La scienza nuova - Volume I/Libro II/Introduzione/Capitolo I

Introduzione - Capitolo primo - Della sapienza generalmente

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Introduzione - Capitolo primo - Della sapienza generalmente
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[p. 198 modifica][CAPITOLO PEIMO]

DELLA SAPIENZA. GENERALMENTE

[Riassume le idee generali sulla sapienza (C/S intr.), omettendo il riscontro tra quella dcH’uomo integro e quella dell’uomo decaduto (C/i, e. 4). Nel DU l& sapienza prima era volgare, poi riposta; alla contemplazione materiale degli astri succedeva quella astratta della divinità {DU, § 183; CI e. 20): ma qui, avvertito dal corso delle idee della SN secondo la ragione dei tempi la sapienza è prima teologica o civile, poi metafisica, finalmente rivelata; e la teologia egualmente è prima poetica, poi naturale, finalmente rivelata.]

Ora, innanzi di ragionare della Sapienza poetica, oi fa mestieri di vedere generalmente che cosa sia essa sapienza. Ella è «sapienza» la facultà che comanda a tutte le discipline, dalle quali s’apprendono tutte le scienze e l’arti che compiono l’umanità. Platone diffinisce la sapienza esser «la perfezionatrice dell’uomo» 1. Egli è r uomo non altro, nel propio esser d’uomo, che mente ed animo, o vogliam dire intelletto e volontà. La sapienza dee compier all’uomo entrambe queste due parti, e la seconda in séguito dalla prima, acciocché dalla mente illuminata con la cognizione delle cose altissime l’animo s’induca all’elezione delle cose ottime. Le cose altissime in quest’universo son quelle che s’intendono e si ragionan di Dio; le cose ottime son quelle che riguardano il bene di tutto il gener umano: quelle «divine», e queste si dicono «umane cose». Adunque la vera sapienza deve la cognizione delle divine cose insegnare, per condurre a sommo bene le cose umane. Crediamo che Marco Terenzio Varrone, il quale meritò il titolo di «dottissimo de’ Romani», su questa pianta avesse innalzata la sua grand’opera: Rerum divinarum et humanarum, della quale l’ingiuria del tempo

> Non già propriamente una definizione della sapienza così come l’enuncia il V., ma piuttosto uno sviluppo della tesi che la sapienza sia la perfezionatrice dell’uomo dà Plat., in AlcibA, p. 124 sgg. [p. 199 modifica]CAPITOLO PRIMO — DELLA SAPIENZA WKNERALMENTK 199

ci fa sentire la gran mancanza. Noi in questo libro ne trattiamo secondo la debolezza della nostra dottrina e scarsezza della nostra erudizione.

La sapienza tra’ gentili cominciò dalla musa, la qual è da Omero in un luogo d’oro dell’Odissea i difl&nita «sciènza del bene e del male», la qual poi fu detta «divinazione»; sul cui naturai divieto, perchè di cosa naturalmente niegata agli uomini, Iddio fondò la vera religione agli Ebrei, onde usci la nostra de’ cristiani, come se n’è proposta una Degnità 2. Sicché la musa dovett’essere propiamente dapprima la scienza in divinità d’auspici!; la quale, come innanzi nelle Degnità 3 si è detto (e più, appresso, se ne dirà), fu la sapienza volgare di tutte le nazioni di contemplare Dio per l’attributo della sua Provvedenza, per la quale da «divinari» la di lui essenza appellossi «divinità». E di tal sapienza vedremo appresso essere stati sappienti i poeti teologi, i quali certamente fondarono l’umanità della Grecia; onde restò a’ Latini dirsi «professori di sapienza» gli astrologhi giudiziari

  • . Quindi «sapienza» fu poi detta d’uomini chiari per

avvisi utili dati al gener umano, onde furono detti i sette sappienti della Grecia. Appresso «sapienza» s’avanzò a dirsi d’uomini ch’a bene de’ popoli e delle nazioni saggiamente ordinano repubbliche e le governano. Dappoi s’innoltrò la voce «sapienza» a significare la scienza (a) delle divine cose naturali, qual è la Metafisica, che perciò si chiama «scienza divina»; la quale,

(a) de’ filosofi dintorno alle divine, ecc.

1 Od., 6, 63: «xòv [Alcinoo] népi Moùo’ ècplXvjas, òLòoo S’ày^^óv -ce xaxóv xs». Cfr. IL, B, 485: «òiislg [0 museJ.Yàp 6ea( èoxe, n&psoxé te, loTS TS Ttavxa».

2 Degn. XXIV. ^ Degn. XL.

■* SvET., Tib., 14: < Trasylluni mathematiciim, quem ut sapientice prò fé s sorem [Tiberius] contubernio udmoverat», ecc. — Ma la frase, nella dicitura più frequente di «sapientice doctores», indica in generale i filosofi. — Tac, Hist., IV, b: «[Helvidius Priscus] doctores sapienl ice secuiits est, qui sola bona quce Jionesta, mala tantum qua! turpia: poteiiliain, nobilitatem, ceteraque extra animum neque bonis neque malis adnumerant». Gfr. Sincht Ann., XIV, 16; nonché Plin., Paneg., 47; Cels., De med., praef. [p. 200 modifica]200 LIBRO SECONDO PROLKGOMKNl CAPITOLO PRIMO

andando a conoscere la mente dell’uomo in Dio, per ciò che riconosce Dio fonte d’ogni vero, dee riconoscerlo regolator d’ogni bene: talché la Metafisica dee essenzialmente adoperarsi a bene del gener umano, il quale si conserva sopra questo senso universale: che sia la divinità provvedente; onde forse Platone, che la dimostra, meritò il titolo di «divino», e perciò quella che niega a Dio un tale e tanto attributo, anziché «sapienza», dee «stoltezza» appellarsi (a). Finalmente «sapienza» tra gli Ebrei, e quindi tra noi cristiani, fu detta la scienza di cose eterne rivelate da Dio; la quale appo i Toscani, per l’aspetto di scienza del vero bene e del vero male, forse funne detta col suo primo vocabolo «scienza in divinità».

Quindi si deon fare tre spezie di teologia, con più verità di quelle che ne fece Varrone h una. Teologia poetica, la qual fu de’ poeti teologi, che fu la teologia civile di tutte le nazioni gentili; un’altra. Teologia naturale, ch’è quella de’ metafìsici; e ’n luogo della terza che ne pose Varrone, ch’è la poetica, la qual appo i gentili fu la stessa che la civile (la qual Varrone distinse dalla civile e dalla naturale, perocché, entrato nel volgare comun errore che dentro le favole si contenessero alti misterii di sublime fìlosofia, la credette mescolata dell’una e dell’altra), poniamo per terza spezie la nostra Teologia cristiana, mescolata di civile e di naturale e di altissima teo (a) la quale, non che di nulla giova, di troppo nuoce al gener umano. Finalmente, ecc.

1 Varr., in S. Atr&usT., De civ. Bei, VI, 5, distingue tre generi di teologia: 1») mythicon («quo maxime utuntur poetce ■"), 2°) physicon («quo philosophi»), 3") civile («quo populi»). - II V. cade quindi in tre errori. — l») Per distrazione, se non a dirittura per semplice trascorso di penna, dice: «la poetica, la qual appo i gentili fu la stessa che la civ ile *, invece di dire: -ria stessa che la mitica o favolosa»;— 2») non per distrazione, ma di proposito deliberato afferma che Varrone pone la poetica (0 mitica o favolosa) per terza, laddove lo scrittore latino le assegna il primo luogo;— 3») asserisce che Varrone credette la teologia mitica mescolata di naturale (fisica) e di civile, di che in S. Agostino non è parola alcuna.— Ho detto che il secondo errore fu commesso dal V. di proposito deliberato, perchè in iS’iV^era bene scritto originariamente: «e ’n luogo della terza spezie che ne pose Varrone, ch’è la civile*, ecc. Ma negli esemplari postillati il V., chi sa perchè, cancellò «civile» e sostituì «poetica». [p. 201 modifica]DELLA SAPIENZA GENERALMENTE 201

logia rivelata (a); e tutte e tre tra loro congionte dalla contemplazione della Prowedenza divina (b). La quale cosi condusse le cose umane che, dalla Teologia poetica che li regolava a certi segni sensibili, creduti divini avvisi mandati agli uomini dagli dèi, per mezzo della Teologia naturale (e) che dimostra la Provvedenza per eterne ragioni che non cadano sotto i sensi, le nazioni si disponessero a ricevere (d) la Teologia rivelata in forza d’una fede sopranaturale, nonché a’ sensi superiore ad esse umane ragioni.

(a) (che fu quella de’ soli Ebrei ed ora è de’ soli cristiani); e tutte e tre, ecc.

(b) Sopra questi fondamenti si ergerà tutta quest’opera: in dimostrare come nelle nazioni perdute la Prowedenza così condusse, ecc.

(e) de’ divini platonici, che dimostra, ecc.

(d) la scienza del vero bene eterno ed infinito in forza d’una fede sopranaturale, a certi avvisi rivelati da Dio, tutto mente e nulla corpo. Onde appo gli Ebrei tal’avvisi furon dati da esso Dio o mandati dagli angioli o da’ profeti; appo ^ cristiani, lasciatici da Giesu Cristo e datici ne’ di lei bisogni co’ dogmi della sua Chiesa.

1 Si supplisca: «noi».