La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte seconda/Capitolo X

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Capitolo X.

Come si ferì alla terra contro lo sforzo de’ Saracini, e perchè questi fuggironsi e ci lasciaron Damiata.


Allora noi cominciammo a navigare per di dietro la barca della gran nave del Re e andammo alla terra. E tantosto che le genti del Re, le quali ferivano alla terra come noi, videro che noi andavamo più tosto ch’elli non facevano, ci gridarono di sostenere sì che arrivasse l’insegna di San Dionigi; ma io non ne li volli credere, anzi ci lasciammo correre davanti ad una grossa battaglia di Saracini e di Turchi, là ove egli ci avea bene sei mila uomini a cavallo. Li quali, sì tosto che ci videro ferire alla terra, toccarono degli sproni diritto a noi. E noi ficcammo il calcio delle nostre lancie a terra nella sabbia, e rivolgendo loro le punte e [p. 59 modifica]covrendoci degli scudi ne attendemmo l'impeto: ma come essi videro ciò, e che noi prendevamo terra tuttavia, tornarono di tratto le briglie e fuggirono.

Il buon produomo Messer Baldovino di Reims, tosto ch’e’ fu sceso a terra, mi mandò dicendo per l’uno de’ suoi Scudieri ch’io l’attendessi; ed io gli mandai pel suo messaggero medesimo che assai volentieri il farei, e che un sì valente uomo quale egli era valeva bene d’essere atteso: donde egli mi seppe grado tutta sua vita. E tantosto arrivò egli in nostra compagnia con gran numero di Cavalieri. E ben sappiate che per gl’inconvenienti ch’io vi ho messo in conto, quando fui a terra non avea meco allora di tutte le genti che avea menato di mie terre, nè pedone nè cavaliere: ma non perciò Dio m’ebbe sempre atato di sua grazia, donde io ne lo lodo e ringrazio.

Alla nostra mano sinistra arrivò il Conte di Giaffa, il quale era cugino germano del Conte di Monbelial e del lignaggio della Casa di Gionville. Questo Conte di Giaffa arrivò molto nobilmente a terra, perchè la sua galea era tutta pinta di dentro e di fuora agli scudi dell’armi sue, le quali armi son d’oro ad una croce di rosso appastato. Egli avea ben trecento marinai nella sua galea, de’ quali ciascuno portava una targa a sue armi, ed a ciascuna targa ci avea su un pennoncello de’ suoi colori, sicchè quando correva sul mare era bello a vedere e ad intendere, a cagione dello sbattito che menavano i pennoncelli e così del bombo di nacchere [p. 60 modifica]taballi e corni saracineschi ch’egli aveva in sulla galea. E sì tosto che questa ebbe ferito nella sabbia il più avanti che vi potè essere impinta, egli e suoi cavalieri e genti di guerra ne uscirono molto bene armati ed in punto, e vennero ad arringarsi di costa a noi. E prestamente fece il Conte di Giaffa tendere suoi padiglioni; perchè i Saracini, quando li videro tesi, si assembraro in gran numero e rivennero correndo contro di noi a gran battuta di sproni: ma come e’ conobbero che noi punto non ce ne ispaventavamo, e che anzi li attendevamo di piè fermo e in silenzio, ed essi da capo ci tornarono il dosso e se ne fuggirono a dreto.

Alla man destra arrivò allora la galea della riverita insegna di San Dionigi, a bene una portata di ballestra da noi. Ed egli avvenne che, siccome ella toccò terra, un Saracino si mosse a furia contro le genti di quella galea, il facesse egli o per non potere suo bizzarro cavallo arrestare, o perchè pensava aver soccorso da’ suoi: ma certo è bene che il poveretto ne fu tantosto morto e ispezzato. Quando il buon Re San Luigi seppe che la insegna di San Dionigi già era sulla terra, egli sortì del suo vascello che era già presso della riva, e non si diè tanto d’agio che il vascello ove egli era mordesse piaggia, anzi, oltre il grado del Legato che era con lui1, se ne gittò fuora nel mare; e fu nell’acqua sino alle spalle, e montò all’incalzo suo scudo al collo, suo elmo in testa e sua lancia in pugno. E quando ebbe aggiunte sue genti, scorse [p. 61 modifica]dal suo lato una battaglia d’armati, e domandò chi fussero, e poi che gli dissero ch’erano Turchi e Saracini, ed egli pensò d’incorrer lor sopra tutto solo, ma le sue genti il fecero dimorare sino a che tutti i suoi cavalieri fossero ai luoghi loro ed apprestati alla mislèa.

Tantosto inviarono li Saracini verso il Soldano di Babilonia un loro messaggero, per fargli assapere che il Re era arrivato. Per tre volte ripeterono il messaggio, ma anche risposta non ne ebbero perchè il Soldano era fieramente malato. Il che vedendo li Saracini, e pensando che il loro Soldano fusse morto, abbandonare la città di Damiata. Quando il Re ne udì la novella egli inviò un suo Cavaliero per saperne il vero sino a Damiata. E ben presto ritornò il Cavaliero di verso il Re e gli rapportò ch’egli era il vero ch’e’ fusse morto, e che se n’erano fuggiti li Saracini, e ch’egli era stato sin dentro loro magioni. Allora il Re fece appellare il Legato, e tutti i Prelati dell’oste e fece cantare Te Deum laudamus tutto al lungo, e poi montò a cavallo insieme con noi, e ce n’andammo ad alloggiare davanti Damiata. I Turchi male avvertiti partirono troppo subitani, sicchè non ci tagliaro i ponti delle navi ch’essi avean fatto, donde gran dispiacere ci avrebbon recato; ma bene per altra via essi ci fecero molto gran male e dannaggio, di ciò ch’essi buttaro il fuoco per tutti i lati della Fonda, là ove tutte loro mercatanzie erano e il loro avere di pregio, ch’essi fecero cautelosamente abbruciare, di paura che noi ce ne fussimo in modo [p. 62 modifica]alcuno avanzati2. E fu una cosa stessa come chi buttasse domani il fuoco nella ruga del Piccol Ponte a Parigi, di che Dio ci guardi.


  1. Odone Vescovo di Tusculo.
  2. Se Funda si trova usato per Borsa dai neolatini, donde la fonda de’ nostri antichi per crumena (ora ristretta a denotare la custodia delle pistole), è certo altresì che presso i Saracini Alfondiga valse ciò che presso noi il Mercato, o la Borsa dei Mercanti. Di qui il nostro Fondaco, il franzese fondics, così spiegato nell’Itinerario Turcico — Les Fondics soni Magazins ou se serrent les marchandises qui sont apportées des Indes et de Perse par la voie d’Alep..... les Marchands y logent aussi — Il fondachiere od il fondacaio de’ nostri trecentisti risponde dunque al fundicarius od al fundegarius delle Carte anteriori Siciliane o Marsigliesi.