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[CAPITOLO PEIMO]

DELLA SAPIENZA. GENERALMENTE

[Riassume le idee generali sulla sapienza (C/S intr.), omettendo il riscontro tra quella dcH’uomo integro e quella dell’uomo decaduto (C/i, e. 4). Nel DU l& sapienza prima era volgare, poi riposta; alla contemplazione materiale degli astri succedeva quella astratta della divinità {DU, § 183; CI e. 20): ma qui, avvertito dal corso delle idee della SN secondo la ragione dei tempi la sapienza è prima teologica o civile, poi metafisica, finalmente rivelata; e la teologia egualmente è prima poetica, poi naturale, finalmente rivelata.]

Ora, innanzi di ragionare della Sapienza poetica, oi fa mestieri di vedere generalmente che cosa sia essa sapienza. Ella è «sapienza» la facultà che comanda a tutte le discipline, dalle quali s’apprendono tutte le scienze e l’arti che compiono l’umanità. Platone diffinisce la sapienza esser «la perfezionatrice dell’uomo» 1. Egli è r uomo non altro, nel propio esser d’uomo, che mente ed animo, o vogliam dire intelletto e volontà. La sapienza dee compier all’uomo entrambe queste due parti, e la seconda in séguito dalla prima, acciocché dalla mente illuminata con la cognizione delle cose altissime l’animo s’induca all’elezione delle cose ottime. Le cose altissime in quest’universo son quelle che s’intendono e si ragionan di Dio; le cose ottime son quelle che riguardano il bene di tutto il gener umano: quelle «divine», e queste si dicono «umane cose». Adunque la vera sapienza deve la cognizione delle divine cose insegnare, per condurre a sommo bene le cose umane. Crediamo che Marco Terenzio Varrone, il quale meritò il titolo di «dottissimo de’ Romani», su questa pianta avesse innalzata la sua grand’opera: Rerum divinarum et humanarum, della quale l’ingiuria del tempo

> Non già propriamente una definizione della sapienza così come l’enuncia il V., ma piuttosto uno sviluppo della tesi che la sapienza sia la perfezionatrice dell’uomo dà Plat., in AlcibA, p. 124 sgg.