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244 ATTO QUINTO

Friport. Non abbiate timore: è un galantuomo. (additando Milord)

Conte. Lo conoscete?

Friport. Lo conosco: è milord Murrai.

Conte. (Il mio nemico!) (da sè, agitandosi)

Friport. Che cosa avete? (al Conte)

Conte. (Ah! son fuor di me stesso: non posso più trattenermi). (mette mano alla spada e s’avventa contro Milord)

Friport. Guarda. (grida forte verso Milord)

Milord. Chi sei tu, traditore? (mettendosi in difesa)

Conte. Son uno che desidera il vostro sangue.

Milord. Qual ira contro di me vi trasporta? (al Conte)

Conte. Difendetevi, e lo saprete. (minacciando)

SCENA III.

Fabrizio e detti.

Fabrizio. Alto, alto, signori miei; portate rispetto all’albergo di un galantuomo. In Londra non si mette mano alla spada.

Conte. Non odo che le voci dell’odio e della vendetta.

Milord. Qual vendetta? Qual odio? (al Conte)

Conte. Vi risponderanno i miei colpi. (attaccandolo)

Milord. Siate voi testimoni della necessità in cui sono di dovermi difendere. (vuol metter mano)

Fabrizio. Fermatevi.

SCENA IV.

Lindana, Marianna e i suddetti.

Marianna. Presto, presto, accorrete. (a Lindana)

Lindana. Ah! Milord, chi v’insulta, chi vi assalisce? Ah mio padre! (si getta ai piedi del Conte)

Conte. Ah mia figlia! (sì lascia cader la spada ed abbraccia Lindana)

Milord. Oh stelle! Il padre dell’idol mio è il padrone della mia vita. (getta la spada ai piedi del Conte)