La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte seconda/Capitolo XVI

../Capitolo XV

../Capitolo XVII IncludiIntestazione 10 aprile 2020 75% Da definire

Parte seconda - Capitolo XV Parte seconda - Capitolo XVII

[p. 79 modifica]

Capitolo XVI.

Come la Petriera e gl’ingegni de’ Saracini, gittando il fuoco greco, abbruciassono due fiate i nostri Gatti incastellati.


Una sera avvenne che i Turchi ammenarono un ingegno ch’essi appellavano la Petriera, un terribile ingegno a mal fare, e lo misero a fronte a fronte dei gatti incastellati, che Messer Gualtieri di Curello [p. 80 modifica]ed io guardavamo in quella notte. Per lo quale ingegno essi ci gittavano il fuoco greco ad abbondanza e a gran furia, e questo era la più orribile cosa che unque mai io vedessi. Quando il buon Cavaliero Messer Gualtieri, mio compagno di scolta, vide questo fuoco, egli si gridò e ci disse: Signori, noi siamo perduti per sempre senza rimedio, perchè se essi bruciano i nostri gatti incastellati, noi ne siamo altresì arsi e bruciati; e se noi disertiamo nostra guardia, noi ne siamo onìti vituperosamente. Perchè io concludo che nullo non è che di questo periglio ci possa difendere, se non è Iddio il benedetto nostro Creatore. Sì dunque vi consiglio a tutti, che tutte e quante le fiate ch’essi ci gireranno il fuoco greco, che ciascuno di noi cada sui ginocchi e sui cubiti, e gridi mercè a Nostro Signore, in chi è tutta possanza. E tantosto che i Turchi gittaro il primo colpo di fuoco, noi ci mettemmo aggombitati e ginocchioni appunto così come il produomo ci avea insegnato. E cadde il fuoco greco questa prima volta tra i nostri due gatti incastellati in uno spiazzo che loro era davanti, e che aveano fatto i nostri prolungando il dicco; ed incontanente quel fuoco fu spento da un uomo che avevamo proprio a ciò fare. Or la maniera del fuoco greco era tale ch’egli veniva ben davanti sì grosso che una botte, e dietro lasciava una coda durante circa una mezza canna di quattro palmi. Egli al suo venire di schianto facea tale bruìto da sembrare la saetta folgore che cadesse dal cielo, e rendea figura d’uno dragone volante per l’aere, e gittava [p. 81 modifica]sì gran chiarità e spereggio ch’egli ci si vedea entro il vallo come di giorno, accendendovisi la tenebra in vivo lume di fiamma. Tre fiate in quella nottata ci gittarono il detto fuoco colla Petriera, e quattro con la ballestra grossa a tornio1; e tutte le fiate che ’l nostro buon Re San Luigi udiva che ci gittavano così questo fuoco, egli si ponea ginocchioni, e tendendo le mani e levando la faccia al cielo, gridava ad alta voce a nostro Signore e diceva in plorando a grandi lagrime: Bel Sire Dio Gesù Cristo, guardate me e le mie genti! E poi che ’l fuoco c’era caduto innanzi, e’ mandava un suo ciambellano per sapere in qual punto noi eravamo, e se il fuoco ci aveva gravati. E ben credetemi che di sue buone preci ed orazioni noi ne avevamo mestieri; poiché l’una delle volte ch’e’ Turchi il gittarono, cadde il fuoco di costa al gatto incastellato che guardavano le genti di Monsignore di Corcenay, e ferì nella riva del fiume che era là davanti, e se ne venne dritto a loro tutto divampante ed ardente: perchè tantosto ecco venire correndo verso di me un Cavaliere di quella Compagnia, tuttavia gridando: Atateci, Sire, atateci o noi siamo tutti arsi, vedete là orrenda stroscia di fuoco greco che i Saracini ci han tratto, e che viene dritto al nostro castello. Ratto corremmo là, donde il bisogno era grande, poiché così come dicea il Cavaliere in così era, ed estinguemmo il fuoco a grande affanno e disagio, perchè dall’altra parte i Turchi ci [p. 82 modifica]tiravano attraverso il fiume dardi e verrettoni, di che tutto era pieno.

Il Conte d’Angiò fratello del Re guardava di giorno i gatti incastellati, e tirava nell’oste de’ Saracini con ballestre. Ora aveva comandato il Re che appresso che il Conte d’Angiò ci avea fatto il guato durante il giorno, noi altri della mia compagnia il facessimo durante la notte; donde eravamo a gran pena ed a grande sollicitudine, perchè li Turchi aveano già rotte e fracassate nostre tende e nostri ripari. Ora avvenne che codesti Turchi traditori ammenarono di giorno la loro Petriera davanti le nostre parate, quando il Conte d’Angiò le difendea. Ed aveano accoppiati tutti li loro ingegni, donde essi gittavano senza rallento il fuoco greco sul nostro argine traversagno tutto di faccia delle nostre bastite, sicchè nullo si osava mostrarsene fuora e scovrirsi; perchè in allora i nostri due gatti incastellati furo in un momento consumati e bruciati. Per la qual cosa il detto Conte d’ Angiò, che li dovea guardare quel giorno, ne uscì quasi fuori del senno e si volea gittare di dentro il fuoco per estinguerlo o morirvi. Su di che i miei Cavalieri ed io dovemmo render grazie a Dio, perchè, se i Saracini avessero atteso a notte a far loro sforzo, noi ne saremmo stati tutti arsi e bruciati.

Il che veggendo il Re, fece egli una richiesta a’ suoi Baroni che gli donassono e trovassono modo di aver legname de’ vascelli ch’essi avevano sopra mare, ciascuno di sua parte il più che potrebbe, [p. 83 modifica]perchè non ci avea là intorno fusti o selve di che essi si fosssero potuto atare; e così loro rimostrò il Re, donde ciascuno gliene servì ciò ch’egli potè. Ed avanti che il nuovo gatto incastellato fusse compito, il legname che vi fu impiegato venne stimato valere dieci mila lire e più, perchè potete conoscere che molti battelli ne furono perduti, e che noi ne eravamo allora in grande difetto. Quando il gatto fu all’intutto compiuto, il Re non volle punto ch’e’ fusse messo e piantato sino a quel giorno che ’l Conte d’ Angiò suo fratello doveva farvi la guardia, e comandò che fosse rizzato nel proprio luogo ove li due altri erano stati bruciati. E ciò faceva egli, a fine di ricovrar l’onore del detto suo fratello, al guato del quale erano stati bruciati gli altri due gatti incastellati. E siccome lo Re volle, così fu fatto. Il che veggendo li Saracini da capo attirarono tutti i loro sedici ingegni, e di modo li accoppiarono che tutti insieme lanciavano al nostro gatto ch’era stato fatto di nuovo. E quando essi videro che le nostre genti dottavano d’andare e venire al gatto pel fitto de’ cantoni e pietre grosse e canterute che essi traevano, drizzaro la Petriera tutto di fronte al gatto incastellato, e lo arsero, da capo col fuoco greco. E seconda gran grazia fece Nostro Signore a me ed a mei Cavalieri, perchè s’essi avessero atteso sino alla notte vegnente in che noi dovevamo tener la guardia, ne saremmo stati arsi od ouìti come per simigliante vi dissi qui avanti.

  1. Cioè: che si carica girando una manivella.