La fisica dei corpuscoli/Capitolo 4/2
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2. — Leggi delle soluzioni. — Quando una sostanza solida viene disciolta in un liquido essa si comporta nello spazio che le è concesso, ossia in tutto il volume della massa liquida, come si comporterebbe un gas in un determinato volume ad esso riservato.
Il gas libero di muoversi si espande subito fino ad occupare tutto lo spazio libero, si distribuisce uniformemente ed esercita una pressione sulle pareti dal vaso. Il suo comportamento ubbidisce alle leggi di Boyle per ciò che riguarda la relazione tre pressione e volume, a quella di Gay Lussac per l’effetto della temperatura, e si conforma all’ipotesi di Avogadro circa il numero delle sue molecole. Queste tre leggi di Boyle, di Gay Lussac e di Avogadro sono dimostrate nella teoria cinetica.
Altrettanto avviene per le sostanze disciolte. Immaginiamo in un recipiente una certa quantità di acqua che contenga disciolta una sostanza, per es. zucchero. Ogni porzione del liquido contiene una corrispondente quantità di zucchero. Aggiungiamo dell’acqua con l’avvertenza che non si mescoli alla soluzione, ma ne resti separata per la diversa densità. Sarà come quando si fosse accresciuto il volume assegnato ad un gas: il gas si distribuisce uniformemente in tutto il volume. Così lo zucchero si diffonde in tutto il nuovo spazio in cui si può muovere, non ostante la differenza di densità, e va penetrando più o meno rapidamente nel nuovo volume di acqua aggiunto, e in poco tempo è distribuito uniformemente in tutta la massa dell’acqua.
Di più. Esercita una pressione sulle pareti appunto come farebbe il gas. Lo dimostrarono le esperienze del Pfeffer fin da1 1877. Sia un vaso poroso con una parete semipermeabile, tale cioè che permetta il passaggio dell’acqua ma non quella dello zucchero. Il vaso sia ripieno di soluzione e nella sua parte superiore comunichi con un tubo che finisca in un manometro ad aria libera, e si immerga in un recipiente di acqua. Il manometro segna una differenza di livello dovuta ad una pressione esercitata dalla soluzione. Se il vaso poroso comunicasse semplicemente con un tubo verticale aperto, la pressione che la soluzione esercita sulla parte semipermeabile provocherebbe una reazione che avrebbe per effetto una penetrazione di acqua attraverso quella parete, fino a formare un tale dislivello tra il liquido esterno e il livello della soluzione nel tubo che compensa quella reazione e misura la pressione della soluzione. Questa pressione è quella che prende il nome di pressione osmotica. Essa è proporzionale alla quantità di sostanza disciolta nell’unità di volume dell’acqua, ossia alla sua concentrazione. Appunto come in un gas la pressione che esso esercita è proporzionale, si può dire, alla sua concentrazione, o al numero di molecole che sono presenti nell’unità di volume.
Le misure di van t’Hoff hanno dato per la pressione osmotica questa formola:
85) | , |
dove è una costante, T la temperatura assoluta, la massa di sostanza disciolta nel volume del solvente, e quindi è la concentrazione. Quella formola si può anche scrivere
86) |
che è del tutto analoga alla formola
dei gas, e quindi ci dice che per un valore determinato di T e di m il prodotto pv è una costante. È la legge di Boyle applicata alle sostanze in soluzione.
Le esperienze di Pfeffer e gli studi di van t'Hoff hanno anche dimostrato l’eguaglianza numerica tra la pressione osmotica e la pressione della stessa sostanza allo stato di gas. Vi sono delle sostanze, come è noto, che possono esistere sotto forma di gas e possono anche essere in soluzione. Ebbene se si prende per es. una determinata quantità di anidride carbonica allo stato di gas in un determinato volume, la pressione che essa esercita è eguale alla pressione osmotica che eserciterebbe se fosse disciolta in un volume eguale di un solvente1.
Di più la pressione osmotica dipende dalla temperatura come ne dipende la pressione dei gas. Anzi il coefficiente di aumento di pressione per effetto della temperatura è lo stesso per i gas e per le soluzioni. In altri termini la legge di Gay Lussac è dimostrata sperimentalmente anche per le pressioni osmotiche.
Finalmente se in volumi eguali di uno stesso solvente sciolgono quantità di sostanze proporzionali al loro peso molecolare, per es. un grammomolecola di ciascuna, le soluzioni hanno la stessa pressione osmotica. Viceversa se volumi eguali di soluzioni di diverse sostanze, a parità di altre condizioni esercitano pressioni eguali, le quantità di sostanze disciolte sono proporzionali ai loro pesi molecolari o ciò che è lo stesso contengono lo stesso numero di molecole. È la legge di Avogadro estesa alle soluzioni.
Tutto questo ci autorizza a pensare che lo stato di separazione di una sostanza disciolta sia del tutto simile a quello che possiede una sostanza allo stato gassoso.
Note
- ↑ C’è un eccezione per gli elettroliti. In questi la pressione osmotica è più grande di quella che è dovuta al numero di molecole disciolte. Ciò si spiega pensando che le molecole stesse nell’elettrolite vengono separate nei loro ioni.