Le Baccanti/Secondo episodio
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Le guardie trascinano Diòniso con le mani avvinte.
guardia
Pentèo, siam qui. La preda ti rechiamo
sulla cui traccia ne inviasti: vana
non fu l’opera nostra. E questa fiera
fu con noi mite, e a fuga il pie’ non volse;
ma le man’ porse di buon grado, senza
sbiancare in viso; ma così, vermiglio
e ridente, stie’ fermo, e c’invitò
a legarlo e condurlo; e rese facile
l’opera nostra. Ond’io, quasi confuso,
dissi: «Non per voler mio, stranïero,
ma per comando di Pentèo ti lego».
E senti ancor. Le Mènadi, che tu
catturasti, legasti, imprigionasti
dentro il carcere pubblico, or, disciolte,
lungi, fra i boschi, danzano ed invocano
il nume Bromio: ché da sé si sciolsero
i lor legami; e senza opera d’uomo,
da sé si spalancarono le porte.
Autor di molte meraviglie giunse
quest’uomo a Tebe. Al resto or tu provvedi.
penteo
Stolti! Alla rete delle mani mie
tanto veloce egli non è che sfugga!
Guarda Diòniso.
Ma tu sei bello, o forestiero, e tale
da piacere alle femmine; e a tal fine
venisti a Tebe. E non son già cresciuti
nella palestra, i tuoi voluttuosi
riccioli effusi per le guance. E bianco,
per far con tua beltà preda d’amore,
ti serbi all’ombra, e i rai del sole schivi.
Ma di’ prima qual’è la stirpe tua.
dioniso
T’han mai parlato del fiorito Tmòlo?
penteo
Che cinge Sardi tutta in giro: sí.
dioniso
Di lí son giunto: è patria mia la Lidia.
penteo
Perché quest’orge in Ellade introduci?
dioniso
Di Giove il figlio m’inviò, Dïòniso.
penteo
V’è un Giove là, che nuovi Numi genera?
dioniso
Non là, ma qui, Semèle a lui fu sposa.
penteo
In sogno ei te l’ingiunse? Oppur t’apparve?
dioniso
Desti eravamo; e i riti m’affidò.
penteo
E di che specie questi riti sono?
dioniso
Conoscerli ai profani non è lecito.
penteo
E qual recan vantaggio a chi li celebra?
dioniso
Saperli utile dà: ma tu nol puoi.
penteo
Vuoi con orpelli curïoso rendermi?
dioniso
L’orge del Nume aborrono dagli empî.
penteo
L’hai visto, dici: e qual n’era l’aspetto?
dioniso
Quello ch’ei volle: io già non glie lo imposi!
penteo
Anche or m’eludi, e nulla tu mi dici.
dioniso
Folle allo stolto par, chi savio parla.
penteo
E a noi per primi addotte l’orge hai tu?
dioniso
Ognuno già le cèlebra dei barbari.
penteo
Perché piú stolti assai son che gli Ellèni.
dioniso
Piú savî, in questo: usanze varie han gli uomini.
penteo
E di giorno o di notte i riti celebri?
dioniso
Di notte, per lo piú: divina è l’ombra.
penteo
È un marcio inganno per sedurre femmine.
dioniso
Anche di giorno trovi opere turpi.
penteo
Pena darai del tuo sottilizzare!
dioniso
E tu di tua stoltezza e dell’empiezza.
penteo
Temerario è il Baccante, e in ciarle esperto.
dioniso
Di’, che devo patir? Qual pena orrenda?
penteo
Mozzerò prima i tuoi morbidi ricci.
dioniso
Sacri sono: li nutro a onor del Nume.
penteo
Quel tirso dammi poi: schiudi la palma!
dioniso
Toglimelo tu stesso: a Bacco è sacro.
penteo
E te custodiremo in ceppi avvinto.
dioniso
Mi sciorrà, quand’io voglia, il Nume stesso.
penteo
Se a chiamarlo potrai gir fra le Mènadi!
dioniso
Ora ei m’è presso, e ciò ch’io soffro scorge.
penteo
Dov’è? Per gli occhi miei non è visibile?
dioniso
Presso a me: tu, che un empio sei, nol vedi.
penteo
Prendetelo! Costui me offende e Tebe.
dioniso
Di non legarmi, ai folli impongo, io savio!
penteo
Io, che di te piú posso, di legarti.
dioniso
A che vivi, che fai, chi sei, tu ignori.
penteo
Son Pentèo, figlio d’Echïóne, e d’Àgave!
dioniso
Pentimento sonar sembra il tuo nome.1
penteo
Va’ via! — Presso alle stalle rinchiudetelo,
ch’egli sol vegga tenebre profonde.
Cammina! E queste, che con te recasti,
complici tue, le venderemo; o, posto
fine al frastuono ed al fragor dei timpani,
me le terrò, ché badino ai telai.
dioniso
Vado! E mai soffrirò quel che non devo
soffrir. Ma il Dio che tu neghi, Dïòniso,
trarrà vendetta dell’ingiurie tue:
ché, me legando, in ceppi il Nume stringi.
Penteo entra nella reggia, e Dioniso è trascinato dalle guardie.