Atto V

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Atto IV Nota storica

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ATTO QUINTO.

SCENA PRIMA.

Il Conte e Friport.

Friport. Venite, non c’è nessuno.

Conte. Se sapeste le mie circostanze, compatireste la mia apprensione.

Friport. Mi dispiace vedervi afflitto. Non vi dimando il perchè; ma se posso aiutarvi, impiegatemi.

Conte. Conosco il vostro buon cuore. Permettetemi ch’io ritorni al mio appartamento.

Friport. Accomodatevi come vi piace.

SCENA II.

Milord e detti.

Milord. Vorrei pur sollevare dal suo deposito il signor Friport. (uscendo dalla camera, ed incamminandosi)

Conte. (Vien gente). (a Friport, volendo partire) [p. 244 modifica]

Friport. Non abbiate timore: è un galantuomo. (additando Milord)

Conte. Lo conoscete?

Friport. Lo conosco: è milord Murrai.

Conte. (Il mio nemico!) (da sè, agitandosi)

Friport. Che cosa avete? (al Conte)

Conte. (Ah! son fuor di me stesso: non posso più trattenermi). (mette mano alla spada e s’avventa contro Milord)

Friport. Guarda. (grida forte verso Milord)

Milord. Chi sei tu, traditore? (mettendosi in difesa)

Conte. Son uno che desidera il vostro sangue.

Milord. Qual ira contro di me vi trasporta? (al Conte)

Conte. Difendetevi, e lo saprete. (minacciando)

SCENA III.

Fabrizio e detti.

Fabrizio. Alto, alto, signori miei; portate rispetto all’albergo di un galantuomo. In Londra non si mette mano alla spada.

Conte. Non odo che le voci dell’odio e della vendetta.

Milord. Qual vendetta? Qual odio? (al Conte)

Conte. Vi risponderanno i miei colpi. (attaccandolo)

Milord. Siate voi testimoni della necessità in cui sono di dovermi difendere. (vuol metter mano)

Fabrizio. Fermatevi.

SCENA IV.

Lindana, Marianna e i suddetti.

Marianna. Presto, presto, accorrete. (a Lindana)

Lindana. Ah! Milord, chi v’insulta, chi vi assalisce? Ah mio padre! (si getta ai piedi del Conte)

Conte. Ah mia figlia! (sì lascia cader la spada ed abbraccia Lindana)

Milord. Oh stelle! Il padre dell’idol mio è il padrone della mia vita. (getta la spada ai piedi del Conte) [p. 245 modifica]

Friport. (Bel bello si accosta al Conte, che sta immobile abbracciando la figlia) Amico, Lindana è la più buona fanciulla di questo mondo. (al Conte)

Conte. Alzati, sangue mio. Ah! che il cuore me l’aveva predetto.

Lindana. Pietosi numi, se forza mi avete data a resistere a tante e sì dolorose afflizioni, deh non mi fate soccombere all’urto di una sì violenta consolazione.

Fabrizio. (Che cambiamento di scena! che avvenimento felice!)

Milord. Deh! cessino i vostri sdegni; scordatevi quell’odio antico....

Conte. Ah! che la voce del mio nemico mi scuote da quel letargo in cui mi aveva gettato la mia sorpresa. Perfido figlio del mio tiranno persecutore, voi usciste dalla camera di mia figlia. Vi veggio addomesticato con lei: che dunque? Dopo d’avermi fatto proscrivere, dopo di avere sterminata la mia famiglia, osereste di assassinarmi la figlia? E tu, incauta, lo conoscesti l’indegno? Sacrificasti il cuore all’inimico del sangue nostro; o cedesti agl’incanti d’un ingannator sconosciuto? In ogni guisa sei colpevole in faccia mia; e se sospirai di vederti, abborrisco ora il momento che ti ho veduta.

Lindana. Difendetemi, amici, giustificatemi. Mi manca lo spirito; mi mancano le parole.

Marianna. Signore, rispondo io della condotta della padrona; io, che sono stata sempre al suo fianco. (al Conte)

Fabrizio. In tre mesi che ho l’onore d’averla meco, ci ha sorpresi, ci ha incantati colla sua virtù, colla sua modestia.

Friport. Amico, una parola. Io voglio credere poco agli uomini, e meno alle donne; ma per questa? Prometterei....

Lindana. No, caro padre, non sono indegna dell’amor vostro. Non ho niente a rimproverarmi nella lunga serie di mie sventure. Lungo sarebbe il dirvi come qua giunsi, perchè qui mi trattenni. Tutto ciò voi saprete: bastivi sapere per ora che mi sta a cuore l’onor del sangue, il decoro della famiglia, l’onestà del mio grado; e che tutto saprei soffrire, prima di macchiare il mio cuore, il mio nome, la mia innocenza. [p. 246 modifica]

Conte. Sì, figlia, tutto credo e tutto spero dalla vostra bontà. La sorte ci fa essere insieme; ma per separarci per sempre. Io sono vittima dell’altrui livore; son proscritto dal Parlamento, son condannato a morire. Sono in Londra, son discoperto; nè v’è speranza che mi lusinghi di sottrarmi dal mio supplizio. Ecco un nemico del sangue mio; ecco chi solleciterà la mia morte. (accennando Milord)

Milord. Conte, trattenete le vostre collere, ed ascoltatemi per un momento. Dispensatemi dall’ingiuriar la memoria del mio genitore, nè esaminiamo se abbia egli inteso di esercitar sopra di voi la giustizia, o siasi valso del suo potere per isfogare la sua inimicizia. Persuadetevi ch’io non ebbi parte nelle ire sue; e che lungi dal perpetuare lo sdegno, desidero di compensarvi colla più perfetta amicizia. Mio padre è morto. Negli ultimi periodi di vita si è ricordato di voi. Mi ha detto cose che lo indicavano intenerito dei vostri disastri, e mi ha lasciato fra le sue carte il modo di liberar voi dal bando, e i beni vostri dal fisco. Ho parlato ai ministri. Prendiamo tempo, e sperate; anzi siate certo di ogni vostro risarcimento, e impegno la mia parola d’onore. Ma oh dio! se l’odio vostro non è più costante di quello del mio genitore medesimo, calmate gli sdegni vostri. Amo la virtuosa vostra figliuola. Tollerate ch’io dica ch’ella non mi odia. Aspetta il vostro cenno per consolarmi; e quando la bontà vostra l’accordi, eccovi un amico che vi difende; eccovi un figlio che vi ama, e vi rispetta, e vi onora.

Friport. (Questa è la prima volta che mi pare di essere intenerito).

Lindana. Caro padre, l’ho amato non conoscendolo: l’odierò se mel comandate.

Conte. No, figlia, non sono sì barbaro, sì inumano. Se il cielo ha toccato il cuore a Milord negli ultimi suoi respiri di vita, non vo’ aspettare ad arrendermi ad un tal punto. Perdono alla memoria del padre, e mi abbandono all’onoratezza del figlio. Morrò tranquillo se vedrò almeno assicurata la vostra [p. 247 modifica] sorte; e poichè v’offre il giovane Murrai la sua mano, mi scordo gli odi, mi dimentico degl’insulti, e vi concedo la libertà di sposarlo.

Lindana. Oh adorato mio genitore!

Milord. Oh cieli! avrò finito anch’io di penare.

Fabrizio. Il cuore mi si spezza dall’allegrezza.

Friport. Buon galantuomo: buona giovane: buon amico.

Conte. Ma come sperate voi di sottrarmi dalle perquisizioni della Giustizia? (a Milord)

Milord. Pochi giorni mi bastano. Ho prevenuto il real ministro: egli è ben persuaso della vostra innocenza. Solo che il Re s’informi, assicuratevi della grazia; ma vuole il rispetto che vi celiate per ora.

Friport. Amico, io parto per Cadice: la notte è vicina; l’imbarco è pronto; venite con me, e non temete. (al Conte)

Conte. Il consiglio è opportuno. Vi starò finche sia la grazia ottenuta. Figlia, mi stacco da voi con pena; ma sono avvezzo a penare, ed è il presente mio duolo compensato dal giubbilo, dalla contentezza.

Lindana. Ah! non ho cuor di lasciarvi, or che la sorte mi ha conceduto di rinvenirvi.

Friport. Il vascello è comodo; vi potete stare anche voi. (a Lindana)

Lindana. Sì, caro sposo, permettetemi ch’io renda questa testimonianza d’affetto a chi mi diede la vita. Soffrite che da voi mi allontani. (a Milord)

Milord. E non vi rincresce in questi primi momenti allontanarvi da chi vi adora?

Lindana. Doloroso è un tal passo; ma il cielo non è ancor sazio di tormentarmi.

Conte. No, figlia, non permetterò mai che tronchiate il corso alle vostre consolazioni, nè che vi esponiate ai disagi del mare. Restate in Londra col vostro sposo; soffrite per qualche giorno la mia lontananza. La soffrirò ancor io di buon animo. Se non basta il consiglio, vagliavi a persuadervi il comando. [p. 248 modifica] Restate in Londra; e se Milord l’aggradisce, porgetegli in questo punto la mano.

Lindana. Oh! vero affetto. Oh adorabile genitore!

Milord. Ah! Conte, ah! mio adorato suocero e padre. Voi non mi potete colmare di consolazione maggiore. Cara sposa, porgetemi la mano: voi siete la mia adorata consorte. (si porgono la mano.)

Milord. Signor Friport, lasciate a me il carico di ricuperare le cinquecento ghinee.

Friport. Sì, fatelo a comodo vostro. Me le farete avere al mio ritorno di Cadice: era sicuro di non le perdere; era certo dell’onestà di questa buona ragazza.

Lindana. Ah! signor Friport, quanto mai avete fatto per me.

Friport. Non parliamo altro. Ho fatto quello che ogni uomo onesto, quando può, è obbligato di fare. Amico, il vento è buono, l’ora è avanzata. Se volete venire, venite; se non volete venire, io parto. (al Conte)

Milord. Conte, partite di buon animo. Fra pochi giorni avrete a Cadice il favorevol rescritto.

Conte. Sì, Milord, in voi pienamente confido. Il poter vostro e la mia innocenza mi assicurano della grazia. Figlia, ci rivedremo fra poco.

Lindana. Sì, caro padre. La ilarità del ciglio con cui partite, e le belle speranze di rivedervi, mi fanno rimanere contenta al fianco del mio diletto consorte. Dopo sì lunghe pene gioisco per cotal modo, che l’allegrezza mi riempie il cuore e mi trabocca dagli occhi.

Fine della Commedia.


Note