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Sezione settima - Capitolo secondo - Della fisica poetica intorno all'uomo o sia della natura eroica

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Sezione settima - Capitolo secondo - Della fisica poetica intorno all'uomo o sia della natura eroica
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[CAPITOLO SECONDO]

della fisica poetica intorno all’uomo
o sia della natura eroica

692Ma la maggior e piú importante parte della fisica è la contemplazione della natura dell’uomo. Come gli autori del gener umano gentilesco s’abbiano essi in un certo modo generato e produtto la propia lor forma umana per entrambe le di lei parti, cioè con le spaventose religioni e coi terribili imperi paterni, e con le sagre lavande essi edussero da’ loro corpi giganteschi la forma delle nostre giuste corporature, e con la stessa disciplina iconomica eglino, da’ lor animi bestiali, edussero la forma de’ nostri animi umani: tutto ciò sopra, nell’Iconomica poetica, si è ragionato, e questo è luogo propio da qui doversi ripetere.

693Or i poeti teologi, con aspetto di rozzissima fisica, guardarono nell’uomo queste due metafisiche idee: d’essere e di sossistere. Certamente gli eroi latini sentirono l’«essere», assai grossolanamente, con esso «mangiare», che dovett’esser il primo significato di «sum», che poi significò l’uno e l’altro; conforme anch’oggi i nostri contadini, per dire che l’ammalato vive, dicono ch’«ancor mangia». Perché «sum» in significato d’«essere» egli è astrattissimo, che trascende tutti gli esseri; scorrevolissimo, che per tutti gli esseri penetra; purissimo, che da niun essere è circoscritto. Sentirono la «sostanza», che vuol dire «cosa che sta sotto e sostiene», star ne’ talloni, perocché sulle piante de’ piedi l’uomo sussiste; ond’Achille portava i suoi fati sotto il tallone, perché ivi stasse il suo fato, o sia la sorte del vivere e del morire.

694La compagine del corpo riducevano a’ solidi e liquidi. I solidi richiamavano a viscere o sieno carni (come appo i romani si disse «visceratio» la divisione che da’ sacerdoti si [p. 335 modifica] faceva al popolo delle carni delle vittime sagrificate), talché «vesci» intesero «nudrirsi», quando del cibo si faccia carne; — ad ossa e giunture, che si dicono «artus» (ov’è da osservare che «artus» è detto da «ars», ch’agli antichi latini significò la «forza del corpo», ond’è «artitus», «atante della persona»: poi fu detta «ars» ogni compagine di precetti che ferma qualche facultá della mente); — a’ nervi, che, quando, mutoli, parlavan per corpi, presero per le forze (da un qual nervo, detto «fides», in senso di «corda», fu detta «fede» la «forza degli dèi», del qual nervo o corda o forza poi fecero il liuto d’Orfeo), e con giusto senso riposero ne’ nervi le forze, poiché questi tendono i muscoli, che bisognano tendersi per far forza; — e finalmente a midolle, e nelle midolle riposero, con senso ancor giusto, il fior fior della vita (onde «medulla» era detta dall’innamorato l’amata donna, e «medullitus» ciò che diciamo «di tutto cuore», e amore, ov’è grande, si dice «bruciar le midolla»). I liquidi riducevano al solo sangue, perciocché la sostanza nervea o spermale pur chiamavano «sangue» (come la frase poetica lo ci dimostra: «sanguine cretus» per «generato»), e con giusto senso ancora, perché tal sostanza è ’l fior fiore del sangue. E, pure con senso giusto, stimarono il sangue sugo delle fibre delle quali si compone la carne; onde restò a’ latini «succiplenus» per dir «carnuto», «insuppato di buono sangue».

695Per l’altra parte poi dell’anima, i poeti teologi la riposero nell’aria (che «anima» pur da’ latini vien detta), e la stimarono il veicolo della vita (come restò a’ latini la propietá della frase «anima vivimus», e a’ poeti quelle frasi: «ferri ad vitales auras», «nascere»; «ducere vitales auras», «vivere»; «vitam referri in auras», «morire»; e in volgar latino restarono «animam ducere» per «vivere», «animam trahere» per «agonizzare», «animam efflare, emittere» per «morire»); onde forse i fisici ebbero il motivo di riporre l’anima del mondo nell’aria. E i poeti teologi, con giusto senso ancora, mettevano il corso della vita nel corso del sangue, nel cui giusto moto consiste la nostra vita. [p. 336 modifica]

696Dovetter, ancora con giusto senso, sentir che l’animo ’l veicolo sia del senso, perché restò a’ latini la propietá dell’espressione «animo sentimus». E, con giusto senso altresí, fecero l’animo maschio, femmina l’anima, perché l’animo operi nell’anima (ch’è l’«igneus vigor» che dice Virgilio); talché l’animo debba avere il suo subbietto nei nervi e nella sostanza nervea, e l’anima nelle vene e nel sangue: e cosí i veicoli sieno, dell’animo, l’etere e, dell’anima, l’aere, con quella proporzione con la quale gli spiriti animali son mobilissimi, alquanto tardi i vitali. E, come l’anima è la ministra del moto, cosí l’animo sia del conato, e ’n conseguenza il principio; ch’è l’«igneus vigor» che testé ci ha detto Virgilio. E i poeti teologi il sentivano e non intendevano, e appresso Omero il dissero «forza sagra» e «vigor occulto» e un «dio sconosciuto»; come i greci e i latini, quando dicevano o facevano cosa di che sentivano in sé un principio superiore, dicevano che un qualche dio avesse sí fatta cosa voluto: il qual principio fu da’ medesimi latini detta «mens animi». E sí, rozzamente, intesero quell’altissima veritá, che poi la teologia naturale de’ metafisici, in forza d’invitti raziocini contro gli epicurei, che le vogliono esser risalti de’ corpi, dimostra che l’idee vengono all’uomo da Dio.

697Intesero la generazione con una guisa che non sappiamo se piú propia n’abbiano potuto appresso giammai ritruovar i dotti. La guisa tutta si contiene in questa voce «concipere», detta quasi «concapere», che spiega l’esercizio che celebrano della loro natura le forme fisiche (ch’ora si dee supplire con la gravitá dell’aria, dimostrata ne’ tempi nostri), di prendere d’ogn’intorno i corpi loro vicini, e vincere la lor resistenza, e adagiargli e conformargli alla loro forma.

698La corrozione spiegarono troppo sappientemente con la voce «corrumpi», che significa il rompimento di tutte le parti che compongono il corpo; per l’opposto di «sanum», perché la vita consista in tutte le parti sane: tanto che dovettero stimare i morbi portar la morte col guasto de’ solidi.

699Riducevano tutte le funzioni interne dell’animo a tre parti [p. 337 modifica] del corpo: al capo, al petto, al cuore. E dal capo richiamavano tutte le cognizioni; che perciocch’erano tutte fantastiche, collocarono nel capo la memoria, la quale da’ latini fu detta per «fantasia». E a’tempi barbari ritornati fu detta «fantasia» per «ingegno», e, ’n vece di dir «uomo d’ingegno», dicevan «uomo fantastico»; qual narra essere stato Cola di Rienzo l’autore dello stesso tempo il qual in barbaro italiano ne descrisse la vita, la qual contiene nature e costumi somigliantissimi a quest’eroici antichi che ragioniamo: ch’è un grande argomento del ricorso che, ’n nature e costumi, fanno le nazioni. Ma la fantasia altro non è che risalto di reminiscenze, e l’ingegno altro non è che lavoro d’intorno a cose che si ricordano. Ora, perché la mente umana de’ tempi che ragioniamo non era assottigliata da verun’arte di scrivere, non spiritualezzata da alcuna pratica di conto e ragione, non fatta astrattiva da tanti vocaboli astratti di quanti or abbondan le lingue, come si è detto sopra nel Metodo, ella esercitava tutta la sua forza in queste tre bellissime facultá, che le provengon dal corpo. E tutte e tre appartengono alla prima operazion della mente, la cui arte regolatrice è la topica, siccome l’arte regolatrice della seconda è la critica; e, come questa è arte di giudicare, cosí quella è arte di ritruovare, conforme si è sopra detto negli Ultimi corollari della Logica poetica. E, come naturalmente prima è ’l ritruovare, poi il giudicar delle cose, cosí conveniva alla fanciullezza del mondo di esercitarsi d’intorno alla prima operazion della mente umana, quando il mondo aveva di bisogno di tutti i ritruovati per le necessitá ed utilitá della vita, le quali tutte si erano provvedute innanzi di venir i filosofi, come piú pienamente il dimostreremo nella Discoverta del vero Omero. Quindi a ragione i poeti teologi dissero la Memoria esser «madre delle muse», le quali sopra si sono truovate essere l’arti dell’umanitá.

700È, in questa parte, da punto non tralasciare quest’importante osservazione, che molto rileva per quello che nel Metodo si è sopra detto: ch’or intender appena si può, affatto immaginar non si può come pensassero i primi uomini che fondarono [p. 338 modifica] l’umanitá gentilesca, ch’erano di menti cosí singolari e precise, ch’ad ogni nuov’aria di faccia ne stimavano un’altra nuova, com’abbiam osservato nella favola di Proteo; ad ogni nuova passione stimavano un altro cuore, un altro petto, un altr’animo: onde sono quelle frasi poetiche, usate, non giá per necessitá di misure, ma per tal natura di cose umane, quali sono «ora», «vultus», «animi», «pectora», «corda», prese per gli numeri loro del meno.

701Fecero il petto stanza di tutte le passioni, a cui con giusti sensi ne sottoposero i due fomenti o principi: cioè l’irascibile nello stomaco, perocché ivi, per superare il mal che ci preme, ci si faccia sentire la bile contenuta ne’ vasi biliari, sparsi per lo ventricolo, il quale, con invigorire il suo moto peristaltico, spremendogli, la vi diffonde: — posero la concupiscibile, piú di tutt’altro, nel fegato, ch’è diffinito l’«ufficina del sangue», ch’i poeti dissero «precordi», ove Titane impastò le passioni degli altri animali, le quali fussero in ciascuna specie piú insigni; e abbozzatamente intesero che la concupiscenza è la madre di tutte le passioni e che le passioni sieno dentro de’ nostri umori.

702Richiamavano al cuore tutti i consigli, onde gli eroi «agitabant, versabant, volutabant corde curas», perché non pensavano d’intorno alle cose agibili senonsé scossi da passioni, siccome quelli ch’erano stupidi ed insensati. Quindi da’ latini «cordati» furono detti i saggi, e «vecordes» al contrario gli scempi; e le risoluzioni si dissero «sententiae», perché, come sentivano cosí giudicavano, onde i giudizi eroici erano tutti con veritá nella loro forma, quantunque spesso falsi nella materia.