La villa medicea di Careggi/VII
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VII.
l periodo più splendido della Storia Medicea si chiude alla morte di Lorenzo, perchè i successori non avendo nè il sapere nè l’animo di Cosimo e del Magnifico, dovettero ricorrere ad altri modi, ad altre influenze non sempre giuste, non sempre oneste per mantenersi un potere ed un autorità che sfuggivano loro.
Nulla che a loro si riferisca ha per noi un’importanza giacchè della loro permanenza a Careggi non è restata memoria alcuna.
Leone X, ispirandosi alla magnificenza di coloro che aveano creata la potenza Medicea, torna a far brillare di vera luce l’astro della famiglia e abbaglia, affascina collo splendore della sua corte, colla straordinaria liberalità, colla larga protezione accordata alle arti. Ma anche questa nuova face si estingue, l’oscurità torna a regnare e la casa Medicea giunge ad esser rappresentata da Alessandro, un mulatto crudele e vizioso.
Intanto le lotte cittadine si fanno più fiere: non è più il caso delle congiure e delle occulte persecuzioni: si combatte apertamente e si rinnovarono i tristi episodj delle fazioni.
I Medici ora vengono cacciati in esigilo, ora richiamati fino a che essi ai danni della patria muovano le armi del Papa e dell’Imperatore, per inalzare all’ombra delle armi straniere un trono sulle vestigia della caduta repubblica.
Le estreme lotte per difender la libertà furono violentissime. Il partito più ardente, ch’era detto degli arrabbiati, mosse la più aspra guerra a tutto ciò che in Firenze sapeva di Mediceo, a tuttociò che ricordava la potenza, la magnificenza di quella famiglia. Si abbatterono gli stemmi Medicei o vi si tolsero a colpi di martello le palle e non si risparmiarono nemmeno danni maggiori alle possessioni di quella famiglia.
Careggi in particolar modo eccitò l’ira di quel partito ardente di libertà.
Careggi era stata quasi la reggia di quella famiglia allora bandita. Quivi la potenza Medicea s’era in ogni modo rivelata, qui Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico avevano saputo gettar le fondamenta di un partito che poteva essere vinto o disperso; ma che non sarebbe mai perito.
E contro Careggi si mosse da Firenze una comitiva di giovani capitanati da quel Dante Catellini da Castiglione che ebbe parte brillantissima nella difesa di Firenze. Abbatteron lungo il cammino tutti gli stemmi Medicei e giunti a Careggi, non potendo atterrare le mura della gigantesca costruzione, nè penetrar dentro alla villa chiusa e munita alla pari d’un castello, si contentarono d’appiccarvi il fuoco.
Le fiamme s’inalzarono terribili e minacciose fra le mura del palagio di Cosimo. Le stoffe preziose, i mobili artisticamente eleganti, i trittici dorati, le tavole dei grandi maestri di quel tempo, le pergamene rarissime, tutto fu divorato dall’elemento distruttore; caddero i grandi palchi carbonizzati dalle fiamme, crollarano le volte; ma restò intatta, salda, a sfidar la rabbia degli elementi e degli uomini la corona di solide mura merlate che chiudeva come in una cerchia di ferro l’edifizio sacro a tante memorie.
Caduta Firenze sotto i colpi delle armi assoldate a difesa d’ambizioni e di cupidige sfrenate, fu tra le prime cure del Duca Alessandro, fattosi signore della città, di restituire Careggi alle sue condizioni primitive, non foss’altro che per dimostrare rispetto e riverenza verso il luogo consacrato ai più gloriosi ricordi della famiglia.
Il periodo storico di Careggi finisce qui: finisce coll’epoca in cui i Medici acquistarono sì una autorità maggiore; ma abbandonarono le vecchie e insigni tradizioni di Cosimo e di Lorenzo.
Careggi, sotto il principato, non ebbe nessuna differenza dalle tante altre ville dove i Duchi e poi i Granduchi andavano a trovare pace e riposo.
Careggi, Cafaggiuolo, Trebbio, la Quiete, Fiesole, la Petraja, Poggio a Cajano, Artimino, Lappeggi, Poggio Baroncelli, Mezzo Monte, si divisero egualmente l’onore d’alloggiare i personaggi della famiglia regnante e gli ospiti che venivano a passar qualche tempo ad una corte sempre famosa per le sue tradizioni ospitaliere.
Forse Careggi, più nascosta, più semplice, più severa nel suo aspetto, fu anche meno preferita delle altre ville granducali dove il lusso spagnuolo, il barocchismo invadente, avevano già impresso il tipo dominante a danno dell’artistica maestosità del passato.
Careggi restò umile come un fiore in mezzo all’erbe dei prati e questo fu per lei gran ventura, perchè serbò fin quasi a’nostri tempi l’aspetto suo primitivo.
Il Principe Leopoldo de’ Medici ed il Granduca Ferdinando II ebbero simpatia speciale per Careggi; cercarono di farne rivivere le tradizioni gloriose e riaprirono nel luogo stesso dove aveva avuto la sua origine, l’Accademia Platonica.
Si cercò di dare gran valore a questo avvenimento, si volle illustrarlo anche con un affresco dipinto dal Furino in una sala del palazzo Pitti; ma i tempi di Ferdinando II erano diversi assai da quelli di Cosimo il Vecchio. Niccolò Arrighetti non era Marsilio Ficino, gli accademici non avevano nè li studi, nè la fermezza di propositi dei loro antecessori di due secoli prima. Careggi non ebbe la potenza di richiamare in vita ciò che era ormai morto per sempre.
Sono queste le ultime memorie importanti relative al soggiorno Mediceo nella villa di Careggi.
Anzi, volendo la Corona alleggerirsi dal peso di possessi inutili; scelse fra questi anche Careggi che ormai non era più frequentato dalla Corte e con contratto del 18 settembre 1779 lo scrittojo delle RR. Possessioni vendeva la villa e la tenuta a Vincenzo Orsi per prezzo di circa 31,000 scudi.
La famiglia Orsi tenne il possesso di Careggi fino al giorno 8 marzo 1848, in cui lo vendè al Cav. Francesco Giuseppe Sloane, uomo attivissimo ed intelligentissimo che alla guisa dei primitivi possessori di Careggi aveva trovato nel commercio e nella industria fonte inesauribile di ricchezze.
Lo Sloane ebbe per Careggi quello stesso affetto che per essa aveva avuto Cosimo il Vecchio de’ Medici e si dette ogni cura per rendere quel soggiorno ricco d’ogni comodità, d’ogni bellezza. Restaurò l’edifizio che era abbandonato e cadente, riordinò il giardino, ampliò i possessi, decorò la villa di mobilia e di opere d’arte e vuolsi che spendesse non meno di mezzo milione di lire in questi lavori eseguiti alla sua villa di Careggi.
Certamente in tutti questi lavori, in questi abbellimenti lo scopo dominante era quello di cercare la comodità, propria, quindi l’austera e cupa semplicità dell’antico castello, in parte già trasformato a tempo di Ferdinando II, fu affatto abbandonata da chi più che rifare un edifizio nella forma di altri tempi, voleva crearsi, come si creò di fatti, una splendida villeggiatura. In ogni modo, se non si restaurò l’antico Careggi, non se ne alterarono sensibilmente le forme e gli si lasciò, specialmente all’esterno, quell’aspetto e quella massa grandiosa e severa che in distanza può farlo sembrare ancora un castello del Medioevo.
Il Cav. Sloane morendo nell’ottobre del 1871 lasciava erede delle sue sostanze, tra le quali era compresa anche la tenuta di Careggi, il Conte Augusto Boutourlinn.