La vita di Alessandro Tadino medico milanese
Questo testo è incompleto. |
LA VITA
DI
ALESSANDRO TADINO
MEDICO MILANESE
SCRITTA
DAL DOTTORE
ERCOLE FERRARIO
MILANO
TIPOGRAFIA E LIBRERIA DI GIUSEPPE CHIUSI
ontr. di S. Vittore e 40 Martiri, N. 1177
1857
Tadino era uno degli uomini più riputati
del suo tempo.
Manzoni, Pro. Sposi, Cap. XXXII.
Specialmente in due modi può la medicina riuscire vantaggiosa di molto all'umanità, co 'l curare cioè le malattie già svolte e co 'l suggerire quelle providenze, che valgono a tenerne lontane le cagioni sia dagli individui, che dalle popolazioni. Da ciò venne la distinzione della medicina in clinica o pratica o privata, ed in publica o politica; la quale allora torna veramente profittevole, quando chi ne è profondamente addottrinato sia anco rivestito di publica autorità. Ora e per l'una e per l'altra maniera di medicina parecchi milanesi acquistarono onorata rinomanza: ma chi fra i seguaci della seconda più alzossi su li altri fu, a mio credere, Alessandro Tadino, di cui piglio ora a discorrere singolarmente per ciò che da lui potremo rilevare quanto debba essere previdente, savio, circospetto, operoso e fermo il medico, che partecipa al magistrato: e di tal modo come in Lodovico Settala si potè conoscere il tipo del medico pratico milanese, così in Tadino apparirà, se non m'illudo, quello del medico politico pure milanese.
Poco noti mi sono i casi generali della vita di Alessandro Tadino: avventurosamente però abbiamo assai diffuse notizie intorno all'epoca, in cui fu maggiore la necessità de'suoi consiglj e dell'opera sua, e tali notizie ne furono per la massima parte conservate da lui stesso, e in parte anche dal Ripamonti1.
Milano fu patria a Tadino, e Gianjacopo e Isabella Monti furongli genitori: l'anno in cui nacque m'è ignoto, suppongo tuttavia che fosse il 1580. Nobile era la sua famiglia, e fra le milanesi cospicua per lunga serie di antenati famosi per altezza di cariche, e sonorità di titoli: ciò era di sommo vantaggio a quell'epoca, e ben se ne avvide il Tadino: era anche facultosa, il che se profittava grandemente allora, giova forse ancor più a'nostri tempi. Probabilmente studiò le belle lettere a Milano, la filosofia e la medicina a Pavia; addottoratosi nelle quali scienze tornò in patria, ove ai 16 giugno del 1603 fu aggregato al Collegio de'fisici di Milano. Datosi all'esercitar la medicina, pare ottenesse presto buon nome, conciossiachè meritossi l'amicizia di Lodovico Settala, e del di lui figlio Senatore2, valente medico pur esso, nonchè dell'Asellio, alla cui scoperta de'vasi lattei egli assistette. Erano anzi sì gagliardi i vincoli d'amicizia, che lo stringevano all'Asellio, che come questo glorioso anatomico e medico si vide cotanto immaturamente vicino alla morte, scelse a custodi de'preziosi parti del suo potente ed acuto ingegno Tadino e Senatore Settala. I quali non solo lo onorarono di una iscrizione, che fu collocata in S. Pietro Celestino nella cappella gentilizia del Tadino; ma providero altresì all'immortalità del suo nome publicando il trattato da lui composto De Lactis venis, onde venne tanto lustro alla scienza, e tanto bene all'umanità.
Chiamato Lodovico Settala nel 1027 alla carica di protofisico del Ducato di Milano, si elesse a suo luogotenente il Tadino, che poi nel 1628 fu altresì nominato Conservatore nel Tribunale di Sanità assieme a Senatore Settala, a'quali più tardi, quando cioè infuriava la peste, si aggiunse il Carcano.
A quest'epoca hanno principio le gravose fatiche e i pericoli frequenti, e perciò la gloria del Tadino. È noto che questi furono tempi oltre ogni dire calamitosi per il ducato di Milano tormentato aspramente e senza sua colpa da'peggiori guaj. Ed acciocchè si arrivi a giustamente valutare quanto in sì dolorose e tristissime circostanze fece il Tadino, converrebbe narrare per filo e per segno le vicende di quel tempo. Ma fortunatamente per me, e più ancora per i lettori questo fu già compiuto sì abilmente da Manzoni3 e da Cesare Cantù4, che arrogante, anzi sciocco dovria chiamarsi colui, che imprendesse a rifare la storia di tale periodo infelicissimo del nostro paese. Ond'è che ritenendo manifeste e chiare a tutti le miserie nostre di quell'epoca e le loro cagioni, toccherò solo e brevemente quel tanto, che sarà necessario a degnamente apprezzare quanto cotesto avveduto ed instancabile medico ed amorosissimo cittadino fece ad impedire o a scemare per quanto era da lui il cumulo di sì gravi infortunj.
La carestia, che cominciò a patirsi nel 1627, crebbe a dismisura nell'anno successivo per la scarsità del raccolto, per la copiosa esportazione de'grani all'estero permessa da ministri corrotti5, ed anche per essersi lasciati incolti molti campi a motivo delle insopportabili gravezze imposte, e de'ladroneggi de'soldati, che erano quì co'l titolo di proteggere il paese. Tale sciagura per sè grandissima sempre, si provò allora assai maggiore per essere il paese già smunto e smidollato dalle continue estorsioni, concussioni ed angherie dei dominatori spagnoli, occupati nella guerra sorta per la successione al ducato di Mantova. I contadini dopo aver consumati fino i più vili e sozzi alimenti6, morivano di stento ne'loro vuoti abituri, o cadevano stremi di forze su quelle zolle, che spesso avevano irrorato de'loro sudori: o pure a torme venivano alla città sperando che coloro che ivi sogliono gavazzare nell'abondanza, frutto di loro fatiche, dovessero pure sentire compassione de'loro non degni patimenti. Questa numerosa turba, che si aumentava ogni dì più, di persone affievolite, sofferenti e cascanti per l'inedia, vagante per le contrade e ben lontana dal trovare i soccorsi imaginatisi porgeva di sè doloroso e tristo spettacolo; e per il lezzo che spargeva e le frequenti e sùbite morti incuteva ne'cittadini un ragionevole timore, che potesse dar origine a malatie esiziali. È noto che si stimò poter rimediare a'loro patimenti, e smorbare insieme la città dalla puzza che vi difundevano, co'l rinchiuderli nel Lazzareto. Ma convien saper eziandio che Tadino e Senatore Settala s'opposero gagliardamente a sì fatta risoluzione, e per la tema che il quella gente ivi alla rinfusa constipata più agevolmente sariasi svolta la paventata moría, ed anche perchè s'avvidero che ad appigliarsi a tale partito aveva potentemente concorso l'autorità di alcuni ministri interessati per vile guadagno a togliere dal Lazareto le merci, che là dovevansi spurgare, come provenienti da luoghi infetti, ed a far cessar quindi questa necessaria pratica. Nè i sospetti dei fisici conservatori della sanità tardarono lunga pezza ad avverarsi. I mendicanti colà rinchiusi furono 9715: abitavano da 20 a 30 in ciascuna cameretta, e giacevano i più su la nuda terra, non somministrandosi paglia nè conveniente nè sufficiente; sicchè sia per lo stivamento che per la cattiva qualità del pane, la corruzione dell'acqua, il sucidume, il fetore e la caldura estiva non mai temperata da pioggia, erasi ingenerata una sì funesta diarréa, che alcuni giorni tolse di vite persino 100 di que'meschini; e ai predetti fisici che ogni dì recavansi al Lazareto per sopraintendere alla distribuzione dei cibi e delle medicine occorse più d'una volta di vedere infino a 10 cadaveri per camera. Allorchè poi per le spesse morti que'malarrivati furono ridutti ad un assai scarso numero, onde non perissero tutti, si lasciarono tornare ai loro casolari, ove communicarono il male a molte terre e ville, che quasi come di contagio estinsero molte di quelle7.
A sì grave calamità un'altra e peggiore stava per aggiungersi. Fino dal 1628 serpeggiava la peste bubonica negli Svizzeri e ne'Grigioni, e nell'anno appresso i Francesi la sparsero anche nel Piemonte. Ciò però che maggiormente spaventava i Milanesi era il saperne infetta Lindau, emporio delle merci che di Germania trasportavansi in Italia, e perciò in gran communicazione con Milano, e dove facevan la massa le genti alemanne, che stavano per calare nel bel paese a rinnovarvi la memoria dei Vandali e degli Unni. Tadinoe Settala erano continuamente a fianchi del presidente della sanità, e lo spronavano a volere in tempo opportuno adottare le necessarie precauzioni. Si introdussero infatti le bullette e li spurghi per le provenienze infette o sospette: ma ecco che per «li interessi di alcuni ministri congiunti con mercanti, ed anche per la perdita dell'utile di chi in tale ministero stava di continuo8» si toglie il bando da Lindau, e l'uso delle bullette con sommo rincrescimento dei Conservatori della Sanità, i quali fecero un grosso scalpore, e solenni rimostranze e proteste. Ma le proteste de'deboli appoggiati solo alla favola della ragione, contro i potenti saldi alla storia della forza ebbero ognora la stessa sorte.
Intanto negli alti consiglj si decise che i soldati alemanni «per il più del tempo contaminati da peste, per la mala regola del vivere et anche per essere molto sporchi in ogni cosa9» che avevano già miseramente guaste molte terre degli Svizzeri e dei Grigioni, scendessero nel Ducato. «Fu d'incredibile travaglio al presidente della sanità e a tutto il Tribunale sentire questa così spaventosa nuova ... Fra tanto due volte ne fu dato parte a Don Gonzalo dal fisico Tadino, ma rispose egli non sapere che provvisione pigliare nella introdutione dell'esercito imperiale, attesochè così compliva al servitio ed interesse si S. M. Cesarea, et che più presto si arrischiasse il pericolo che si temeva, che si perdesse la riputatione dell'Imperio; con tutto ciò si provedesse al manco male; et questo non ostante si sperava ancora la liberatione della divina providenza10».
Contra tanta potenza di ragioni e di logica di un eccellentissimo governatore che rimaneva a farsi? Aspettare che si vedesse avverato di nuovo il
Quidquid delirant reges plectuntur Achivi
I fisici addoloratissimi, ma pur non disperati, proposero si ordinasse con rigoroso editto, che nissuno comperasse robe di qualsivoglia sorte da questi tedeschi11. Ma a ciò s'oppose, pensate chi? Il presidente stesso della Sanità, ch'era un senatore e non medico: poi si adottò quand'era inutile. Da che sentimento dovessero allora essere angustiati e straziati que'generosi medici è più facile l'imaginarlo che il dirlo.
Il 20 settembre 1629 i soldati alemanni entrarono nel Ducato: da Colico passarono a Bellano, nella Valsasina, indi a Lecco, nella Brianza, Geradadda e Caravaggio: rubarono, devastarono, distrussero, abbruciarono, contaminarono, insomma fecero ciò che peggio non avrian potuto i più accaniti nemici, nè le più barbare nazioni. E avessero almeno tenuta la strada loro fissata, e convenuta co'l governatore di Milano, chè il danno non saria stato sì esteso: ma poichè i primi avevano affatto deserti i siti, per cui passavano, quelli che venivan da poi cercavano altre terre da mettere da mettere a ruba e rovina, e maltrattare in ogni più orribil maniera. Alcuni paesi per ischivare tanto flagello sborsarono grosse somme; e fecero deviare le truppe con l'esterminio di altri siti. Ma questi sì grossi danni erano un nulla a petto all'altro male, che ne portavano; dico, la peste: la quale da loro seminata nel cammino, cominciò a pullulare nelle terre che prime invasero que'campioni delle ragioni del sacro Impero Romano. Se ne divulgò presto la fama, ma, come di solito avviene, fu poco creduta. Allorchè poi il protofisico Settala assicurò di averne avvisi certi, si spedì colà il Tadino e l'auditore del Tribunale di Sanità dottore in legge Gio. Visconti, affinchè vedessero e provedessero. Si mossero costoro alla pericolosa impresa il 26 ottobre, e trovarono con sommo dolore, ma non con meraviglia che la pestilenza aveva di già infette assai borgate e villaggi, mietute numerose vittime, e sparso tanto spavento e desolazione nelle terre circostanti al lago di Como, che molti della Valsasina eran fugiti alla Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/14 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/15 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/16 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/17 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/18 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/19 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/20 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/21 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/22 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/23 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/24 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/25 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/26 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/27 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/28 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/29 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/30 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/31 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/32 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/33 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/34 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/35 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/36 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/37 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/38 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/39 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/40 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/41 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/42 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/43 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/44 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/45 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/46 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/47 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/48 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/49 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/50 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/51 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/52 Pagina:La vita di Alessandro Tadino medico Milanese.djvu/53
Note
- ↑ V. Josephi Ripamonti . . . De peste, quæ fuit anno 1630, libri V. Mediolani, 1641.
- ↑ Questo nome fe' cadere in abbaglio parecchi scrittori di cose mediche, che lo giudicarono significare un membro del Senato, quando non è che un puro nome che occorre non infrequente nella famiglia dei Settala.
- ↑ V. Promessi Sposi.
- ↑ V. Ragionamenti intorno alla storia Lombarda del secolo XVII e la Scorsa di un Lombardo agli Archivj di Venezia.
- ↑ Filippo Visconti, frate milanese, nel Commentarius de peste, quæ anni Domini 1630 Mediolani sæviit, publicato nell'appendice n.º 9 dell'Archivio storico italiano, Firenze 1845, a questa causa principalmente ascrive la carestia: «Erat, egli dice a pag. 495, per illud tempus caritas maxima, non tantum cœli inclementia et soli sterilitate, quam hominum studio et avaritia, quorundam presertim, qui monopoliis, extractionibus miserrimam ejus (Mediolani) faciem reddidere, ut neque pæcunia sufficiens esset comparandis panibus pro victu quotidiano: vivebatur in urbe invectitio, incerto ad pessimo frumento corrupto». Cito volentieri questa cronaca pochissimo conosciuta, perchè può spargere molta luce su'i casi di quel tempo.
- ↑ Il precitato Visconti dice: «multitudo, quæ per hyemem solis radicibus ac herbis depasta est: ... furfur illis cibus electus erat: quidquid in urbe furfuris, cujusque generis etiam milii, collectum est, in status villas et pagos comportatum est ... cortex nucum arborumque clibano exsiccabantur, in pulveremque redactus, pulmentis deserviebat» pag. 495.
- ↑ V. Tadino. Ragguaglio dell'origine et giornali successi della gran peste contagiosa, venefica e malefica seguita nella città di Milano e suo Ducato dal 1629 al 1932, ecc. Milano, per Filippo Ghisolfi, 1648, p. 12.
- ↑ Tadino, op. cit., pag. 14.
- ↑ Id. ibid., pag. 13.
- ↑ Id. ibid., pag. 16.
- ↑ Tadino, op. cit., pag. 16.