La scienza nuova seconda/Brani soppressi o mutati/Conchiusione dell'opera

Brani soppressi o mutati - Conchiusione dell'opera

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Brani soppressi o mutati - Libro quinto Appendice

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CONCHIUSIONE DELL’OPERA

CAPITOLO PRIMO

1402[1101].... dovevano portare di séguito un’eloquenza robusta e sappientissima. Siccome la coltura della latina volgar favella in Terenzio, che dicesi aver lavorato le sue commedie secondo gli scorti avvisi di Lelio, il romano Socrate, e di Scipione, in cui Roma riveriva una certa divinitá, si osserva tale e tanta, che ’n tutte l’etadi appresso, anco quella che dicesi secol d’oro della lingua latina, non si legge maggiore.

1403[1106]..... gli avevano resi fiere piú immani con la barbarie della riflessione che non è la stessa barbarie del senso. Perché, come ne’ tempi della barbarie del senso, cosí la barbarie della riflessione osserva le parole e non la mente delle leggi e degli ordini, con questo di peggio: che quella credeva tal essere il giusto, dal qual fosse tenuta qual suonavano le parole: questa conosce e sa il giusto, con cui è tenuta, essere ciò ch’intendono gli ordini e le leggi, e si studia di defraudarle con la superstizione delle parole. Perciò uomini maliziosamente riflessivi, con tal ultimo rimedio, ch’adopera la provvedenza.....

1404[1109]..... La quale Pufendorfio sconobbe con la sua ipotesi, Seldeno suppose e Grozio ne prescindé. Sono quindi innanzi da cacciarsi dalle scuole della giurisprudenza cosí Epicuro col suo «caso» come col lor «fato» gli stoici, come sopra s’avvisò nelle Degnità; nella quale gl’interpetri quanto molto eruditi, tanto poco filosofi, per boria d’ingegni hanno a forza intruso le sètte stoica ed epicurea. Perché si è appieno dimostrato che i primi governi del mondo..... [p. 268 modifica]

[CMA3] CAPITOLO SECONDO

pratica della scienza nuova

1405Ma tutta quest’opera è stata finora ragionata come una mera scienza contemplativa d’intorno alla comune natura delle nazioni. Però sembra, per quest’istesso, mancare di soccorrere alla prudenza umana, ond’ella s’adoperi perché le nazioni, le quali vanno a cadere, o non rovinino affatto o non s’affrettino alla loro roina; e ’n conseguenza mancare nella pratica, qual dee essere di tutte le scienze che si ravvolgono d’intorno a materie le quali dipendono dall’umano arbitrio, che tutte si chiamano «attive».

1406Cotal pratica ne può esser data facilmente da essa contemplazione del corso che fanno le nazioni; dalla qual avvertiti, i sappienti delle repubbliche e i loro principi potranno con buoni ordini e leggi ed esempli richiamar i popoli alla loro ἀκμή, o sia stato perfetto. La pratica, la qual ne possiamo dar noi da filosofi, ella si può chiudere dentro dell’accademie. Ed è che ’n questi tempi umani, ne’ quali siam nati, d’ingegni scorti ed intelligenti, dee qui, nel fine, guardarsi a rovescio la figura proposta nel principio; e che l’accademie colle loro sètte de’ filosofi non secondino la corrottella della setta di questi tempi, ma quelli tre principi sopra i quali si è questa Scienza fondata — cioè: che si dia provvedenza divina; che, perché si possano, si debbano moderare l’umane passioni; e che l’anime nostre sien immortali — e quel criterio di veritá: che si debba riverire il comun giudizio degli uomini, o sia il senso comune del gener umano, del quale Iddio, che non lascia sconoscersi dalle quantunque perdute nazioni, non mai desta loro piú forte riflessione che quando esse son corrottissime. Perché, mentre i popoli sono ben costumati, essi operano le cose oneste e giuste piú che ne parlano, perché l’operano, piú che per riflessione, per sensi: ma, quando sono guasti e corrotti, allora, perché mal soffrono internamente sentirne la mancanza, non parlan d’altro che d’onestá e di giustizia (come naturalmente avviene ch’uomo non d’altro parla che di ciò ch’affetta d’essere e non lo è); e, perché sentono resister loro la religione (la qual non possono naturalmente sconoscere e rinniegare), per consolare le loro perdute coscienze, con essa religione, empiamente pii, consagrano le loro scellerate e nefande [p. 269 modifica] azioni. Onde sono que’ due orrendi umani fenomeni che si leggono sulla storia di Roma corrotta: uno di Messalina, la qual aveva appo il balordo e scimonito Claudio tutto l’agio, licenza e libertá di sfogare l’intiere notti nel chiasso la sua insaziabil libidine, ma, nel tempo stesso ch’era maritata con l’imperadore, vuol godersi Caio Silio con tutta la santitá e celebritá delle nozze; l’altro è di Domizio Nerone, ch’aveva svergognata la maestá dell’imperio romano col far il musico per gli pubblici teatri, e co’ sagrifici ed augúri e tutte l’altre cerimonie divine volle maritarsi nefariamente a Pittagora.

1407Per tutto ciò i maestri della sapienza insegnino a’ giovani come dal mondo di Dio e delle menti si discenda al mondo della natura, per poi vivere un’onesta e giusta umanitá nel mondo delle nazioni. Ciò vuol dire che l’accademie, con tai principi e con tal criterio di veritá, addottrinino la gioventú che la natura del mondo civile, ch’è ’l mondo il qual è stato fatto dagli uomini, abbia tal materia e tal forma quali essi uomini hanno; laonde ciascuno di essi due principi, che ’l compongono, sia della stessa natura ed abbia le stesse propietá c’hanno esso corpo ed essa anima ragionevole, delle quali due parti la prima è la materia e la seconda è la forma dell’uomo.

1408Le propietá della materia sono d’esser informe, difettuosa, oscura, poltrona, divisibile, mobile, «altro», come Platon la chiama, o sia sempre da sé diversa; e per tutte queste propietá essa materia ha questa natura d’esser disordine, confusione e cao, ingordo di distruggere tutte le forme. Le propietá della forma sono d’essere perfezione, luminosa, attiva, indivisibile, costante, o sia che, quanto piú può, si sforza di persistere nel suo stato, nel qual è (che è quello onde Platone suol appellarla «l’istesso»); per le quali propietá la natura della forma dell’uomo è d’essere ordine, lume, vita, armonia e bellezza.

1409Quindi la materia (ch’è ’l corpo del mondo delle nazioni), per la propietá d’essere informe, sono gli uomini che non hanno né propio consiglio né propia virtú; per la propietá d’esser difettuosa, sono gli uomini viziosi, perché tutti i vizi altro non son che difetti; per la propietá dell’oscurezza, sono gli uomini i quali traccurano, nonché la gloria (ch’è un lume grande e strepitoso), anco la lode (ch’è un lume quieto e picciolo); per la propietá d’essere neghittosa ed infingarda, sono tutti i poltroni, dilicati, molli e dissoluti; per la divisibilitá, sono gli uomini che [p. 270 modifica] non vanno appresso ad altro che alle loro propie particolari utilitá (le quali dividono gli uomini) ed a’ corporali piaceri o sieno gusti de’ sensi (i quali tanti sono quanti son gli uomini); per la mobilitá, sono tutti gli uomini stolti, che sempre si pentono, non mai sono contenti del medesimo, sempre amano ed affettano novitá (che, in una parola, si chiama «volgo», di cui è aggiunto perpetuo quello d’esser «mobile»); per lo disordine e la confusione, sono gli uomini che, per tutte queste propietá della materia, ridurrebbono, quanto è per essi, il mondo delle nazioni al cao de’ poeti teologi (qual è stato da noi truovato essere la confusione de’ semi umani), e ’n conseguenza alla vita bestiale e nefaria, quando questa terra era un’infame selva di bestie.

1410Per lo contrario, la forma e mente di questo mondo di nazioni, per la propietá d’esser perfezione, sono gli uomini che possono consigliare e difendere sé ed altrui, che son i saggi e i forti; per l’attivitá, sono gli uomini industriosi e diligenti; per la propietá d’esser luminosa, sono gli uomini che s’adornano privatamente di lode, pubblicamente di gloria; per l’indivisibilitá, sono gli uomini i qual in ciascuna loro azione o professione sono tutti occupati con tutte le potenze e con tutta la propietá: il cavaliere nell’arti cavalleresche, il letterato negli studi delle scienze, il politico nelle pratiche della corte, ciascun artegiano nell’arte sua; per la costanza, sono gli uomini seriosi e gravi; per la propietá d’essere «lo stesso», sono gli uomini uniformi, circospetti, convenevoli e decorosi; e ’n fine, per quelle d’essere ordine, bellezza ed armonia, sono gli uomini che, compiendo ciascuno i doveri del suo ordine propio, cospirano all’armonia e bellezza delle repubbliche e, con tutte queste belle virtú civili, si sforzano di conservare gli Stati. Il quale sforzo non potendo essi celebrare per la loro debole corrotta natura, la provvedenza ha posto tali ordini alle cose umane, che loro il promuovano le religioni e le leggi assistite dalla forza dell’armi. La qual forza incominciò tra’ gentili dalla forza di Giove con le religioni, la quale promosse lo sforzo de’pochi piú robusti giganti a fondare l’umanitá. Alla qual forza i pochi forti sono tratti per natura e, ’n conseguenza, con piacere, perché promuove loro lo sforzo, ch’è connaturale de’ forti; e i molti deboli vi son tenuti dentro a dispetto, perché non dissolvano l’umana societá. Ch’è lo spirito di tutta quest’opera.

1411Cosí, con questi principi di metafisica discesi nella fisica e quindi per la morale innoltrati all’iconomica, o sia nell’educazione [p. 271 modifica] de’ giovani, sien essi guidati alla buona politica e con tal dispo- sizione d’animi passino finalmente alla giurisprudenza (la qual perciò noi nella Scienza nuova prima proponemmo alle universitá dell’ Europa doversi trattare con tutto il complesso dell’umana e divina erudizione, e ’n conseguenza ponemmo sopra a tutte le scienze), perché i giovani da erudirsi, cosí disposti, apparino la pratica di questa Scienza, fondata su questa legge eterna, c’ha posto la provvidenza al mondo delle nazioni: ch’allora son salve, fioriscono e son felici, quando il corpo vi serva e la mente vi comandi; e si mostrar loro il vero bivio di Ercole (il quale tutte le gentili fondò): se vogliamo entrare nella via del piacere con viltá, disprezzo e schiavitú loro e delle loro nazioni, o in quella della virtú con onore, gloria e felicitá.

il fine


[CMA3* ] Exegi monvmentvm aere perennivs