La giunta romana ed il comizio popolare del 22 settembre 1870/Narrazione

Narrazione

../Prefazione ../Documenti IncludiIntestazione 3 agosto 2023 100% Da definire

Prefazione Documenti
[p. 15 modifica]

NARRAZIONE

[p. 17 modifica]




Il giorno 20 settembre le truppe italiane entrarono di viva forza in Roma per la breccia. Colle colonne di attacco di Porta Pia, entrarono per la breccia nello stesso tempo alcuni emigrati romani, fra i quali distinguerò, per bisogno di questa narrazione, il mio amicissimo Giovanni Costa di Trastevere.

Raccoltisi insieme questi emigrati, irruppero nella città; ed unitisi a varii cittadini, disarmarono colla forza diversi soldati papalini, e s’impadronirono così di armi e di munizioni. Ebbero essi occasione due volte di usarne contro colonne di Zuavi; e due degli emigrati romani furono feriti.

Intorno a questo nucleo di generosi combattenti, presto si radunò una frotta di gente, che vedendo sgombre ormai le strade dagli scherani del Papa, incominciò a gridare si andasse al Campidoglio a costituire una Giunta provvisoria.

Il Costa, ch’era da tutti considerato come il loro capo, arrivò con molto popolo in Campidoglio, ove nelle Camere senatorie trovò alcuni cittadini di Roma, che il bisogno di provvedere alla cosa pubblica aveva quivi condotti. Fra essi ricorderò D. Ignazio dei Principi di Piombino, D. Emmanuele dei Principi Ruspoli, Augusto Silvestrelli, Vincenzo Rossi.

[p. 18 modifica]

Da questi signori fu presentata al Costa una lista di nomi, che avrebbero dovuto formar parte della Giunta, fra i quali vi era il nome di Giovanni Costa ed il mio.

Il Costa vi si rifiutò, dicendo trovare nomi di persone con cui egli non si sarebbe mai potuto trovare insieme; e s’incamminava già per partire, quando gli fu fatta dagli astanti dolce violenza di rimanere, dicendogli, che si sarebbe d’accordo riformata la lista.

Urgeva intanto di provvedere alle cose, che non ammettevano dilazione, non essendosi trovato al posto nessuno dei membri del vecchio Municipio, ed in quella sera, non uno degl’impiegati. Fra le cose più urgenti era duopo provvedere di alloggi l’ufficialità dell’esercito italiano.

I distinti cittadini, ricordati di sopra, debbo dirlo a loro onore, si sobbarcarono a fare tutto ciò ch’era più necessario.

Molti si arrestarono in Campidoglio a notte inoltrata; alcuni, come il Costa ed il Rossi, vi rimasero tutta la notte.

Fu convenuto, che l’indimani, 21 settembre, si sarebbero riuniti in Campidoglio per concretare definitivamente i nomi della Giunta.

La mattina del 21 settembre nessuno quivi si presentò, ed il Costa ed il Rossi rimasero soli. La fatica, l’insonnia li opprimeva; e per quanto si adoperassero, essi non potevano provvedere a tutto, sebbene l’energia del Costa avesse obbligato gl’impiegati Municipali ad andare al loro posto.

Molti cittadini accorrevano continuamente in casa delle mie sorelle per avere notizia del mio arrivo. Io giunsi in Roma la mattina del 21 settembre verso le undici e mezzo — ed inaspettato da tutti.

Il Costa venne anelante dal Campidoglio per condurmi seco. Egli dovette adoperarsi molto onde [p. 19 modifica]persuadermi a recarmi colà; e devo confessare, che vi andai più trascinato che di buona volontà.

Erano le due pomeridiane, quando io, sbalordito dagli avvenimenti, e sotto le vivissime emozioni, cagionate da tante ricordanze, posi il piede in Campidoglio.

Quando io fui informato del vero stato delle cose — quantunque mi si dicesse che la lista dei nomi, la quale mi era offerta, fosse stata acclamata da una riunione di popolo in Campidoglio nella sera precedente — io vidi la necessità di sottoporre questa lista all’approvazione del più grande numero di cittadini, per dare alla medesima un aspetto almeno di legalità. Vidi eziandio ch’era assolutamente indispensabile, che tutti coloro, i quali facevano parte di quella lista, si riunissero per concretare il da farsi.

La lista, che mi fu presentata, era la seguente:

Può essere ch’io abbia dimenticato un qualche altro nome.

Mentre si discuteva, entrarono nella camera il Cav. David Silvagni e suo fratello, l’ex-Maggiore dell’esercito, i quali venivano ad offrirsi per cooperare in tutto ciò che fosse necessario.

[p. 20 modifica]Io aveva la grande fortuna di trovarmi d’accordo con miei intimi amici:

1.º sul non dare alcuna importanza politica a questa Giunta, che secondo noi avrebbe dovuto limitarsi solamente a provvedere a cose municipali, e per brevissimo tempo;
2.º a non fare la minima quistione di partito politico.

Noi ne offrivamo una prova, che non ammetteva alcun dubbio, acconsentendo che uomini dei nostri principj fossero in questa Giunta rappresentati in grande minoranza. Guardando al colore politico, noi eravamo infatti tre contro dieci.

Il Silvagni, quantunque noto per le sue attinenze col vecchio Comitato Nazionale di Roma, e per la sua dipendenza dal Marchese Gualterio, ebbe da noi liete accoglienze. Gli fu chiaramente esposto il largo nostro modo di vedere, sul quale convenne perfettamente; e si restò d’accordo, che alle 7 della stessa sera ci saremmo tutti riveduti in Campidoglio, ove personalmente da tutti noi si sarebbero invitati ad intervenirvi tanto coloro che erano stati designati come membri della Giunta, quanto altri ragguardevoli cittadini. Si provvide intanto alle cose più urgenti, e si emanarono ordini sottoscritti da me, Giovanni Costa e Vincenzo Rossi.

Mi affrettai intanto con Giovanni Costa di recarci da molti cittadini per pregarli ad intervenire la sera in Campidoglio; e ricorderò fra gli altri i distinti Giureconsulti Piacentini e Lunati, che non potemmo in alcun modo vedere; il sig. Augusto Silvestrelli, da cui fummo due volte in casa senza averlo potuto trovare; il sig. Simonetti al Clementino, che ci mise in dubbio se sarebbe venuto; D. Emmanuele dei Principi Ruspoli, che non ricordo cosa rispondesse; e così altri.

Si venivano intanto affiggendo a tutti gli angoli della [p. 21 modifica]città alcune liste stampate di nomi per la Giunta, una forse diversa dall’altra, senza che vi fosse sotto alcun nome, il quale ne indicasse la provenienza. In molte di queste liste — se non forse in tutte — io vi trovava sempre il mio nome. Era dunque evidente che diversi gruppi di cittadini si stavano preoccupando della formazione della Giunta.

Mi condussi presso il Generale Masi, e vi trovai installato — non so in quale qualifica — il Cav. David Silvagni, e vidi nelle sale molti cittadini romani, fra i quali notai i signori Augusto Silvestrelli, Vincenzo Tittoni, Felice Ferri, D. Ignazio dei Principi di Piombino, D. Emmanuele dei Principi Ruspoli, e tutti manifestamente si stavano occupando di concretare una lista definitiva per la Giunta. Tutti ammisero, ch’era indecoroso per Roma, che non si costituisse il più presto possibile un’autorità cittadina; e mi parve che tutti convenissero nelle idee da me chiaramente manifestate di non fare, cioè, quistione di partito politico; e fui da ognuno interessato — in particolar modo dal Generale Masi — perchè volessi anch’io dar mano, onde si formasse questa Giunta, la quale riuscisse accetta alla maggioranza del paese. Io conclusi, che avremmo ottenuto questo scopo qualora tutti fossero convenuti alle 7 della sera in Campidoglio; ed insistetti molto su questo, sopratutto coi signori Augusto Silvestrelli e Vincenzo Tittoni, ch’io poteva supporre pensassero, non riuscirmi essi molto graditi.

Uscito dal Generale Masi, io doveva ad ogni momento fermarmi con un gran numero di persone, le quali si meravigliavano non essersi ancora costituita la Giunta; e fui invitato d’intervenire alle 4 pomeridiane ad una riunione numerosissima di cittadini, tenuta nel Palazzo Bernini al Corso, che aveva provvisoriamente assunto il nome di Circolo popolare, e che oggi si chiama Circolo Romano.

Quando io entrai nella sala, la riunione era [p. 22 modifica]presieduta dal distinto Patriotta Conte Luigi Amedei, ex-Colonnello del Genio, il quale volle ch’io prendessi — tutti consentendolo — il suo posto.

Trovai, che questa riunione, la quale constava di qualche centinaio di cittadini, non solo si stava preoccupando della formazione della Giunta, ma aveva già formulato l’invito pel giorno susseguente, 22 settembre, ad un Comizio Popolare nell’anfiteatro Flavio, dal quale sortisse, per acclamazione, composta definitivamente la Giunta.

Io raccontai ciò ch’era avvenuto fino a quel momento; e spiegando il concetto, ch’io ed i miei intimi amici ci eravamo formati sulla costituzione di questa Giunta, feci vedere l’assoluta necessità di andare perfettamente d’accordo coi diversi gruppi politici. Io non aveva forse bisogno di fare queste raccomandazioni; imperocchè la loro lista già constava nella massima parte di elementi ultramoderati. Si convenne: che pel giorno susseguente fosse pubblicato il manifesto del Comizio di cui per forza mi si volle dare la Presidenza; che si formasse una Commissione dei presenti onde comporre definitivamente la lista per la Giunta; che io, servendo di anello di comunicazione, cercassi di mettere d’accordo le diverse liste, che potevano essere fatte da altri gruppi; finalmente, che questa Commissione venisse in casa mia l’indomani, 22 settembre, con pieni poteri per concretare la lista definitiva che si doveva leggere al Comizio.

Vedendo che la cosa incominciava ad acquistare una forma definitiva, corsi nuovamente dal generale Masi, ove trovai presso a poco lo stesso gruppo di persone. L’annunzio del Comizio, recatovi da me, parmi fosse accolto con molto timore, sopratutto dal generate Masi, il quale doveva pur sapere, per esperienza propria, con quanto ordine si fossero sempre tenute in Roma grandi riunioni di popolo. Fui instantemente pregato perchè mi adoperassi a far contromandare il Comizio, al che mi rifiutai; [p. 23 modifica]ma sulle vive istanze fattemi, garantii che il Comizio si sarebbe tenuto coll’ordine il più perfetto — e tenni diffatti la parola.

Si ritornò quindi sulla lista dei nomi per la Giunta, avendo spiegato a tutti quei signori, che cosa si fosse deciso nel Circolo Popolare; e ricordo che dovetti spendere molte parole per convincerli, che tutto si poteva accomodare facilmente di comune accordo; imperocchè i desiderii dei cittadini del Circolo Popolare erano oltre modo limitati. Mi fu allora data una nota, redatta da quei signori, con 22 nomi, fra i quali vi era il mio e quello di Giovanni Costa, e l’assicurazione che si sarebbe procurato di metterla d’accordo con quella che avrebbe fatta il Circolo Popolare.

Giungemmo così alla sera, in cui erasi deciso riunirsi alle 7 in Campidoglio. Molti intervennero; ma pochissimi fra coloro ch’erano stati designati nella nota del giorno 20. Vennero il cav. David Silvagni ed il cav. Righetti, romano, sotto-prefetto in non so qual parte del Regno. Eglino, trattomi da un lato, mi dissero, che si credeva indispensabile fosse Presidente della Giunta D. Michele Caetani, Duca di Sermoneta; ma che questi si ricusava assolutamente di farne parte, se la Giunta fosse acclamata in un Comizio; che si era pensato fra coloro, i quali convenivano nelle sale del generale Masi, di invitare il duca di Sermoneta a nominare egli stesso la Giunta; che mi pregavano, affinchè io volessi far accettare dai miei amici questa idea.

Risposi, che nello stato in cui stavano le cose, ciò era impossibile, o almeno, ch’io non vi avrei mai prestato mano; che non potevo credere il Duca di Sermoneta facesse questa difficoltà; che tutto al più poteva ciò provenire unicamente dall’essere egli stato male informato. Di questa conversazione fra noi tre, fui pregato allora di non farne parola.

[p. 24 modifica]Si discusse quindi lungamente in comune senza venire ad alcun risultato pratico, mancando moltissimi che erano stati invitati. Ci sciogliemmo dopo aver provveduto alle cose più urgenti, fra le quali la provvista delle carni pel mercato dell’indimani al Foro Boario, che senza questo e senza l’abnegazione del sig. Felice Ferri, non avrebbe avuto luogo, con danno della città.

Un’onda di popolo era venuta nella sera sulla spianata del Campidoglio e dimandava di vedere la Giunta. Fui pregato di dire qualche cosa; e dissi infatti ciò che il cuore mi dettava, informando il popolo che la Giunta si sarebbe nominata nel Comizio del giorno susseguente.

Nella mattina del 22, la Commissione, scelta dal Circolo Popolare, come si è detto di sopra, venne in casa mia, latrice di una lista composta di una quarantina di nomi. Fu oltremodo facile metterla d’accordo con quella che mi era stata data il giorno precedente nelle sale del generale Masi; imperocchè quasi tutti i 22 nomi di essa si trovavano nella nota del Circolo. Fu dunque redatta una lista di 42 nomi, comprendendo tutti i 22 nominati; ed io ebbi facoltà dalla Commissione di accrescerla con altri due nomi, senza riferirne, qualora tale aggiunta fosse richiesta da coloro che si riunivano nelle sale del generale Masi.

Soddisfatto di essere giunto ad un tale risultato, in cui era evidente la nostra abnegazione ed il nostro spirito di concordia, mi recai verso le 11 della mattina dal generale Masi. Ebbi a lottare con molte difficoltà, che mi giunsero inaspettate; imperocchè esaminando i nomi ad uno ad uno, feci rimarcare che sopra 42, nove soli erano di opinioni decisamente avanzate o repubblicane, che si volessero chiamare; in guisa che non si poteva pretendere di più. Finalmente parve si accontentassero; ed il gen. Masi, prendendo in mano la lista, m’invito di andare seco presso il gen. Cadorna, dal quale fummo in pochi istanti.

[p. 25 modifica]Non vidi il generale Cadorna, perchè volli che il Masi potesse liberamente parlare con lui. Osservai intanto un andirivieni di molti fra quei signori, già incontrati nelle sale del Masi, il quale uscito finalmente colla stessa lista in mano, mi disse: tutto adesso dipende dal Duca di Sermoneta; s’egli accetta la lista, tutto va bene.

Andammo direttamente — era verso il mezzogiorno — dal Duca di Sermoneta, accompagnati dal sig. Volpicelli che avevamo trovato dal generale Cadorna. Nel tragitto il generale Masi si espresse senza reticenze sull’adozione della lista; e solo ritornava sul discorso del Comizio, facendomi spesso ripetere la parola, già data, che tutto sarebbe finito nell’ordine il più perfetto.

All’entrare nell’appartamento del Duca di Sermoneta, ne usciva il dottor Pantaleoni, ch’io non presi per buon augurio. Rimasi nell’anticamera; ed il generale Masi col sig. Volpicelli entrarono dal Duca. Sentii un discutere concitato, e la voce alta del Duca che mi sembrava di un tuono irritato. Poco dopo ne usci il general Masi, che mettendosi le mani nei capelli mi disse, esservi stato certo qualcuno, il quale aveva fatto cambiare il Duca di opinione, avendolo trovato tutto il rovescio da quello che s’era mostrato la sera precedente; e che il duca non avrebbe accettato di essere della Giunta, se la nomina non venisse direttamente dal Governo di Firenze.

Erano scorsi appena pochi minuti; ed il sig. Volpicelli uscì correndo dalla camera del Duca, invitandoci ad entrare subito; giacchè sembrava egli fosse ritornato alle opinioni della sera precedente.

Pronunziato il mio nome dal generale Masi, il sig. Duca — che ha oggi il grande infortunio di essere cieco — mi stese cortesemente la mano; e disse di me le cose più cortesi, ricordando le nostre relazioni del 1849, e concludendo, che con un uomo quale io sono, egli era contentissimo di trovarsi insieme. Entrammo allora in [p. 26 modifica]discussione. Il signor Duca parlò moltissimo e sempre collo spirito, che gli è abituale, dando però manifestamente a divedere come egli fosse preoccupato dall’agitarsi del popolo, e concludendo, ch’egli non riconosceva allora in Roma altra autorità, fuori di quella del Re Vittorio Emmanuele.

Il generale Masi cercò calorosamente di ribattere le difficoltà promosse dal Duca perchè fosse acclamata la lista della Giunta in un Comizio popolare, e perchè vi fossero nella lista alcune persone note pei loro principii repubblicani. Io feci il resto dando spiegazioni più ampie.

Il signor Duca allora, arrendendosi alle nostre ragioni, disse queste testuali parole: = A me già non fanno paura i repubblicani, come non mi ha mai fatto paura nessuno, nemmeno il Governo del Papa. =

Io lessi allora tutta la lista dei 42 nomi, che fu pienamente approvata dal signor Duca, colla condizione espressa però, che vi si aggiungessero altri 2 nomi, cioè, quelli del principe Augusto Ruspoli e del Conte Bosio Sforza Cesarini.

Così verso un’ora e mezzo pomeridiane — pochi momenti, cioè, prima del Comizio popolare dell’Anfiteatro Flavio —   venne approvata la lista dei nomi dal general Cadorna, dal general Masi e dal Duca di Sermoneta.

Il Comizio popolare, malgrado le mene di chi cercò mandarlo a vuoto collo spargere nella mattina le notizie le più contradditorie fu oltremodo numeroso ed ebbe esito fortunato. Se ne leggerà il verbale inserito tra i Documenti (1).

Nemmeno gli ortodossi debbono aver trovato ragione di esserne malcontenti; imperocchè sulla proposta dell’avvocato Carancini, il Comizio votò un rendimento di grazie al Re, ai Ministri, ed alle armate di terra e di mare; e non voglio credere sia riuscito discaro al loro orecchio il saluto fragoroso, che il Comizio inviò al generale [p. 27 modifica]Garibaldi. Si troveranno fra i documenti le risposte che io ebbi l’onore di ricevere dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal generale Garibaldi (2).

Terminato il Comizio, ci recammo in pochi al Campidoglio, ove dato sesto a ciò ch’era indispensabile, furono mandati gl’inviti a tutti i 44 signori compresi nella lista, pregandoli di trovarsi l’indomani alle 11 della mattina in Campidoglio.

Spossato dalla fatica sostenuta per 36 ore continue, volli ciononostante, prima di ritirarmi, vedere il Generale Masi, che trovai, posso dire, in uno stato convulso. Egli mi dichiarò, che il Generale Cadorna non voleva più riconoscere quanto si era fatto, ma che voleva nominare la Giunta di sua autorità. Egli mi disse di attenderlo nelle sue sale, finchè ritornasse dal Generale Cadorna, che si lusingava di rimuovere dal suo proposito.

Io ricusai ed uscii da Monte Citorio compiangendo la cecità di tali uomini, che si mandano a governare dei paesi, ed un paese come Roma.

La mattina susseguente infatti comparve un manifesto del Generale Cadorna che di propria autorità — contradicendo a quanto aveva fino allora scritto e detto — nominava la Giunta Romana.

Alle 11 antimeridiane, la Presidenza di fatto della Giunta, acclamata nel Comizio popolare, si recò al Campidoglio, che trovammo occupato militarmente, ed un Delegato di pubblica sicurezza ed un Capitano dei Bersaglieri, nemmeno ci permisero di montare sul piazzale del Campidoglio.

Redigemmo allora una protesta, (3) che recammo dal Notaro degli Abbati, perchè in forma notarile la intimasse al Generale Cadorna; ma il Notaro non potè far registrare l’atto, essendosi opposto il Preposto del registro; e così noi dovemmo in forma privata mandare questa [p. 28 modifica]protesta al Generale Cadorna, consegnandola al suo Capo di Stato maggiore.

Dopo quattro giorni, come io aveva già divisato prima di entrare a Roma, ne partii tranquillamente per Venezia.

Ho dovuto essere prolisso, perchè dai minimi particolari si veda fin dove giungesse la nostra longanimità, e la nostra abnegazione.

La parola di concordia partì, come sempre, dal partito avanzato, al quale io mi onoro d’appartenere.

I commenti al lettore.

Mattia Montecchi.