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Non vidi il generale Cadorna, perchè volli che il Masi potesse liberamente parlare con lui. Osservai intanto un andirivieni di molti fra quei signori, già incontrati nelle sale del Masi, il quale uscito finalmente colla stessa lista in mano, mi disse: tutto adesso dipende dal Duca di Sermoneta; s’egli accetta la lista, tutto va bene.

Andammo direttamente — era verso il mezzogiorno — dal Duca di Sermoneta, accompagnati dal sig. Volpicelli che avevamo trovato dal generale Cadorna. Nel tragitto il generale Masi si espresse senza reticenze sull’adozione della lista; e solo ritornava sul discorso del Comizio, facendomi spesso ripetere la parola, già data, che tutto sarebbe finito nell’ordine il più perfetto.

All’entrare nell’appartamento del Duca di Sermoneta, ne usciva il dottor Pantaleoni, ch’io non presi per buon augurio. Rimasi nell’anticamera; ed il generale Masi col sig. Volpicelli entrarono dal Duca. Sentii un discutere concitato, e la voce alta del Duca che mi sembrava di un tuono irritato. Poco dopo ne usci il general Masi, che mettendosi le mani nei capelli mi disse, esservi stato certo qualcuno, il quale aveva fatto cambiare il Duca di opinione, avendolo trovato tutto il rovescio da quello che s’era mostrato la sera precedente; e che il duca non avrebbe accettato di essere della Giunta, se la nomina non venisse direttamente dal Governo di Firenze.

Erano scorsi appena pochi minuti; ed il sig. Volpicelli uscì correndo dalla camera del Duca, invitandoci ad entrare subito; giacchè sembrava egli fosse ritornato alle opinioni della sera precedente.

Pronunziato il mio nome dal generale Masi, il sig. Duca — che ha oggi il grande infortunio di essere cieco — mi stese cortesemente la mano; e disse di me le cose più cortesi, ricordando le nostre relazioni del 1849, e concludendo, che con un uomo quale io sono, egli era contentissimo di trovarsi insieme. Entrammo allora in