Le Baccanti/Secondo stasimo
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Tutto il coro si precipita verso l’erma di Dirce.
i corifea
Strofe
O d’Achelòo progenie,
Dirce, vezzosa e veneranda vergine,
nelle tue scaturigini
asilo desti al pargolo
di Giove, allor che il padre, dalla folgore
immortale salvatolo,
lo chiuse entro la scapola,
e gridò: «Vieni, vieni in questo maschio
mio grembo, o Ditirambo: e Tebe sappia
ch’io cosí ti denomino».
Dirce beata, ed or che cinti d’ellera
conduco alle tue sponde i sacri tíasi,
mi discacci da te? Perché respingermi,
rinnegarmi perché? Dovrai, pei grappoli
lo giuro di Dïòniso,
volgere ancor dovrai la mente a Bromio!
ii corifea
Antistrofe
Ben mostra ch’ebbe origine
dalla terra, e che a lui fu padre un aspide,
Pentèo! La vita diedegli
Echïóne terrigeno,
mortale uomo non già, ma mostro orribile,
selvaggio, di sangue avido,
qual Gigante dei Superi
rivale: egli che presto me, di Bromio
diletta, avrà legata in duri vincoli,
che già nella sua reggia
dei miei riti il compagno, in buio carcere
ascoso tieni. Or vedi tu, Dïòniso,
contro qual fato i tuoi seguaci lottano?
Giú dalle cime dell’Olimpo, l’aureo
tirso quassando, avvèntati,
e di questo crudel frena l’ingiuria!
Epodo
Dove col tirso i tíasi,
o Dïòniso, guidi? In Nisa, patria
di fiere, sopra i culmini
coricî, o tra gli arborei
d’Olimpo anfratti, dove con la cétera
Orfeo traeva alla melode gli alberi
e le fiere selvatiche?
O te beata, Pieria,
ch’Evio t’onora, a e te verrà coi bacchici
tripudî, in danze, conducendo il turbine
delle Baccanti, pei veloci vortici
dell’Assio, e il Lido, cui la fama dice
d’agi e di beni origine
per gli uomini; ed impingua coi bellissimi
flutti la terra di corsieri altrice!