La riforma dell'Alcorano/Testo
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Imprimatur |
LA RIFORMA
DELL’ALCORANO.
Ntendete, o Mortali, quanto avvenuto sia al Figlio della Luce, allo Stenebrante, al Domatore del fulmine, all’invincibile braccio dell’Onnipossente, l’illuminato Profeta Seich-Mansur. Spalancate senza indugio i vostri spiriti; disserrate i tenebrosi nascondiglj de’ vostri cuori, e penetrerà in essi un nuovo lume, che vi presenterà come in altrettanti sfolgoranti cristalli l’immagine viva di voi stessi. Svegliatevi, e tosto sentite la mia voce.
Nel giorno 6. della VI. Luna dell’Era di Egira 1163. mentre i miei vigorosi Atleti più numerosi delle arene del Mare, delle foglie degli Alberi, e degli atomi dell’Aria occupavano un immenso tratto di terreno lungo i contorni del sublimissimo Monte Caucaso, e riposo davano alle lasse loro membra dopo il fiero combattimento avuto con i figlj delle tenebre gli abitanti delle nere rive dell’Idaspe, io il vigilante Profeta Seich-Mansur, che non mai consegno le pupille de' miei occhj in balia del sonnifero Despota, rivolto era all’Oriente, e col capo chino adorava il Signore dell’Empirica rotondità, attendendo con impazienza l’aurato carro del velocissimo di lui Foriere, acciocchè con i suoi sfavillanti raggi rischiarasse il mio animo per affrontare di bel nuovo i nemici della pace: ecco però che tutto in un tratto sento ferirmi le orecchie con una terribile voce. Fuggi, fuggi: tutto tremante rivolgo lo sguardo all’Occidente; nulla però veggo. Replica la stessa sconosciuta voce, ed aggiunge: Non temere, non temere Mansur, vieni, e vedrai. Mi si accresce lo stupore, giro attonito l’occhio da tutte le parti, e nulla si presenta, che mi additi ove mai devo inoltrare il passo: tuttavia voltato il dorso all’infausto Aquilone, mi avanzo verso il tranquillissimo Austro; Tu Spirito superiore indirizza il mio tremante piede, e tosto un’aura soavissima mi costringe ad entrare in un bosco, che mi si para innanzi agli occhj, e la nota voce ripete: entra, e vedrai; mi trovo non so come in un sentiero tutto scintillante fuoco; sentomi rinvigorito, vi passo coraggioso sopra, e metto il piede in una profonda spelonca, ove con più impeto, l’aura mi respinge. Fermati, mi dice la nota voce, ed attendi i precetti dello Spirito vivificatore, che signoreggia in questo Luogo Sacro. Mi prostrai a terra immediatamente, ma ben presto un Personaggio rispettabile di volto rotondo, di barba lunghissima con una doppia Corona di oro in capo, tutto stellato, e con una lucida spada in mano mi piglia pel braccio, e mi dice: „Alzati figlio della luce, e senti le mie parole, poichè sei tu l’eletto fra mille, e mille a dissipare i vizj, che regnano fra i mortali. Chi sei tu Signore io risposi, dalla cui voce mi sento destinare a sì malagevole impresa?„ Sono io il Genio dell’Altissimo, sono io lo Spirito Vigilante che ti ho scelto per il Riformatore dell’Alcorano. I Mussulmani abusato hanno intollerabilmente delle Leggi con tanto senno loro prescritte; degenerato hanno gl’infelici dalle massime de’ loro Antenati, che con tanto trasporto sostennero il mio onore, e nome: non sono più il mio Popolo eletto: la divisione regna fra di essi, ed io più non mi curo di essere adorato da’ medesimi: nei Decreti eterni è stato riprovato il gran Maometto, poichè troppo gonfio, e insuperbito della gloria del di lui vasto Impero sostenuta per tanti Secoli, e delle molte Nazioni che prestavangli culto, e portavansi ad adorarlo nel suo Sepolcro di Mecca, ha trascurata vilmente la cura della grande Eredità affidatagli dall’Altipotente, non prendendosi pensiere della Taurica Chersoneso passata sotto un giogo infedele; ed affine di mettere in calma i lamenti dei veri Mussulmani ha permesso, che fosse pubblicata nella Sede del Gran Signore una infausta immensa Opera chiamata Enciclopedìa atta soltanto a rendere pettoruti, ed algarosi i Mortali. Infelici Mussulmani! Voi rischiarati da un lume superiore non avevate punto bisogno d’ingombrare le vostre menti con gl’intrigati delirj degli umani spiriti: puri ricevevate gl’influssi della Mente Divina, ed avevate per guida de’ vostri andamenti la cara Madre, la Natura. Ha tollerato eziandio, che i medesimi prestino orecchio ai progetti de’ seducenti popoli dell’Austro, e fino nelle spedizioni guerresche adattassersi ai dolosi loro consiglj, onde miseramente sono stati battuti da’ loro nemici. Insorgano adunque nuovi Popoli; produca la terra nuove generazioni, che fedeli, ed ubbidienti a guisa di teneri pargoletti non mai si allontanino dal diritto sentiero della luce. Dopo tanti secoli di giri dell’Olimpico Corriere riprovato per tanto resta l’incauto Maometto e sorgi tu in sua vece o Seich-Mansur qual novello frutto che rallegra nella verde stagione l’impaziente Coltivator della terra„. Chi mai però sono io, Signore, replicai, che succeder possa all’impareggiabil Profeta?„ Sì tu sei il destinato a sì grande impresa: vieni, e ti rivestirò di una virtù superiore: avvicinati, e ti dò un cuore diamantino; i tuoi occhj saranno due dardi, che feriranno chiunque contraddir ti vorrà, il tuo braccio di acciaro che atterrerà più furiosi nemici, i tuoi piedi più veloci del fulmine, il tuo petto di bronzo; ti scaglierai contro formidabili eserciti, ed in un tratto li convertirai in fumo. Sorgi adunque, e non temere, poichè a guisa di Arco celeste tu arrecherai la serenità ai mortali. Intendi senza indugio i venerandi Decreti, che leggonsi nel Narsip, che come sapete è quel sacro Libro della buona, o mala fortuna d’ognuno, che trovasi rinchiuso con cento chiavi nella parte più sublime dell’Olimpo, ed ove mai nessuno de’ mortali ha potuto avvicinarsi, e soltanto ad alcuni pochi favoriti della celeste Magione è lecito entrarvi, e fermarsi a leggerlo. Fa mestieri prima di tutto affine di preparare i Popoli alla futura felicissima rivoluzione, che riformato sia da questo momento l’Alcorano, e perchè la generazione presente non è punto suscettibile di una perfetta mutazione, ti accomoderai in parte alla loro debolezza fintanto che giunga l’anno 1190., anno segnato con caratteri aurei nei Secoli eterni, anno di felicità, e di prosperità, in cui aperti gli occhj i viventi vedrannosi fuori dalle tenebre in cui erano involti i loro Genitori, ed allora avranno l’intiero compimento i sublimissimi vaticinj, de’ quali ne farò depositario il tuo spirito; vaticinj, che comprenderanno non che i Mussulmani, ma tutti i Popoli del Mondo dall’Orto all’Occaso, e dall’Austro all’Aquilone; vaticinj che ricolmeranno di gioja i nascenti colla dolce lusinga di goderne un giorno gli effetti. Tu per tanto non nominerai quest’anno che coi nomi di Augusto, e Rispettabile, poichè esso apporterà la felicità agli uomini, che sottrattisi dalle catene de’ tiranni esclameranno: Siamo finalmente tutti simili, e non vi è veruno più ardito che innalzi il Capo sopra di noi per opprimerci. Fa mestieri adunque di preparare prima gli animi alla gran rivoluzione colla riforma dell’Alcorano, in cui si specchieranno tutti i Popoli dell’Orbe, ed arrossiti de’ loro errori ti chiameranno da tutte le parti perchè gli ammaestri, ed illumini nei sentieri della giustizia, e dell’equità. Convocherai pertanto nella pianura d’Ischimiazin i Seniori di Mosul, di Erzerum, di Betlis, di Medina, di Bagdad, di Aden, d’Ispahan, di Tauris, di Erivan, di Gangea, di Candahar, di Gomrom, di Agra, di Surate, di Nankin, di Pekin, di Cranganor, di Chauchen, di Checo, di Cacciam, e di Candi, Seniori tutti, che vedrete tantosto che sospirano per lo scuoprimento della verità. Salirai tu immantinente sopra una fulgida nube, che a guisa di trono ti renderà rispettabile, e stupefatti i Seniori sentiranno taciturni la tua voce, e parlerai loro nella seguente maniera: Il genio dell’Altissimo, e lo Spirito vigilante sceglie voi altri perchè siate i Banditori della nuova serie di provvidenza, che incominciar dee nell’Augusto, e Rispettabile anno segnato nei Fasti dell’Eternità l’anno 1190. dell’Era di Egira, e fino da questo momento dovete disporre i vostri simili, perchè si rendano degni di giungere ad una sì felice epoca: intendete adunque i Superiori Oracoli, che fedeli tramanderete a tutti i viventi. Cancellato sia immediatamente dalle vostre menti il nome dell’antico Messaggiere di Dio, Maometto. Desso è stato ritrovato infedele, ed abominevole nella bilancia della Divina Giustizia; ne custodirete bensì i di lui precetti, che non oppongonsi al lume della Ragione, ed alla natura dello spirito umano; che di altro non può restare mai pago, che della verità, e dell’amore verso i suoi simili, e vi regolerete secondo le seguenti massime: I fedeli Musulmani sono stati sempre mai diligentissimi nelle abluzioni, quotidiane prescritte nell’Alcorano, seguitate in esse, e quanto più puri comparirete nei Corpi, altrettanto immacolati saranno i vostri spiriti. Maometto vi assoggettò immancabilmente ad orare cinque volte ogni giorno, io però vi dico che basteranno tre volte, cioè nella levata del Sole per ricercare l’assistenza dell’Altissimo; a mezzo giorno per implorare la sua Misericordia, ed al tramontare del Sole per ringraziarlo de’ benefizj ricevuti. Non più vi volterete nelle vostre preghiere verso la Mecca. Iddio riempie colla sua presenza ogni luogo, ed in tutti esaudisce; voltatevi adunque ove vi piaccia, che egli vi sarà propizio. Sia inviolabile l’osservanza del digiuno del Ramazan: un solo pasto al giorno basti alla vostra voracità, il debol sesso ne sarà affatto esente, ed i giovani principieranno di 20. anni, e cesseranno di 60. Non crediate in sì fatto tempo illecito il bere, ed il fumare. Dopo il Ramazan osserverete per tre giorni il Bairam, ed allora rinnovate l’alleanza coi Genj Celesti, che a gara vi assisteranno nei più malagevoli cimenti.
Non mancherete mai nei Venerdì di presentarvi alla divina presenza nelle Moschee, e le Donne pure vi si porteranno, ma coperte con veli da capo a’ piedi, affinchè colla loro disinvoltura non offendano gli occhj delicati, e modesti de’ morigerati Mussulmani, anzichè in tutte le Moschee avranno le medesime un luogo affatto separato. Non più vi porterete in pellegrinaggio alla Mecca per titolo di devozione, sibbene per curiosità ad osservare il Corpo di un infelice Profeta, il quale insieme col suo Consigliere il fanatico Monaco Sergio, e co’ suoi tre Dottori, ed amici Omar, Osman, ed Ebbubeken è stato cacciato dalla celeste Magione, e ridotto ora a servire in qualità di Paggio nell’Inferno al suo nemico Alì, ove vi dimorerà fino all’anno Augusto, e Rispettabile, ed allora potrà uscire a vedere con indicibile rammarico l’esterminio totale della sua Setta, e pieno di dispetto, e di rabbia si getterà da se stesso nelle fiamme eterne, per esservi il trastullo de’ dimoranti negli Abissi. Intendetelo dunque, che così si legge con caratteri verdi nel Narsip, disingannatevi per tanto; ma perchè non così facilmente disingannerete il Popolo goffo, e balordo che tardi ravvisa il vero, lo metterete a poco a poco in diffidenza del malvaggio Profeta, scuoprendo la sua raffinata ipocrisia col fargli sapere, che l’Alcorano non gli è stato rivelato, nè consegnato da Dio, abbenchè egli si vanti di averlo ricevuto dall’Arcangelo Gabbrielle; egli è un complesso di contraddizioni prese già dagli Ebrei come la Poligamia, il Ripudio, l’Orrore alla carne porcina, la Circoncisione, e le frequenti Purificazioni; già dagli Ariani, che il Verbo Divino non è Figlio di Dio, nè consustanziale al Padre; già dai Nestoriani, che Cristo nacque da una Vergine, ma che non è Dio, ma puro uomo; già da’ Manichei, che Cristo non patì, nè mori, e che necessario sia privarsi del vino; già da Epicuro che la somma felicità dell’uomo consista nella amenità dei giardini, nel commercio carnale, e negli altri piaceri corporali: fategli pure rilevare le ridicole favole inseritevi, come le salite frequenti de’ Demonj al Paradiso per spiare le segrete disposizioni di Dio, e recarle ai di lui nemici, ma che abbia Iddio creata la Stella, il Lucifero per prevalersi contro di essi; come pure che avendo Iddio frante le punte dei corni della Luna, egli le ricevette dentro le sue maniche; fategli finalmente osservare il Trattato di alleanza, e di amore fraterno fatto coi Cristiani in Medina nell’anno 4. dell’Egira sottoscritto dal suo Segretario, e Guerriero Moavia ben abi Sofian, e che poi si dichiarò nemico perversissimo di essi, perseguitandoli fino ad approvare nella sua Religione l’odio, e l’avversione. L’Ente Supremo, che non nega: il suo lume a nessuna creatura prescrive l’amore de’ suoi simili, e questo deve essere la massima fondamentale della Riforma dell’Alcorano per venire felicemente allo stabilimento della generale uguaglianza, che compirà le vostre brame nell’anno Augusto, e Rispettabile. Quindi, dimostrerete la stoltissima presunzione di comparire più eminenti colla distinzione degli abiti, ovvero de’ Turbanti usati finora dai Mussulmani, e proibiti agli altri che sono di diversa Setta. Ogni Città sceglierà il suo colore preso da alcun fiore: dal Giglio, dalla Rosa, dal Garofano ec. affinchè con le vestimenta spiranti un’odore simile a quel fiore compariate grati agli occhj degli abitatori del soggiorno celeste, fra i quali sarete immancabilmente collocati a motivo delle odorifere virtù di cui anderanno vaghi i vostri spiriti.
L’infausto Maometto vi proibì l’uso di quel liquore celeste, che trasforma i mortali in altrettante fiamme divine per timore, che qualcheduno troppo innalzatosi sopra la pesante salma della carne giungesse al conoscimento degli arcani empirici, e si scuoprisse in essi la sua riprovazione futura. Per l’avvenire adunque goderete della bevanda di Bacco; ma quell’infelice, che dopo essere stato estatico per molte ore in forza del potente liquore ritornato in se mostri di non avere imparato il linguaggio celestiale, questo tale soggiacerà immantinente al rimedio di 132. bastonate sulle piante de’ piedi, acciocché un’altra volta possa più facilmente innalzarsi sopra la terra, ritrovandosi più leggiero nella estremità del suo corpo. Sarà altresì castigato oltre le 132. legnate con un anno di servizio a guisa di Schiavo nello Spedale dei Pazzi colui, che dopo aver presa una buona dose di spirito della stessa bevuta celeste, non comparisca più vigoroso, e focoso contro i caparbj seguaci delle antiche superstizioni, poiché troppo dimostrerà la sua stoltezza, non avendo saputo sublimarsi mediante un così potente rinforzo dell’animo dispensato ai viventi come un tratto singolare della Divina Beneficenza.
Non più abbia verun obbligo appresso di voi l’antica Circoncisione, rinunziatela ai profughi Israeliti affinchè molto paghi di essa si distinguano dal resto degli uomini; e voi altri più saggj conservate intiere le vostre membra, perchè non siate esclusi come difettosi dal soggiorno degl’immortali.
Da quì innanzi acciocché possiate esser riconosciuti per alunni, e seguaci della vera dottrina, farete la professione della vostra credenza invocando soltanto il nome dell’Altissimo, presente però un Capo della Moschea, il quale imprimerà nella vostra fronte una Stella con impronto ardente, e mercè un sì fausto segno nessuno vi confonderà con altri. Vi basti una sola compagna che sposerete pubblicamente, facendovi legare strettamente da un Ministro del Tempio con una corda, i cui estremi ne piglierà uno la moglie, e l’altro voi per significare l’unione de’ vostri corpi, e siccome se non sciogliete dalle vostre mani i capi della fune non potranno sciogliersi i vostri corpi, similmente se non vogliono i vostri spiriti non si disuniranno i vostri corpi. Non vi curate della moltitudine delle femmine, imitate piuttosto gli animali più amabili, quali sono le Colombe, che ognuno s’ contenta della sua compagna, e non invidiate la loro fecondità: nulla vi importi l’accrescere di troppo la popolazione, che altro non fareste che aumentare il numero degl’infelici. Gli uomini si imbarazzano vicendevolmente, ed il gran numero de’ viventi è troppo contrario all’universale uguaglianza, e ad altro non serve, che ad accrescere orgoglio, e la superbia de’ ricchi, e potenti, che si gonfiano di potersi distinguere in mezzo alla moltitudine. O ciechi mortali! ove mai non giunge il vostro delirio! l’oro, e l’argento che avete, non basta per contentare quelli che ora siete sulla terra; come dunque basterà per un numero maggiore? vi spogliate gli uni con gli altri, perchè nessuno è sazio, e gli Spedali più vasti non sono bastevoli a dar ricovero a tanti miserabili, che non hanno ove posare i loro corpi infermi, e nelle triste famiglie giornalieri sono gli urli, ed i lamenti, che non sapete come campare, onde il figlio impaziente attende la morte del Padre, e questi vive agitato, perchè non sà come lasciare una giusta porzione delle sue sostanze tra’ suoi figliuoli. Non vi prema adunque la popolazione, perchè non si accresca il numero de’ vostri distruttori.
I figlj, e le figlie saranno tutti eredi de’ beni patrimoniali per ugual porzione, ed i primi nati non godranno altro vantaggio, che quel rispetto, che porta sempre seco l’età maggiore. Ma tosto abolito sia l’uso delle doti, che altro non sono che una vera vendita delle figlie, e l’avarizia dei mariti si raffina nella speranza del maggior prezzo della infelice venduta.
Alle vostre mogli concederete maggior libertà, considerandole come compagne, e non come schiave; compagne siano adunque nelle tavole, e nei divertimenti, siccome lo sono nei pianti: le istruirete pure negli esercizj proprj del loro sesso, e non le escluderete dall’imparare a leggere, e scrivere.
Cesserà affetto la proibizione dei cibi determinati nell’Alcorano: tutti gli animali soggetti sono all’uomo, e vi è libero l’uso; esterminate i nocivi per amor vostro, e de’ vostri simili.
Maometto vi abbacinò dandovi ad intendere i piaceri sensuali a voi preparati nel Paradiso: nò, non vi saranno le giovani a vostro arbitrio, ed alla vostra passione; sarete divenuti per eccellenza spiriti, e questi si dilettano con gusti di altra fatta, che il mortale più perspicace non può comprendere. Osinano chiamato il Casto, che mise in ordine, e distinse i Capitoli dell’Alcorano, non ebbe ribrezzo di inserirvi una sì fatta promessa: desso era degno allievo del suo impostore Maestro.
Se vi troverete colpevoli di morte, la soffrirete con rassegnazione non potendola scansare; ma se innocenti vi vogliono tagliare il capo, non crediate, che per obbedienza al Tiranno farete opera meritoria: egli trionferà della vostra vile condiscendenza; a voi tocca per tanto difendervi in qualunque guisa, acciocché il contento del malvagio non sia perfetto.
Non siate per l’avvenire fatalisti, poiché si legge sul fine del Narsip in una aggiunta con caratteri rossi, che ognuno si fabbrica in questo Mondo la sua fortuna mercè la propria dappocaggine, o la generosa bravura; colla sciabla in mano presto deciderete le più intricate differenze.
Nuova riforma sulla presente non la permetterete mai in verun tempo: questa sarà perfettissima, e dee servir di modello a, tutti i popoli, che stanchi dei disordini de’ loro Ministri sacri, vogliano un regolamento fermo, e costante di vita civile, e religiosa. Intanto soffrirete i vostri Settarj i Moataziali, i Kadari, i Seffatii, i Waidi, gli Schii, i Chavarigi, i Morgii, ed i Giabari, ed allorché li troverete troppo riscaldati nelle varie interpetrazioni dell’Alcorano, separerete con un pronto taglio delle vostre sciable le teste dai loro colli, e tosto li vedrete placati, e tranquilli; mezzo sicuro per scemare le dispute ostinate. Accogliete umanamente gli Europei Cristiani; gli avete finora odiati troppo, e non è questo l’ordine dato dall’Altissimo a Maometto: egli non escluse verun de’ mortali dalla ospitalità da esercitarsi dai Mussulmani; ma state attenti, che in vece di tirarli al vostro partito, non ritorni la loro tolleranza in vostro danno, restando voi sedotti dalle false loro attrattive: quindi non vi curerete punto delle tanto vantate loro scoperte nelle scienze, nelle arti, e nel commercio, con cui da presuntuosi vorrebbero confondervi. Siffatte scoperte provano la loro ignoranza: le meraviglie della natura sono palesi a tutti, e soltanto i fanciulli restano sorpresi vedendole la prima volta; perchè non ne considerano la virtù; aprite gli occhj, e la natura vi porgerà i suoi tesori.
I profughi Isdraeliti avuti finora da voi in orrore, e riguardati come abominevoli meriteranno per l'avvenire la vostra compassione, prevalendovi di essi per rendere più comuni le ricchezze, che i medesimi ansiosi accumulano.
Coltiverete con più impegno i vostri campi, e non metterete aggravj sopra di essi: liberale la Terra vi dà i suoi frutti, e voi pretendereste di scemarne il valore intrinseco con i pesi? questi soltanto avranno in vista gli oggetti inutili.
Affine di terminare le differenze cotanto pregiudicievoli nell'interpretare le Leggi Civili, e Criminali, sceglierete d’ogni Città gli uomini più ardenti per il ben pubblico, e radunatisi tutti in un’Assemblea generale farete loro proporre i principali dubbj, e si risolverà in essa un metodo certo di decidere prontamente le liti, e di punire con frutto i colpevoli. L’ultimo supplizio di rado sarà permesso, e se fia bisogno qualche volta, resterà il corpo del reo per più giorni esposto perchè serva di contegno ai vostri sudditi, e durante quel tempo si darà un pubblico contrassegno del rammarico universale della perdita forzata di un vivente, cioè nello stesso luogo del Supplizio verrà scolpito in un marmo il nome dell’infelice, ed il motivo del suo supplizio, ed i Genitori per tre giorni di seguito condurranno i loro Figliuoli, e li faranno scorrere attentamente la iscrizione, affine d’inspirare loro il dovuto orrore al delitto commesso. Nella esecuzione però dell’ultimo supplizio procederete con questa distinzione: non mai compassionerete il ricco, che impunemente commette il misfatto; compatirete bensì il povero, che non di rado le miserie conducono alla necessità di tentare i passi troppo malagevoli. Nel caso di un’omicidio non avvi luogo a dubitare sulla necessità della Giustizia, imperocché la natura reclama, e si arma contro di essi; non così in caso di furto; non seguiterete l’universale stile di cacciare i ladri violentemente dal mondo, poiché la stessa natura si arma in loro favore, e l’infelice sagrificato vi può rinfacciare: perchè ho rubato poco mi togliete dal numero de’ viventi; ne sarei esente se fossi potente da farmi temere, e dominare sugli altri, impossessandomi a capriccio dei diritti, e beni altrui. Non vi è proporzione tra il delitto di furto di un particolare, e la pena di morte, poiché importa più la vita di un uomo, che non è il vantaggio, che perde il derubato. Nondimeno castigherete il ladro nella maniera seguente; lo farete digiunare per 30. giorni a pane, ed acqua, e gli scorticherete un poco le dita delle mani, onde resti indebolito lo strumento del peccato.
La Schiavitù sarà tantosto abolita, dovreste arrossire di una temerità così insopportabile, che un uomo privi un’altro del dono più prezioso quale è la libertà; l'uomo è soggetto soltanto all’Ente Supremo, ed il vostro contento sarà giusto allorché libererete un vivente dalla servitù per rivendicarlo al suo unico, e legittimo Padrone.
Non voglio che sussista tra voi e la pena dell’esilio; questa è una pena immaginaria, e che fa ridere gli esiliati, che riflettono sulla loro condizione, e stato. Se mandando il reo altrove non trovasse terra che lo sostentasse, non viveri con cui mantenersi, non uomini con cui comunicare, non impieghi, non lavori con cui passare il tempo, il castigo allora sarebbe rincrescevole.
In vece dell’esilio condannerete i colpevoli a vivere sopra gli alberi, ove confinati li terrete privandoli di toccare coi piedi la terra, che coi loro misfatti hanno contaminata.
Abolirete pure i dazj; ognuno dee entrare, ed uscire libero dalle vostre Città, e scorrere le pubbliche strade senza il vergognoso disturbo di dover rendere conto di ciò, che gli piace portar seco.
Distruggerete finalmente le Città grandi, le quali come altrettante voragini inghiottiscono le Città di Provincia. Le Città grandi sono il ritratto della contradizione, sono il ricettacolo della estrema opulenza, e della eccessiva miseria; la loro lotta è eterna. Si sacrificano i popoli di più Nazioni per il vantaggio di una Costantinopoli, di un Parigi, di una Londra, di una Roma, di una Smirne, e di altre Città grandi, e molto popolate, le quali sono, in vero a guisa di un diamante attorniato di letame, sono un complesso di spirito, e di scempiatezza, di bello, e di stravagante, di grandezza, e di bassezza. Che contradizione così lampante! ove tutto abbonda anzi avanza, ivi vedrete gran numero d’infelici morire di fame: ove sentonsi i più saggj regolamenti, ivi tutto è disordine: dappertutto ostacoli, imbarazzi, difficoltà al vero bene del Pubblico, ed ove altro non si fomenta da una parte che il lusso, la lascivia, l'orgoglio, e lo sfogo delle più sfrenate passioni; e da un’altra non si vede che nudità, viltà, abbattimento, oppressione, e schiavitù. Sembra che quanto più gli uomini sonosi sforzati a fare delle Leggi per essere felici radunandosi in gran numero, altrettanto sonosi corrotti, ed aumentata la somma de’ loro mali. Mortali non siete tutti figli della stessa terra? Come mai soffrite tanta disuguaglianza nei luoghi, ove tutto giorno pubblicate, che vi regni la pulizìa, la discrezione, e l'umanità! Disfate adunque senza indugio codesti immensi Sepolcri dealbati, e dividetevi in famiglie ben regolate negli ameni Paesi, che vi presenta la terra, nei ridenti Colli, nelle allegre sponde de’ Fiumi, ne’ dolci Piani, e nelle festive Spiagge de’ Mari tranquilli, e vivrete felici non imbarazzandovi gli uni cogli altri, e d’uopo non sarà di stoltamente caricarvi con de’ pesi, con de’ dazj destinati a mantenere la pompa di formidabili Eserciti messi in piede per la distruzione del genere umano, ad accrescere gli agi, il fasto, e l’alterigia di quello che vi comanda. Ecco dunque ove tende la presente Riforma a rivendicarvi i giusti diritti della libertà, che vi ha data la natura, e liberarvi dalla servitù fabbricatavi da voi stessi con zotichezza senza pari. Nell’Anno Augusto, e Rispettabile si compiranno pienamente i vostri voti, ma nei tre anni antecedenti accaderanno tali avvenimenti, che soltanto la rimembranza di essi vi consolerà, poiché saranno come forieri del compimento delle Profezie.
Intendete Mortali le mie Profezie, ed imprimetele nei vostri cuori. Il primo straordinario avvenimento sarà questo: Una potente Nazione dell’Austro oppressa dagli insopportabili pesi a cui soggiace scuoterà in un tratto il giogo, e radunatasi in gran numero piomberà sopra le Provincie della Grecia antica, ove lascierà le vestigia di un furore il più sfrenato, e gettatasi tantosto sopra la Tracia incendierà la superba Costantinopoli, che oggetto delle ire del Cielo più non risorgerà: finirà pure la razza dei Sultani, ed in loro vece si formerà un governo Repubblicano, che composto de’ più saggj liberatisi dalle fiamme proporranno ai popoli, che ubbidivano ai Sultani un giusto sistema di governo con cui si regoleranno con meraviglia delle altre Nazioni. La Nazione Australe piena delle spoglie di Costantinopoli ritornerà nella Grecia, ove fonderà un nuovo Regno, che appena nato si distruggerà da se stesso mediante le rabbiose dissensioni de’ principali Magnati.
Leggesi nel Naftir con caratteri gialli la seguente Profezia, che fedelmente vi trasmetto innanzi agli occhj: Sopra un gran Regno, ove un Monarca ha riempiti di costernazione, e di sdegno i suoi popoli, violando tutti i diritti delle genti, e divorando con mano insaziabile le sostanze fino de’ miserabili, sopra questo Regno ove ora la mendicità si fa maggiore, ove gl’insoliti gravosi pesi abbattono lo spirito, ed il corpo, comparirà una Cometa così spaventevole, che alla sua vista si seccheranno le fonti, languiranno i fiori, ed impallidiranno fino le Stelle; Cometa, che avrà la figura di un volante Dragone, che getterà della spuma insanguinata dalle sue labbra, delle fiamme dagli occhj, e sbattendo le ale, salteranno de’ serpenti, che facendo diversi tortuosi giri s’incammineranno verso il Palazzo dell’infelice Regnante, come forieri dell’ira Celeste: si avvicinerà alla terra l’orribile Cometa, e scuotendo la sua nera capigliatura ne verranno fuori quattro saette, che incendieranno le quattro Torri del Regio Palazzo; e riempitosi il Principe di estrema paura, e ritiratosi nel suo Gabinetto con i suoi più fidi Ministri, e promotori delle sue iniquità si vedrà subito addosso ii Dragone, il quale conficcandolo con i suoi artigli insieme con i di lui Ministri lo innalzerà, nell’aria a vista de’ popoli, che attoniti attenderanno il fine di un così orrido spettacolo: tantosto il Dragone nulla curando gli urli dei frementi infelici, farà un lungo, e terribile strazio delle loro membra, e lasciandole cadere in terra si convertiranno in polvere, ed indi in fumo. Scomparirà il Dragone, e ripiglieranno il suo splendore le stelle, il suo colore i fiori, e scaturiranno più abbondantemente le fonti; e pieni di gioia i popoli esclameranno a gara: evviva l’ira Celeste, che non ha lasciato, impunito il nemico de’ mortali e risolveranno d’inalzare subito una Colonna di Marmo, in cui scolpiranno il tragico avvenimento, perchè serva di eterno obbrobrio ai giustamente castigati, e di perpetuo ammaestramento ai Regnanti, perchè non abusino più della soggezione de’ loro simili.
Voltate gli sguardi verso l’Aquilone, e vedrete un giovane Principe, che avendo regnato nella minore età sotto la direzione di due rapaci, ed inumani Reggenti, appena ha preso in mano le redini del Governo spasseggiando causalmente in un luogo silvestre, sente gli amari pianti di due Agricoltori, che esclamano: quando mai finiranno le nostre disgrazie? venga la morte, ed asciugherà le nostre lagrime. Tutto commosso il Principe si avvicina ad essi, e ricerca il motivo della loro afflizione. Uno di loro risponde: chi tra noi non piange! e tu ne ricerchi il motivo? La miseria ci opprime, e non bastano le nostre braccia per contentare la insaziabile cupidigia de’ Ministri pubblici. Taciturno il Principe considera la risposta datagli, e secondando gl’impulsi benefici del suo cuore risolve di radunare i suoi popoli, e sentirne in pubblico la cagione vera de’ loro mali, e diffidando de’ suoi Consiglieri, e de’ Grandi ordina, che adunino alcuni Rappresentanti poveri di tutti i suoi Paesi in una bella Pianura, ove si porta senza Guardie, e ne vuole esclusi tutti i Cortigiani, Ministri, Uffiziali, e Nobili. Radunatisi nel giorno determinato i Rappresentanti si mette a sedere affabile, ed umano il Principe in in mezzo a loro, e dice, che parlino liberamente, poiché egli è non meno pronto a rimediare i loro mali, che a sentirli. Subito uno di essi più disinvolto così parla: „Sire noi vi abbiamo inalzato sopra le nostre teste: abbiamo impegnati i nostri beni, e la nostra vita per lo splendore; del vostro Trono, e per la sicurezza della vostra Persona. Ci avete promesso in contraccambio di procurarci l'abbondanza, e di farci passare la vita senza timore. Ma chi l'avrebbe creduto, che sotto il vostro Governo siasi partita l'allegrezza dalle nostre case, e che le Feste celebrate per il vostro inalzamento alla Corona siansi cambiate in pianto, e che lo spavento, e l'orrore abbiano, succeduto alla dolce fiducia? In altro tempo le nostre Campagne verdeggianti ridevano sotto i nostri occhj: i nostri Campi ci promettevano di pagare i nostri lavori. Oggigiorno il frutto de’ nostri sudori passa nelle mani de’ Forestieri, i nostri Casali, che noi c’ingegnavamo di abbellire vanno in rovina; i nostri Vecchj; e Fanciulli non sanno dove appoggiare i lor capi; i nostri pianti perdonsi nell’aria, ed ogni giorno vieppiù si accresce la nostra povertà. Appena ci resta qualche tratto di figura umana, e le bestie, che vivono sul pascolo sono meno infelici di noi. Colpi più rincrescevoli ci affliggono. I Potenti ci disprezzano, e ci guardano senza verun principio di onore: essi giungono fino a perturbare le nostre Capanne, seducono l’innocenza delle nostre figlie, le rapiscono, e le fanno oggetto della loro impudicizia. Indarno imploriamo il braccio dei Custodi della giustizia, e di ordinario si rivolge contro di noi in favore degli stessi, che ci hanno offeso. La vista del fasto, che insulta alla nostra miseria rende il nostro stato più insopportabile, si beve il nostro sangue, e ci proibiscono il piangere; si insuperbiscono colle opere fabbricate dalle nostre mani, e ci trattano a guisa di Schiavi, perchè non ci avventiamo da furiosi contro di essi. Le nuove miserie, che ci attorniano hanno alterata la dolcezza de’ nostri costumi: la mala fede, e la rapina si sono inoltrate tra di noi, poiché la necessità di vivere prevale d’ordinario sopra la virtù. Chi ha estinto ne’ nostri cuori quel candore, che ci legava in una perfetta concordia? quanti de’ nostri Concittadini ripugnano di mettere al Mondo de' figlj, che la fame uccide nella stessa culla! Altri nella loro disperazione hanno bestemmiato contro la Providenza. Chi sono gli Autori di sì fatti delitti? Oh se i nostri giusti pianti penetrassero l'atmosfera, che attornia il Trono! oh se i Regnanti si svegliassero, e si rammentassero, che potevano nascere come noi, e che forse ai loro figliuoli toccherà la nostra sorte! Attaccati alla Patria, e formandone una parte essenziale non possiamo dispensarci di provederla nei bisogni. Ciò che noi dimandiamo è, che un uomo giusto si applichi davvero a conoscere la misura delle nostre forze, e che non ci schiacci sotto il peso, che in una giusta proporzione noi avremmo portato con allegrezza. Allora tranquilli noi, e ricchi della nostra economìa, e contenti della nostra sorte vedremo la felicità degli altri senza veruna inquietudine. I voti che noi formiamo sono per la conservazione della Patria ma accrescendosi la oppressione, soccomberemo; rovesciata però la Patria seppellirà nelle sue rovine i nostri Tiranni. Noi non auguriamo una sì fatta, e trista vendetta; parliamo bensì al Sovrano, rammentandogli, che s’egli è uomo, riguardi noi suoi simili, e che la morte renderà un giorno uguali„. Tutto sorpreso, e maravigliato il Giovane Principe, e riflettendo sulla diversità di condizione di quei Sudditi, che ha lasciati nella Corte, e di quelli, che tiene sotto gli occhj; quelli vestiti riccamente, pieni di gioje, armati, gonfi, ed affettati; questi poveri, umili, disarmati, e sinceri, risponde loro in questi termini: „ Siete tutti miei cari Sudditi, e per l'avvenire non voglio differenza alcuna: non solo vi accordo quanto voi chiedete, ma di più io vi libero da ogni oppressione, sgravandovi da tutti i pesi: io non voglio altro se non quello, che spontaneamente ogni anno vorrete darmi per le spese pubbliche: un fedel Ministro, il quale se tale non sarà, consegnerò volentieri in balìa del vostro furore, passerà ogni anno per i vostri Paesi con una Cassa sopra un Carro, ed ogni famiglia darà ciò, che le piacerà; ed aggiungo, che il Ministro avrà ordine di dare dalla stessa Cassa pubblica alle povere Famiglie ciò che abbisogneranno. Di più voglio castigare i miei Ministri, e Consiglieri condannandoli per un anno intiero a lavorare con voi altri, cibandosi, e vestendosi nella maniera, che voi altri, perchè così imparino a compatire la vostra sorte: similmente i Nobili, che hanno abusato della pazienza de’ loro Servitori, e Domestici subiranno la pena di dovere, per un anno portare la Livrea di Servitore, e soggiacere a tutte le loro fatiche. Queste sono le mie risoluzioni, che farò eseguire a puntino, e ad ognuno di voi sarà lecito di ricorrere liberamente al mio Trono nelle proprie querele. Questo Principe così saggio, è vicino a nascere, e voi Mussulmani lo vedrete, e vi stimerete fortunati di assoggettare a lui i vostri popoli dopo esservi liberati da’ Sultani.
Ecco l'ultimo, e principale avvenimento. Due anni prima succederanno grandi terremoti, che desoleranno molte Città, verranno orribili temporali, che saranno universali e seguiranno poi delle fatali malattìe, e delle guerre sanguinose, che commoveranno talmente i popoli, che fuggiranno altrove, ma indarno, poiché dappertutto diverranno il gioco delle pubbliche calamità. Allora però il Giovane Principe di sopra rammentato commosso delle miserie dei popoli indurrà i principali Regnanti dell’Orbe a radunarsi nella Città di Mosul, ove proposto lo stato calamitoso de’ mortali saranno prese le seguenti risoluzioni da tutti sottoscritte, e confermate da tutti i popoli:
La prima, che accortisi finalmente gli uomini dell’indicibile delirio di farsi la guerra gli uni agli altri, sarà per sempre abolita, e fino proibito il nome guerra; saranno pertanto distrutti, ed incendiati pubblicamente in ogni Città gli strumenti di distruzione del genere umano, i Cannoni, gli Schioppi, le Sciable, le Lancie, le Saette ec., e soltanto ne resterà un’Arme d’ogni specie appesa in luogo pubblico, perchè serva di Monumento della stoltezza umana fattasi capricciosamente esterminatrice di se stessa.
La seconda; non vi sarà differenza di ordine: abolita pertanto la Nobiltà, grado fantastico, e fomento di una vana superbia, saranno tutti Cittadini uguali, e soltanto il Regnante avrà il primo luogo, ovvero il Soggetto destinata nei Paesi a rappresentare la sua Persona.
La terza; non si pagherà aggravio di sorte veruna, non dovendosi mantenere inutili Armate, nè seguitare i Sovrani nel loro fasto, poiché si contenteranno delle loro entrate particolari, ed i Governatori saranno sostentati da ogni Paese.
La quarta; faranno gettare a terra tutte le Fortezze e le muraglie delle Città restando ognuno libero di uscire, e di entrare, e di vendere, o comprare a suo piacere. Queste risoluzioni messe in esecuzione presenteranno, la felicità dell’Anno Augusto, e tu Seick-Mansur le comunicherai fedelmente ai Seniori“. Disparve tutto in un tratto il Genio dell’Altissimo, disparve pure la Spelonca, e mi trovai come in prima appresso la mia Armata, che seguitai con un nuovo coraggio a comandare per portare avanti le mie conquiste.
FINE.