La sposa persiana/Lettera di dedica

Lettera di dedica

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La sposa persiana L'autore a chi legge

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A SUA ECCELLENZA

LA SIGNORA DUCHESSA

D.na MARIA VITTORIA SORBELLONI

NATA PRINCIPESSA OTTOBONI.

F
RA tutti gli augurj, de’ quali piene sono le Teste degli Uomini, quello certamente è più ragionevole, che dal buon principio di qualche cosa fa sperar bene nel proseguimento, e nel fine. Chi sa dirmi, se la presente edizione, che ora incominciasi delle Commedie mie1, col nuovo impegno da me composte, potrà sperare fortuna eguale alle cinquanta stampate, nella edizione Fiorentina comprese?2 Un buon augurio me lo promette: la prima Commedia di questo mio Nuovo Teatro Comico è la fortunatissima Sposa Persiana: il primo Nome, che la illustra, che la protegge, è quello dì V. E. Da due principi sì buoni son giustamente animato a sperare un ottimo accoglimento dal Pubblico a questo secondo corso delle Opere mie, e a presagire all’Editore onoratissimo, che ne intraprende la Stampa, un esito fortunato. Non ha l’ardire di credere, che questa possa dirsi Commedia buona, siccome di niuna delle mie posso animosamente presumerlo; e perciò fortunata piacquemi di chiamarla; giacché la fortuna, per certo, e non il merito l’ha fatta soffrire piacevolmente per trentaquattro sere la prima vota in questa nostra Città3, e grata la rese [p. 116 modifica]eguamente in ogni altra parte, in cui ebbe la sorte di essere rappresentata. Per compimento felicissimo di sua fortuna le tocca in sorte la protezione di V. E., il che poi mi anima sempre più a credere fermamente che la Persiana non solo andrà fastosa per un simile fregio, ma tutte quelle che dopo di essa verranno quindi alla luce, precedute da una Protettrice sì illustre, sì magnanima e grande.

Il Nome vostro, Nobilissima Dama, noto era prima all’Europa per il Sangue Eccelso degli Ottoboni, da cui nata siete, per quello illustre de’ Sorbelloni, a cui vi ha la sorte ed il merito felicemente unita; ma ìndi da Voi stessa vi siete assai più resa cognita, ed illustrata. Voi avete una mente sì illuminata, ed un talento ed un genio per le lettere sì fecondo, che in ogni genere di sapere potete farvi distinguere, ed ammirare; e la Città di Milano, magnifica in tutto, e per le Scienze, e per le belle Arti famosa, conta Voi per uno de’ suoi maggiori ornamenti. Piacquevi però di dare un saggio al Pubblico della vostra letteratura con un’Opera amena, grata, piacevole; ma che da me, e da chiunque sia del mestiere, non può essere che ammirata, e giudicata difficile al maggior segno. Parlo io, Nobilissima Dama, della Traduzione delle Commedie del valoroso Monsieur Destouches, celebre Autor Francese4. Parrà facile a qualcheduno il tradurre, ma io, che ho sino ad ora settantacinque Commedie immaginate e scritte, troverei più difficile una straniera sola tradurre perfettamente, anziché nella foggia mia altre quattro comporre. Chi scrìve a talento suo, soddisfa il poprio genio, e cerca di uniformarsi a quello della sua Nazione. Ma per tradurre perfettamente da lingua a lingua, conviene entrare nello spirito delle due Nazioni, conoscere la forza dell’Originale, e l’equivalente della versione. Piacquemi infinitamente ad un tal proposito ciò che lessi nel Chambers5 all’Articolo Traslazione: I Traslatori, o Traslatatori, sovente [p. 117 modifica]procurano di scusarsi a spese della loro lingua, e ne chieggon perdono per lei, come s’ella non fosse ricca e copiosa abbastanza per esprimere tutta la forza e le bellezze dell’Originale.

Voi non avete d’uopo di una simile scusa, poiché conoscete assai bene la ricchezza della lingua nostra Italiana, e nello scriverla perfettamente vi meritaste gli elogi del Novellier Fiorentino 6, il quale prodigo non suol essere delle sue lodi e molto meno in questo; ma siccome, a fronte del Dialetto nostro, scarso è quello dei Francesi, e i modi loro e le loro frasi hanno cotal suono, che alle orecchie nostre non tornerebbe in acconcio, voi saggiamente, ponendo in fronte ai quattro Tomi della Traduzione vostra l’insegnamento d’Orazio: ̆

Nec verbum verbo curabis reddere fidus
Interpres etc.

rendendovi padrona del sentimento dell’Autore, dell’intenzione sua, del carattere e della Scena, l’addattaste sì bene all’intelligenza ed allo stile degl’italiani, che senza la prevenzione, passar potrebbono per opere originali.

Io per altro, se mi lasciassi sedurre dall’amor proprio, dovrei farmi rincrescere una simile traduzione. Sono parecchi anni, che in questo genere di Teatrali Componimenti fatico per l’onor mio, e per quello della mia Nazione, alla quale hanno giustamente per più d’un secolo insultato gli Oltramontani, e dell’Opera mia imperfetta larga mercede ho quinci e quindi riscossa, se non di grosse monete, d’aggradimento almeno, e di festevoli gratulazioni. La Fortuna Teatrale, gelosa forse de’ suoi Francesi, ha eccitato la mano di V. E. a mantenere il decoro loro in Italia; onde sia il Destouches, da una nostra Dama tradotto, argine al corso della mia felice carriera; ma rallegromi fra me stesso che il valoroso Francese non comparirebbe con sì bel fasto in Italia, s’egli non fosse da un’Italiana penna tradotto; e purché trionfi anche in ciò il valore della nostra Nazione, son pronto a cedere tutto quel po’ di gloria, che mi ho acquistato, ad una Dama si benemerita. [p. 118 modifica]

Non è solo alla Repubblica letteraria, Nobilissima Dama, che nota resa vi abbiano i vostri studj, e le vostre belle Virtù; ma da tutti gli ordini delle persone vi fate distinguere, e venerare, ed amare. Nelle piacevoli conversazioni voi non ostentate sapere niente di più di quello che all’occasione convenga. La vostra Filosofia sa rendervi egualmente seriosa nel Gabinetto, e gioconda in una festevole compagnia: amate i libri, e non isfuggite i 7 spettacoli, e fra quelli e questi, che discretamente vi allettano, il miglior tempo impiegate alla soave cura de’ Figli vostri. Questi sono il primiero oggetto delle vostre attenzioni, e l’educazione ch’essi hanno dall’amor vostro, e dalla vostra Virtù, non può che renderli degni di Voi, e di quel sangue da cui son nati. La cognizione che avete delle scienze, e delle belle arti, non può lasciarvi ingannare nella scelta de’ buoni Maestri; e Voi medesima, olire allo studio delle lingue straniere, che da Voi siessa loro comunicate, potete nelle più difficili facoltà renderli bastantemente istruiti; e coll’esempio vostro, e colla vigilanza, con cui al loro bene vegliate, si renderanno un giorno oggetti degni di ammirazione. Milano aspetta in ogni uno di loro novelli fregi alla gloria di sua Nazione: Roma fra questi attende un successore di Alessandro Ottavo, Sommo Pontefice della stirpe Vostra degli Ottoboni, illustri Figli di questa Serenissima Repubblica Veneziana.

Fra le vostre seriose cure, fra i vostri geniali trattenimenti non isdegnate di ammettere quest’umile produzione del mio scarso talento; e me onorando dell’alta protezione vostra, concedetemi benignamente, che possa a Voi dedicare colla Commedia, che vi offerisco, la mia ossequiosa servitù, e tutto me stesso.

Di V. E.

Umiliss. Dev. Obblig. Servidore
Carlo Goldoni.



Note

  1. La presente lettera di dedica fu stampata in testa alla Sposa Persiana, in principio del I tomo del Nuovo Teatro Comico dell’Avvocato Carlo Goldoni ecc., edito a Venezia, presso Franc. Pitteri, nel marzo del 1757; ma era già pronta per la stampa, come pare, sulla fine del 1755.
  2. Il Goldoni allude ai dieci tomi delle sue Commedie edite a Firenze, presso gli Eredi Paperini, negli anni 1753-1755 (l’ultimo tomo usci propriamente nel 1757)
  3. Nella ristampa di questa lettera, che si trova nel t. XIII (1774) dell’edizione Pasquali, legge solo: in questa Città.
  4. Allude il Goldoni al "Teatro Comico del Slg. Destouches dell’Accademia Francese, novellamente in nostra favella trasportato" dalla duchessa Serbelloni e pubblicato in 4 tomi a Milano, presso gli eredi di Gius. Agnelli, negli anni 1754 e 1755, con prefazione di Midonte Priamideo P. A. (pastore arcade), cioè del giovine conte Pietro Verri.
  5. Si allude alla famosa enciclopedia d’Efiraimo Chambers stampata a Londra fin dal 1728, che uscì tradotta a Venezia negli anni 1748-49, presso il Pasquali, in 9 grossi volumi, ricchi di tavole, col titolo: Dizionario Universale delle Arti e delle Scienze ecc.
  6. Allude al famoso abate Giovanni Lami, che dal 1740 al 1769 pubblicò a Firenze settimanalmente 1e Novelle Letterarie.
  7. Nell’ed. Pasquali: gli.