La sposa persiana/L'autore a chi legge

L'autore a chi legge

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Lettera di dedica Personaggi

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L’AUTORE

A CHI LEGGE.

̆
E
CCOMI a dar principio alla stampa del nuovo corso di mie Commedie1, scritte per il Teatro che dicesi di San Luca in Venezia, della Nobilissima Casa Patrizia de’ Vendramini.

Quantunque questa Commedia, che ha per titolo la Sposa Persiana, sia stata la terza da me composta nel primo anno del nuovo impegno2, voglio ch’ella occupi il primo luogo, in grazia, non dirò del suo merito, ma della sua fortuna. Alcuni vi furono fra i3 Spettatori, che non contenti di replicatamente4 vederla, mi vollero far l’onore di scriverla dai Palchetti; il che riuscì loro di fare in più e più volte, che provati si sono. Videsi, dopo, passare di mano in mano copiata e ricopiata a tal segno, che pochi eran quelli che non l’avessero, tutti però scorretta, come l’avean potuta rapir di volo, e sempre più rovinata nel ricopiarla. Più volte mi hanno minacciata la stampa, a Trento, a Lucca, ed altrove; ma si è avuto qualche rispetto per me.

Finalmente comparve in questa Città stampata, senza data di tempo e luogo, piena zeppa d’errori più di qualunque altra che vedevasi manoscritta, colla maggior parte de’ versi stroppiati, coi sentimenti stravolti, a tal segno, che se per mia disgrazia non foss’ella impressa dalle replicate sue recite nella memoria delle persone, mi avrebbe sonoramente posto in ridicolo. Dicesi ch’ella sia stata stampata a Napoli; la verità si è, che in faccia mia, che a dispetto mio, fu in Venezia venduta, e introdotta non si sa come.

. [p. 120 modifica]Buon per me, che conosciuta la difformità, con cui si fa comparire, pochi l’hanno comprata, e dalle mie mani l’aspettano. Per altro non si ha rispetto alcuno per i poveri Autori, e credesi che rapir loro un originale non sia peccato, con obbligo di restituzione, per l’onore e per l’interesse.

Lettor carissimo, ecco qui la Sposa Persiana' nello stato medesimo, in cui fu da me sulle scene esposta; se non che, ascoltando le voci oneste de’ buoni Amici, purgata l’ho intieramente di qualche equivoco, che offendeva le orecchie più delicate. Gli equivoci sono tollerabili nelle Commedie, quando si può credere che i meno maliziosi li abbiano a interpretare col senso buono; e Dio mi guardi dallo scandolo degl’innocenti. Ho sudato, e suderò sempre per questo, per togliere dal Teatro nostro scorretto l’oscenità, la malizia; e se lo spirito comico mi seduce, lascio volentieri correggermi, e a chi lo fa gli son grato.

Dopo la Commedia mia intitolata Moliere5, altre in verso non ne aveva composte; ma ricordandomi che quel tal verso rimato, a imitazion 6 dei Francesi, piacque moltissimo su quei Teatri, ne’ quali videsi rappresentata, m’invogliai ritentar di farlo in un’altra, cercando argomento a cui, più della Prosa, fosse conveniente il Verso.

Feci un salto assai grande: balzai sino in Persia, e di là trassi argomento per la costruzione di una Commedia; non lo presi già dalla Storia, sapendo io che un tal fonte riserbato dev’essere per le Tragedie, per i Drammi per Musica, e per quel 7 anfibio componimento, che Tragicomedia8 si chiama. Ho inventata la favola di Persone d’un rango inferiore; un Finanziere, un Capitano sono i principali Soggetti: questi non eccedono il grado della Commedia, e gli altri tutti sono o inferiori, o dipendenti, o soggetti. Evvi una Vecchia, che forma il ridicolo; e se le persone più nobili parlano con gravità, eccedente allo stile delle Commedie nostre, ciò accade in grazia della Nazione Orientale, che anche nelle persone basse comparisce austera e feroce. Questa è una Commedia fondata sulla [p. 121 modifica]passione; altre ne ho fatte di un simile stile, e sono state gradite. Nè il primo sono io stato a farlo, ma dai Francesi moderni ciò si è tentato, ed anche in Francia la Passione della Commedia fu bene accolta. I 9 Spagnuoli, gl’inglesi ne sono amanti, e l’esperienza m’insegna, che gl’Italiani ancora la sentono volentieri.

È stata onorata di qualche critica la presente Commedia, nè qui voglio fare un’apologia 10 fuor di proposito, lasciando in libertà ciascheduno d’intenderla a piacer suo. Nella Commedia intitolata il Festino che fu l’ultima in quell’anno rappresentata 11, e sarà l’ultima del Tomo Secondo 12, ho a bella posta introdotto le varie critiche della Persiana qua e là raccolte, e i personaggi medesimi della Commedia questa e qualchedun’altra difendono.

Varj nimici ho avuti, ed ho tuttavia, che parlano, e scrivono, e contro di me s’avventano o per passione, o per invidia, o per interesse, ed io li ho compatiti sempre, e li compatisco, nè mai ho voluto rispondere alle loro miserabili inezie. Quello che più degli altri mi ha fatto maravigliare, si è un moderno Autore di una Tragedia Italiana intolata Teonoe, il quale nella dedicatoria, o sia prefazione di cotal opera, introduce, fuor di proposito, ragionamento sulla Commedia, condanna il verso che dicesi Martelliano, e arriva a chiamar me, e quei che si credono seguaci miei, gente nata per infamia dell’arte 13.

Non può negarsi, che la Teonoe non sia verseggiata con una dolcezza di metro, e con una forza di sentimenti ammirabile. L’Autore suo degnissimo è Scolaro del celeberrimo Signor Marchese [p. 122 modifica]Maffei di gloriosissima ricordanza. Si conosce, ch’egli ha procurato imitarlo 14, copiando i pensieri della sua Merope, e i vesri medesimi trascrivendo; ma in alcuni tratti, mi si conceda il dirlo, ha superato il Maestro.

Io gli auguro di buon cuore lunga vita, e miglior salute, acciò possa egli arricchire i Teatri nostri di belle erudite Tragedie. Il talento suo felicissimo arriverà ben presto a conoscere i difetti 15 di questa sua prima imperfetta Opera, e si asterrà principalmente per l’avvenire di terminare una Tragedia in tal modo, che sarebbe riprensibile in Commedia ancora; tanto più che il matrimonio di Teonoe con Icaro non è necessario, terminandosi l’azione completa col discoprimento delle due Figliuole di Testore. Vedrà col tempo, quanto sia meglio scemar il numero degl’inutili versi, delle repetizioni, e specialmente degli argomenti; ed io son certo, che arriverà egli ad essere un giorno il decoro della Tragedia Italiana.

In quanto a me, se non mi degna dell’approvazione sua, pazienza. Ho cinque lettere del Maffei suo Maestro, suo Nume, che parlano di me in altra guisa; nell’Opera sua de’ Teatri antichi e moderni scrive di me in maniera, che rende onore al mio nome16. So che il Marchese Maffei ed il Martelli furono nemici in vita per occasione del verso dal secondo inventato; ma condannato un tal verso dal Maffei giustamente nella Tragedia, disse a me medesimo, che intesa la recita del mio Moliere, piaciuto17 eragli nella Commedia; e tanto è vero ciò che asserisco, che a lui medesimo vivente l’ho ricordato nella dedica di tal Commedia a lui fatta nel Tomo Secondo della edizione mia Fiorentina 18. Riescitomi19 s’ bene il verso nella Persiana, lo ritentai nel Filosofo Inglese 20, che fu egualmente felice; onde arrivatane la notizia al prefato Signor Marchese Maffei, così mi scrive in una sua lettera che colle altre conservo, in data de’ 24 Febbraro 1754: Dal Signor Luciato ricevo il suo quarto Tomo 21; gliene rendo mille grazie e ne fò parte la sera agli Amici. [p. 123 modifica]Senio con sommo piacere l’eccessivo applauso, che si fa alla sua ultima Commedia. Se si stamperà, la voglio di foglio in foglio. Continui pure così, e supereremo tutte l’opposizioni ec.

L’approvazione del Maestro dovrebbe bastare per vincere l’opposizione dello Scolaro. In un’altra de’ 7 Maggio 1853, così mi scriveva il Signor Maffei: Le confido, che ho fatto una solenne risposta al Concino, ed a quel suo libro, nel quale afferma, che l’arte è infame, e infami tutti quelli che hanno mano in Teatro, e che non debbono partecipare de’ Sacramenti. In questa risposta nomino Lei, e il Fagiuoli, e gli dò per esempio di Commedie oneste, e morigerate ec. Ed in altra de’ 15. Ottobre 1753: Io vorrei sapere, come mandarle il mio libro de’ Teatri antichi e moderni (osservo ora la data della sua da Venezia, onde lo spedirò). Vedrà in questo, come ho difeso l’onesto uso de’ Teatri, e la riputazione di chiunque s’adopera in essi, così maltrattata dal Padre Concina. Non mi son dimenticato di Lei, nè di far onor al suo nome ec. In fatti non è poco onore per me, che così abbia pensato e scritto delle Opere mie un Letterato insigne; uno, dirò di più, che se ascoltate avesse le violenze dell’amor proprio, come alcuni altri fanno, con più gelosia avrebbe per se medesimo custodito il vanto di riformatore del Teatro Comico ancora, giacché nella sua gioventù mostrò aspirarvi, e si provò di esserlo colle sue lodabilissime due Commedie.

Io non intesi già, introducendo il verso, di voler bandire la prosa dalle Commedie, ma nell’una e nell’altra maniera ho avuto animo di comporre, secondo la natura degli argomenti. Accadde però, che il Popolo s’invaghì di sì fatta maniera di cotal verso, che le Commedie in prosa disperavano quasi di essere compatite. Tutto in un tratto s’intesero tutte le scene di questa Metropoli risuonare coi versi alla M&rtelliana foggia rimati; ed io, a mio dispetto, sono stato indi costretto, per compiacere l’Universale, e per giovare all’utile del mio Teatro, scrivere in tali versi parecchie altre Commedie. Dissi fra me medesimo: si sazierà il mondo di versi e rime, come il dolce divien col tempo anche ai ghiotti per abbondanza stucchevole. Infatti sentii gridar sul finire dell’anno [p. 124 modifica]scorso22: Prosa, prosa, che sazi siamo del verso. Ritornai quest’anno alla prosa 23 ma non volli poi nè tampoco lasciar il verso del tutto. Piace l’alternativa, ma, non saprei dire il perchè, veggio che le Commedie in verso rimato hanno avuto maggior fortuna. Una fra queste si è quella che rappresentasi nel tempo che sto il presente ragionamento al Lettore scrivendo 24, di cui non è fuor di proposito che io favelli. Appena diedi alle Scene la presente Sposa Persiana, ed ebbe il bell’incontro già detto, desiderava l’Universale veder la continuazione delle avventure d’Ircana. Siccome non è ella in questa prima Commedia il soggetto protagonista, ma lo è la Sposa, così su questa appoggiai la Catastrofe, e non creda necessario, come non lo è di fatto, pensar più oltre ad Ircana. Il Popolo interessato per essa, non so se per il carattere che rappresenta, o per il merito singolarissimo dell’eccellente Attrice, la valorosa Signora Catterina Bresciani, mi andava continuamente eccitando per una seconda Commedia, che desse25 una continuazione, ed un fine, che in qualche modo consolasse la sventurata Ircana. Non potei farlo ne’ due anni passati per certe indiscrete etichette Comiche di Prima e Seconda Donna, che ora sono sventate, e spero in questa Compagnia, per cui scrivo, non abbiano più a risorgere 26. Ho dunque una Commedia composta in quest’anno, il di cui titolo è Ircana, in seguito della Sposa Persiana, col verso istesso rimato. L’incontro anche di questa è fortunatissimo, ed a suo tempo sarà stampata. Viviamo, Lettor carissimo, tu per leggere, io per comporre.


Note

  1. Anche questa prefazione leggesi in testa alla Sposa Persiana nel tomo 1 del Nuovo Teatro Comico di C. Goldoni (edito a Venezia, presso F. Pitteri, nel marzo 1757). ma l’autore la scrisse nel dicembre del 1755, come si vede più avanti.
  2. Vedasi il volume X della presente edizione.
  3. Nel t. XIII (1774) dell’ed. Pasquali è stampato: gli’.
  4. Nel testo dell’ed. Pitteri è stampato: repplicatamente; e più sotto: repplicate.
  5. Così scrive e stampa il Goldoni.
  6. Nel testo: immitazion.
  7. Così nel testo.
  8. Nell’ed. Pasquali: Tragicommedia.
  9. Ed. Pasquali: Gli.
  10. Ed. Pitteri: appologia.
  11. Vedasi vol. XI della presente edizione.
  12. Allude all’edizione Pitteri. Queste ultime parole disparvero ned’ed. Paaquali.
  13. Autore della Teonoe (Verona, Andreoni, 1755) e d’altre tragedie fu il giovane Filippo Rosa Morando, pronipote del celebre mons. Franc. Bianchini, nato a Verona nel 1735 e ivi morto nel 1760, non ancora venticinquenne, deludendo le grandi speranze dei concittadini. Si consultino i giornali del tempo. Vedi inoltre la biografia in Nuovo Dizionario Istorico, Bassano, t. XII (1796) e l’elogio di Ippolito Pindemonte in Elogi Italiani del Rubbi, t. VI (1782). Della Teonoe parlò A. Parducci, La Tragedia Classica Italiana del Sec. XVIII ecc., Rocca S. Casciano, 1902, pp. 130-132; del presente episodio A. Neri, in Aneddoti Goldoniani, Ancona, 1883, pp. 25-28. Ben più aspramente del Goldoni rispose all’audace giovane l’abate Chiarì nella Dissertazione storica e critica sopra il teatro antico e moderno, preposta al t. I delle sue Commedie in versi, che uscì dopo la Pasqua del 1756. Fu ricordato più di recente il Rosa Morando da S. Tobo, nel vol. 87 degli Atti a Memorie dell’Accademia di Verona (Verona, 1912).
  14. Ed. Pittori: Immitarlo.
  15. Nel testo: difetti.
  16. Vedisi la Nota Storica che Edgardo Maddalene appose al Moliere, nel vol. VII della presente edizione, a pag. 98.
  17. Ed. Pitteri: piacciuto.
  18. Allude all’Ed. Peperini. Vedasi vol. VII della ed. presente.
  19. Ed. Pasquali: riuscitomi.
  20. Vol. X della presente edizione.
  21. Si allude all’ed. Peperini di Firenze.
  22. Si deve intendere della finee dell’anno comico, cioè del carnovale 1755.
  23. E in fatti il Goldoni aperse il nuovo anno comico nell’ottobre del 1755 con la recita della Buona moglie (vol. XII della presente edizione).
  24. Il Goldoni allude qui alla Ircana in Julfa, che si recitò la prima volta nel teatro di S. Luca ai 9 dicembre del 1755.
  25. Ed. Pitteri: dasse.
  26. Allude alle gelosie della Gandini e della Bresciani. Nd 1755 i coniugi Gandini erano partiti per Dresda, e la Bresciani assumeva le parti di prima donna: v. vol. XII della presente edizione, pp. 324-325.