La fisica dei corpuscoli/Capitolo 4/7

Capitolo 4 - Moti browniani

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7. — Moti browniani.Piccole particelle, delle più piccole fra quelle che sono ancora visibili con forti mezzi di ingrandimento, sospese in un fluido, in particolare in un liquido, restano in continua agitazione senza che questa sua provocata da un agente esterno, e senza seguire leggi determinate eccetto quelle che sono proprie del calcolo delle probabilità e della distribuzione dell’energia.

Il fenomeno fu visto per la prima volta dal Brown botanico inglese nel 18271. Egli osservò al microscopio che granelli di polline della Clarkia pulchella immersi nell’acqua avevano dei moti di agitazione incessanti. Il fenomeno si ripeteva anche con polline di altre sostanze, anzi anche con polvere di sostanze inorganiche, il che escludeva l’ipotesi che fossero dovuti a fenomeni di vita di quei granelli. Si può dire in generale che ogni volta che si hanno particelle sufficientemente piccole, sospese in un fluido, esse restano in un continuo movimento in qua e in là, in su in giù, di traslazione, di rotazione, senza nessuna regolarità, senza nessuna tregua. Il fenomeno non diminuisce col tempo e non è influenzato dalle cause esterne. Esso è perfettamente visibile all’ultramicroscopio, ma spesso anche con un microscopio semplice.

Per molto tempo non si seppe dare nessuna spiegazione del fenomeno. Il Wiener per il primo nel 18632 disse che la causa doveva cercarsi nella natura stessa del liquido, e la sua affermazione fu confermata da tutti gli sperimentatori successivi. Ora cause interne, inerenti allo stato fluido della sostanza in cui le particelle sono sospese, potevano essere o forze elettriche o urti molecolari. La prima ipotesi si esclude subito perchè il tipo di agitazione in cui [p. 93 modifica]si vedono le particelle è tale che anche uno sperimentatore poco esperto non può attribuirla a causa di natura elettrica; inoltre è stato anche sperimentalmente dimostrato dallo Svedberg3

Resta dunque che i moti siano dovuti agli urti molecolari. Immaginiamo la particella sospesa in mezzo alla massa fluida come sarebbe una sfera in mezzo ad una nebbia di proiettili che si lanciano in tutte le direzioni. In ogni istante arrivano sulla sfera un numero assai grande di proiettili, e se le dimensioni della sfera sono abbastanza grandi si può asserire, secondo i criteri delle probabilità, che ad ogni istante la distribuzione dei punti colpiti è uniforme su tutta la sua superfice; e allora le spinte che essa riceve in un senso sono neutralizzate da quelle che riceve in senso opposto e la risultante di tutte queste azioni è nulla. Ma quando il numero degli urti non è abbastanza grande da raggiungere l’uniformità di distribuzione, come quando la sfera sospesa non è sufficientemente grande, la somma di tutti gli urti non si annulla, e la sfera è sottoposta all’effetto di una risultante la cui direzione varia da un istante all’altro, la cui intensità, però, varierà solo entro piccoli limiti.

Si comprende come la mobilità delle particelle sospese in un fluido sarà tanto maggiore quanto minore e la loro massa, in modo tale che la loro agitazione si rende visibile solo quando sono sufficientemente piccole.

E la piccolezza delle particelle è anche richiesta da un altro fatto. Acciocchè queste restino sospese quando, come in generale avviene, la loro densità non è perfettamente eguale a quella del fluido in cui si trovano, è necessario che la forza di gravità sia vinta dagli urti molecolari. Quanto più grande [p. 94 modifica]dunque è la densità relativa delle particelle rispetto al fluido, tanto più piccole devono essere le dimensioni loro perchè se ne renda apprezzabile l’agitazione.

Questo concetto sulla natura dei moti browniani fu svolto e perfezionato de Delsaux e Carbonelle (1877) poi dal Gouy (1898) e più recentemente Einstein4 e Smoluchowrki 5 ne hanno dato la teoria.

Il Perrin6 infine ha sottoposto il concetto e la teoria al controllo sperimentale.

Note

  1. R. Brown, Pogg. Ann. 14, p. 294 (1828).
  2. Chr. Wiener, Pogg. Ann. 118, p. 79 (1863).
  3. The Svedberg, Studien zur Lehre von den kolloiden Lösungen. Upsala, 1907.
  4. Einstein, Drude’s Ann. 17, p. 549 — 19, p. 289, 371 (1906).
  5. M. v. Smoluchowski, Drude’s Ann. 21, p. 759 (1906).
  6. Perrin, C. R. 146, p. 967 — 147, p. 530, 594 e altrove.