La villa medicea di Careggi/X
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X.
ra che conosciamo Careggi e le sue vicinanze, ammiriamo dall’alto dell’edifizio, e meglio ancora dal ballatojo coperto che gira tutt’all’intorno dell’antico castello Mediceo, il panorama splendido, infinito, che da ogni parte permette allo sguardo di spaziare in mezzo a paesaggi di superba bellezza, di posarsi sopra ad un infinità di luoghi celebri per vaghezza o per storiche ricordanze.
Cominciamo il nostro esame dalla parte che guarda levante.
In prima linea è tutta la collina di Careggi sparsa di ville eleganti e di case campestri che sembra faccian corona all’antica chiesa parrocchiale di S. Pietro. Ecco su in alto, Fontanella che fu già la villa di Marsilio Ficino,1 Monte dei Vecchi colla sua torricella che spicca fuori della bruna massa del bosco, il Pino, antica villa dei Bettini, l’Orivolo che fu dei Del Pancia, il Cigallo, antico possesso degli Alberti, poi la graziosa collinetta delle Pergole, dove un gruppo di quattro o cinque ville eleganti forma come un bel mazzetto di fiori brillanti che spicca framezzo al verde smagliante.
Di coteste ville, quella Mercatelli appartenne alla celebre famiglia dei Baldovini e fu per vario tempo posseduta anche dal famoso pittore fiammingo Giovanni Stradano: le altre erano in antico dei Pieruzzi da Careggi, dei Benci, dei Gori, altra famiglia originaria di Careggi.
Dietro Careggi ecco i colli che si staccano da Monte Rinaldi; il borgo della Lastra, la Pietra colla villa Ruspoli in antico dei Minerbetti, il borghetto della Loggia dove fu la celebre villa de’ Pazzi oggi Lavaggi e più indietro a chiuder la linea dell’orizzonte, la vetta arida di Monte Rinaldi e la collina di Fiesole seminata di ville tra le quali spicca quella Medicea oggi Spence.
Girando verso mezzogiorno, ecco sul davanti Poggio Secco colle belle ville Della Ripa e Schmiz,2 i colli di Montughi, il vasto e bruno convento di S. Marta fondato dai Davanzati nel 1341 e tante ville che han tutte una storia ricca di ricordi, di aneddoti, di particolari singolarissimi. La villa di Ernesto Rossi appartenne a quella Livia Vernazza la cui storia, nella quale son così rapidi i passaggi dalla fortuna alla sciagura più orrenda, dal vizio all’espiazione virtuosa, costituisce una delle più fosche e tristi pagine delle memorie Medicee dei tempi del principato.
Ecco, indietro, quella stupenda linea di poggi che da levante e da mezzogiorno fan corona a Firenze e che forma da questo lato un fondo quieto e maestoso ad un quadro scintillante di luce e di colori brillanti.
Il primo verso levante, dal contorno rotondeggiante è il poggio dell’Incontro sulla cui vetta boschiva si cela tra le quiete ombre un monastero di Francescani: lo segue Monte Pilli, dalla vetta acuta che forma come un angolo nella punta del quale è un vecchio oratorio: dopo questo ecco la cima pianeggiante dell’Apparita dove i viaggiatori che da Perugia e da Arezzo venivano a Firenze si arrestavano sorpresi, ammirati dall’apparizione di una delle più splendide vedute che mai si possa immaginare. Dopo l’Apparita s’alzano il poggio di Montisoni, il Poggio di Firenze e poi, proseguendo verso scirocco, i monti di Val d’Ema e Val di Greve, Monte Masso, il poggio di Cintoja, il poggio di S. Giusto.
Giù in basso, fra la linea del colle di Montughi e quel fondo di poggi ecco sollevarsi maestosi i più alti edifizj di Firenze. La cupola di S. Maria del Fiore il gigante dei monumenti fiorentini, la torre di Giotto, Palazzo Vecchio, S. Lorenzo, il Palazzo del Podestà, l’elegante campanile della Badia, quelli di S. Croce, Ognissanti, S. Maria Novella, il palagio de’ Pitti e, dietro, quella scintillante ghirlanda fiorita di colline stupende: S. Miniato colla vecchia basilica, il piazzale Michelangelo, la deliziosa collina del Gallo col vecchio castello al quale è associato il ricordo di Galileo, Giramonte, Giramontino, Montici, Arcetri, S. Gersolè e poi più a mezzogiorno, Colombaja, Bellosguardo, Marignolle, le Campora e a guisa di sprone che s’avanza nella pianura fiorentina, il verde poggetto di Monte Oliveto.
Da mezzogiorno a ponente il panorama è addirittura imponente, meraviglioso. Ai piedi di Careggi, dopo il lieve ondulare delle basse colline che scendono verso l’Arno, una immensa striscia di pianura si stende quasi a perdita d’occhio limitata dalla città, dai colli di Signa e di Montalbano e dalla base degli Appennini. È un immensa estensione di campi ubertosi di verdi praterie, di boschetti dove sono disseminate città, terre, borghi, villaggi, casali, palazzi e case, in tal numero, che spiccando come tanti punti bianchi framezzo al verde dominante, fanno l’effetto di una immensa prateria colla primaverile fioritura delle margherite. Di tanto in tanto delle strisce argentine, dei punti luccicanti, segnano il cammino voluttuoso dell’Arno che prima di sparire dentro i colli lontani, par che non sappia abbandonare questa pianura incantata.
Cerchiamo, quando la quiete sarà tornata allo sguardo, di ritrovare fra tante cose che si veggono, alcune tra le più importanti, e cominciamo dalla linea più prossima a noi. Ecco giù a’ nostri piedi il limpido Terzolle che corre a porgere il suo modesto tributo d’acque cristalline all’Arno passando vicino all’antica Pieve di S. Stefano in Pane, al borgo delle Panche, al villaggio di Rifredi, per congiungersi poi al Mugnone presso al parco delle Cascine, una stupenda massa di alberi verdi che taglia bruscamente la bianca linea delle case di Firenze. Verso tramontana, ecco le colline le quali staccandosi dal Monte Morello, che possiamo chiamare il gigante de’ poggi fiorentini, vanno con lento e dolce declivio a morire giù nei piani erbosi di Sesto e dell’Ormannoro.
Procuriamo di raccapezzare lì nella pianura le cose più interessanti. Presso le Cascine sorge la bianca e merlata Torre degli Agli che porta il nome de’ suoi antichi padroni, la cupola dorata di S. Donato in Polverosa, che dopo le grandi memorie antiche ebbe modernamente splendori abbaglianti, ormai tramontati. Seguitando in linea parallela al corso dell’Arno, troveremo sulla vecchia Via Pistojese un seguito di borghi che formano come una lunga e interminabile borgata sola: Peretola, Petriolo, Quaracchi, Sala, Brozzi, S. Donnino che costituiscono un popoloso comune e poi, in fondo, sollevantesi su di un lieve risalto di terreno, la grandiosa villa del Poggio a Cajano, altro palagio Mediceo a cui si associa il ricordo d’una funerea tragedia; la morte di Francesco I e di Bianca Cappello.
Retrocediamo ancora nella pianura fino alla base delle colline, per ritrovare un’altra linea di borghi e di paesi posti lungo la Via Pistojese per Prato: le Panche son qui a poca distanza: poi ecco il borgo di Castello, la pianura di Sesto, il grosso paese di Sesto Fiorentino, poi quell’ammasso di grandi fabbricati regolari che formano il celebre stabilimento di Doccia dove i Marchesi Ginori conservando le tradizioni operose della nobiltà fiorentina, impiegano migliaja d'operai a fabbricare porcellane e majoliche di gran pregio. Più avanti ancora, Settimello, Calenzano, poi la città di Prato che forma una lunga linea fra la base del poggio di Pizzidimonte e i poggi di Montalbano: più avanti ancora spicca sul bruno delle pendici Appenniniche la rocca di Montemurlo dove pochi difensori della caduta Firenze combatterono l’ultima e disperata lotta contro la tirannia Medicea; finalmente giù nel fondo, la città di Pistoja coi suoi insigni monumenti che nelle giornate limpide si distinguono benissimo anche ad occhio nudo e il poggio di Serravalle che chiude ai nostri sguardi la fiorentissima Val di Nievole. Prendiamo a percorrere collo sguardo un altra linea per ritrovare altri luoghi importanti e dalle ultime case di Firenze e dal bosco delle Cascine con un immenso arco di cerchio andiamo a ritrovare le basi degli Appennini. Partiamo da’ colli fiorentini dove possiamo osservar benissimo la villa del Poggio Imperiale che richiama alla mente nostra altra cupa tragedia Medicea, la morte d’Isabella Orsini, e le belle ville di Bellosguardo un giorno castelli de’ Cavalcanti. Sulla sponda sinistra del fiume è la via Pisana coi borghi di Monticelli, Legnaja, Casellina: più addietro sulle prime e basse colline, Soffiano colla sua vecchia ed alta torre castellana, Scandicci dove fu un castello dei Cadolingi, Mosciano coll’antica pieve, poi le colline di Settimo, il delizioso poggetto di S. Martino alla Palma e quasi sulle sponde dell’Arno la cadente e rovinosa Badia a Settimo che fu una delle più splendide Abazie di Toscana, ridotta oggi in condizioni desolanti. Ecco, più avanti, il castello della Lastra, più su S. Martino a Gangalandi, il borgo del Ponte a Signa e, traversato l’Arno, Signa che da lungi si direbbe una città tant’è ricca di fabbricati e di case. Proseguendo verso tramontana, osserviamo ancora altri grandi gruppi di case: Lecore, il borgo di Poggio a Cajano dominato dal colle dove sorge Carmignano celebre pel suo castello tante volte costrutto e riedificato e pei suoi vini squisiti; poi Campi col vecchio castello de’ Mazzinghi e colle sue numerose case aggruppate attorno al ponte che traversa il fiume Bisenzio.
Ci rimane a dare un occhiata ai colli ed ai monti che chiudono questo stupendo panorama e lo faremo percorrendo nella stessa direzione un altro arco di cerchio più indietro partendo sempre da Firenze dietro alla quale s’inalzano i poggi del Chianti e della Val di Pesa che di tratto in tratto si aprono per farci vedere anche i monti lontani del Senese e più verso ponente del Volterrano. Aiutati da un canocchiale potremmo veder sui poggi della val di Pesa, S. Casciano, la Romola, Monte Castello e tant’altre celebri località. Seguitando in direzione del corso dell’Arno, abbiamo sempre come confini i poggi che la valle dell’Arno separano da quella del fiume Pesa fino a che, dietro i poggi di Malmantile e di Signa vediamo le poggiate che stanno fra la Pesa e l’Elsa. Montalbano con tutti i suoi contrafforti sbarra dinanzi a noi la pianura presentandoci le vette di Pietra Marina, di Sant’Alluccio e di S. Baronto, le sue balze scoscese e poi le verdi colline ricche di famosi vigneti tra i quali spiccano la bella Villa d’Artimino anch’essa posseduta già dai Medici, Carmignano e, difaccia a Pistoia, Tizzana. L’estrema linea è nell’ultimo tratto formata dalle cime gigantesche degli Appennini Pistoiesi e dai Monti della Lunigiana che s’inalzano ora cupe, ora candide per la neve che vi si trattiene spesso fino all’estate, formando colla sua nota bianca un singolare contrasto col verde brillante dei colli e delle pianure sottostanti.
Non ci resta ora da osservare che un ultima parte del nostro panorama: quella che sta dal lato di tramontana e che ha per limiti: la pianura a ponente e il poggio Fiesolano da levante. È il lato meno esteso, perchè il monte dell’Uccellatoio ed i poggi di Monte Morello ci chiudono l’orizzonte coi loro fianchi bruni e selvosi che si aprano per lasciar passare in una stretta ma pittoresca valle il piccolo Terzolle.
Le pendici di Monte Morello sono specialmente interessanti per le belle ville che vi sorgono, abbellite di giardini e di parchi. Da Careggi se ne osservano moltissime: la Quiete, già Villa Medici, oggi Conservatorio di signorine, Quarto villa antica dei Pasquali ora de’ Capponi, Castello oggi villa Reale, la Petraja altra villa Reale che fu graditissimo soggiorno di Vittorio Emanuele, i Rinieri, principesca villa dei Corsini, Casale già ricca villa Carlini, Lepricino che fu in antico dei Bindi, Serpiolle anticamente degl’Inghirlani.
E così abbiamo finito di dare una idea modestissima di un panorama che non si può descrivere; ma che si ammira d’un’ammirazione senza fine e che offre sempre nuovi incanti e nuove bellezze.
Abbiamo voluto trattenerci a descrivere un po’ diffusamente questo spettacolo permanente di bellezze naturali, perchè esso forma il più splendido corredo della villa di Careggi e giustificherebbe di per se solo l’affetto infinito, la preferenza, le cure, che la famiglia Medicea ebbe sempre per questo incantevole soggiorno.
Note
- ↑ [p. 82 modifica]Nella denunzia della decima del 1470, Diotifeci Ficini annovera fra i possessi di famiglia questa casa con podere e vi aggiunge «donato dalla benedetta anima di Cosimo de’ Medici a Marsilio mio figlio.» Dopo poco, Messer Marsilio e Lodovico di Diotifeci Ficini, venderono questo possesso a linea a Ser Giovanni di Benedetto da Pistoia, che lo possedeva sempre verso il 1520. Sarebbe così smentita l’asserzione dell’Ammirato il quale afferma che Marsilio morì in questa villa nell’1º Ottobre 1499.
- ↑ [p. 82 modifica]A Poggio Secco erano anche in antico diverse case da signori che appartennero alle famiglie Riccardi, Cini, Inghirlani e Davanzati.