificazione dei carri per le merci di uso comune si fa in tre categorie: carri chiusi, carri aperti e carri piatti. I primi hanno la cassa completa che si può chiudere, in maniera da garentire il contenuto dalle manomissioni e dalla pioggia. I secondi hanno soltanto le sponde e sono perciò adoperati per le merci di scarso valore e che non temono le intemperie; i carri piatti, infine, non hanno che il solo piano o sono provvisti di piccole sponde ribaltabili e servono pel trasporto di oggetti indivisibili di gran peso, lunghe travi, rotaie e simili. Quando i pezzi da trasportare eccedono la lunghezza di un carro si ricorre a carri muniti di bilico, cioè di un apparecchio che permette a due carri fra loro congiunti e aventi un carico comune di spostarsi uno rispetto all’altro. Nei carri ordinari si cerca di raggiungere più che si può una certa uniformità di tipo, perchè in tal modo ne riesce più facile lo scambio e più intensa l’utilizzazione. Si cerca altresì di ingrandirne la capacità per ridurre il peso morto del trasporto; i grandi carri pesano, per ogni tonnellata di merce che possono contenere, meno dei carri piccoli e sono perciò preferiti, specialmente per le merci di scarso valore che si trasportano in grandi quantità. [p. 52 modifica]

Ciò che ha favorito l’ingrandimento della capacità dei carri è stata la diffusione delle strutture metalliche. Oggidì si fanno carri che hanno in ferro o in acciaio non soltanto il telaio ma anche la cassa, raggiungendo insieme robustezza e leggerezza.

Sono quindi diventati comuni i carri della portata di 20 e 30 tonnellate (in America si raggiunge anche quella di 50) mentre, all’inizio delle ferrovie, non si facevano che carri di 4 o 5 tonnellate.

Sulle ferrovie si è andato pure diffondendo l’uso dei carri speciali, denominazione che si dà ai veicoli destinati al trasporto di merci per le quali occorre uno speciale trattamento o precauzioni apposite. Così si hanno carri-serbatoi pel trasporto di liquidi, carri-scuderia pel trasporto di cavalli di lusso, e simili, mentre per le materie facili a subire alterazioni per effetto della temperatura si ricorre invece ai vagoni refrigeranti, nei quali con sistemi diversi si ottiene una temperatura bassa e costante. La costruzione dei carri refrigeranti ha fatto grandi progressi, consentendo il trasporto a notevolissime distanze di carni macellate, pesce, frutta e primizie di ogni genere.