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60 la sesta crociata.

taballi e corni saracineschi ch’egli aveva in sulla galea. E sì tosto che questa ebbe ferito nella sabbia il più avanti che vi potè essere impinta, egli e suoi cavalieri e genti di guerra ne uscirono molto bene armati ed in punto, e vennero ad arringarsi di costa a noi. E prestamente fece il Conte di Giaffa tendere suoi padiglioni; perchè i Saracini, quando li videro tesi, si assembraro in gran numero e rivennero correndo contro di noi a gran battuta di sproni: ma come e’ conobbero che noi punto non ce ne ispaventavamo, e che anzi li attendevamo di piè fermo e in silenzio, ed essi da capo ci tornarono il dosso e se ne fuggirono a dreto.

Alla man destra arrivò allora la galea della riverita insegna di San Dionigi, a bene una portata di ballestra da noi. Ed egli avvenne che, siccome ella toccò terra, un Saracino si mosse a furia contro le genti di quella galea, il facesse egli o per non potere suo bizzarro cavallo arrestare, o perchè pensava aver soccorso da’ suoi: ma certo è bene che il poveretto ne fu tantosto morto e ispezzato. Quando il buon Re San Luigi seppe che la insegna di San Dionigi già era sulla terra, egli sortì del suo vascello che era già presso della riva, e non si diè tanto d’agio che il vascello ove egli era mordesse piaggia, anzi, oltre il grado del Legato che era con lui1, se ne gittò fuora nel mare; e fu nell’acqua sino alle spalle, e montò all’incalzo suo scudo al collo, suo elmo in testa e sua lancia in pugno. E quando ebbe aggiunte sue genti, scorse

  1. Odone Vescovo di Tusculo.