La donna volubile/Nota storica
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Atto III |
NOTA STORICA
L’ora incalzava e la promessa voleva essere mantenuta. Al Corneille, al Molière, al Regnard era già ricorso. Questa volta il lieve stimolo necessario al suo genio in tanta ressa di lavoro gli viene da uno degli astri minori di Francia. L’Irrésolu del Destouches (V. Premessa) spiega la sua volubilità nella scelta di una sposa — fra tre che ne ambiscono le nozze: volubilità dovuta al dubbio sempre nuovo sul carattere e sulla idoneità di ciascuna a render felice un marito. Solo da un’indole sofistica all’estremo deriva la sua incostanza. Il carattere avrebbe apparenza di studio profondo, se l’esagerazione della tesi incarnatavi non lo privasse d’ogni verità. L’Irrésolu è una commedia che non persuade e, quel ch’è peggio, povera d’azione e scarsa di comicità, non diletta. Il Goldoni lesse, avvertì i difetti e intravvide il lavoro ben più vivo che poteva scaturire da un soggetto affine. Con l’intuizione del reale, che nessun altro scrittore drammatico ebbe così pronta, rimedia anzi tutto al primo e più grosso errore de! Destouches. Prototipo della volubilità doveva essere una femminetta: non dunque Lelio o Florindo, ma Rosaura si fa centro dell’azione. Con questo neanche il Goldoni scansa del tutto l’appunto di inverisimiglianza, perchè la figura è caricata, e troppo frequenti si succedono le prove d’incostanza. Il carattere di Rosaura, vivo com’è e tutto azione, tradisce più la facilità del comporre, pregio sempre alto dell’arte goldoniana, che studio meditato d’esecuzione. Non è lode eccessiva questa data dal Merz a Rosaura, donna volubile? «Rosaura è uno de’ pochi caratteri femminili dal Goldoni felicemente disegnati, un capolavoro di pittura minuta, un tipo di fanciulla viva fin ne’ minimi particolari e ben lontana dalle sbiadite figure di ragazza che tornano nella maggior parte delle sue commedie» (C. G. in s. Siellung zum franz. Lustspiel. Leipzig, 1903, p. 47). Viva sì, e a far scattare la facile molla della volubilità contribuiscono questa volta — cause tutto esteriori — invidiuzze e gelosie di sorelle e di amiche. Di là la grande agilità della commedia che corre spedita, e, pregio essenziale d’un lavoro scenico, non tedia. Assai giustamente lo stesso Merz conclude il suo parallelo con l’Irrésolu tutto a favore del Veneziano: «La D. v. può sostenere benissimo il confronto con l’Irrésolu. La commedia italiana ne’ suoi caratteristici particolari, tolti alla vita, supera di molto il modello francese» (ivi). Del quale non la Premessa, ma le Memorie tacciono affatto, come là dove toccano della Finta ammalata, nessun accenno si legge all’Amour médecin. Se Rosaura finta ammalata, secondo l’ottuagenario autobiografo, doveva essere Teodora Medebac in persona, anche questa commedia gli era stata suggerita solo dai capricci d’un’attrice (Mem. P. II, c. XI ). Difetto di memoria? Ma teneva pur sott’occhio le premesse nell’edizione del Pasquali, guida sicura nello stendere in nuova forma i suoi ricordi. Non la memoria l’abbandonava. Era forse un silenzio consigliato dal malvolere di certa critica parigina, cui bastava l’identità d’un titolo, d’un nome, a far del Goldoni un plagiario o un misero imitatore dei francesi. E le due commedie, massime in ciò che ne forma i pregi principali, erano sue. No, non s’era scordato del Destouches dettando le Memorie. O non mirano dritto dritto all’autore dell’Irrésolu queste parole: «Ce caractère est par lui-meme comique, mais s’il n’est pas égayé par des situations intéressantes et agréables il pourroit facilement devenir ennuyeux». Il Destouches è però ricordato nella Premessa; ma nè questa nè le Memorie fanno per la D. v. il nome del Molière; eppure nella gara delle due servette alla conquista di Brighella (I 13) appare evidente un ricalco molieresco dal Festin de pierre. (II. 5. 6) (Rabany, op. cit. p. 337; Maddalena, Scene e figure molieresche imitate dal Gold. Riv. teatr. it. Vol. 10 [1905], pp. 57-59). Difetto di memoria potrà invece scorgersi nella notizia «la pièce fit tout l’effet que je pouvois desirer» (Mem. ivi), l’esito lieto cioè che ogni autore s’augura, mentre nel Complimento di Rosaura, epilogo alle sedici, il G. ammoniva sè stesso «la Volubile dovevi farla megio se savevi» e più sotto, detto dell’Avventuriere «sta comedia ha piasso assae», aggiungeva «la Volubile mo gnente». Un fiasco dunque, certo però men meritato d’altre che nel ciclo famoso ebbero miglior sorte. Neanche gli studiosi del teatro goldoniano vollero essere a questa D. v. giudici severi. Fu rivelato si giustamente dal Toldo (Molière en Italie. Journ, of. comp. literature, 1903, p. 241) che l’ingenuità di Diana passa il limite del credibile, e nel disegno sbagliato di questa figura il Rabany (op. cit. p. 206) scorge traccie della Commedia dell’arte e n’arguisce quanto fosse ancora imperfetta la riforma, ma venta nel carattere della protagonista rilevano e lodano il Salfi (Saggio storico-critico della comm. it. Mil. 1829, p. 48), il Tambara (La Locandiera con introduzione e commento, 1901, p. 15). La comprende il Royer (Hist. univ. du Théàtre. Paris, 1870, vol. IV, p. 292) tra le commedie che offrono qualche buon particolare nell’osservazione di costumi, il Perrens (Hist. d. la litt. it. Paris, 1867) tra i lavori buoni, anzi eccellenti, se Goldoni avesse saputo congiungere allo studio de’ caratteri troppo episodici la gaiezza che nel Molière n’è parte integrante. Di questa D. v. R. Bracco conforta la sua tesi che «il teatro goldoniano non è quasi mai una requisitoria alla femminilità», (La donna, 20 febbr. ’07) e aggiunge: «Anche quando un po’ di critica fa capolino — come nella D. v. — la grazia onde l’autore arguto costruisce il tipo preso di mira attenua scenicamente i torti deplorati, sicchè la critica fustigatrice ha carezze ed ha moine da innamorato». Ma in questa Rosaura non avvertì davvero le note simpatiche, delle quali femmine capricciose non vanno sempre prive. Fu forse più omaggio al buon senso dei tre pretendenti che alla morale in fin di commedia (come vuole il Merz), se Rosaura resta zitella. Ma, sia questa opera umanitaria o castigo, non ne tien conto alcuno chi, citando a orecchio il titolo della commedia, ne fa senz’altro una Moglie capricciosa (Aliati, C. G. L’Ordine. Como, 28 febbr. 1907). Qual documento è, in una, satira della moda femminile, la D. v. fu messa a contribuzione da A. V. Bisconti (La dama e la sua toletta nel 700. Natura ed arte. VIII, n.i 19, 20). E alla cerchia degli studiosi pare davvero limitata del tutto la sua fortuna, perchè le — ahi troppo scarse — fonti ed repertori de’ nostri teatri non ne rammentano altre esecuzioni dopo la recita (le recite?) di Venezia. Meritava certo sorte migliore. Pure si tradusse una volta, in ispagnolo (La muger variable. Barcelona. J. F. Pifferer).
Alla lunga nevrastenia (V. Premessa) che tenne il Goldoni inoperoso per ben cinque mesi del 1754, prima a Modena, poi a Milano, si riferiscono due sue lettere (Racc. Urbani, p. 80; Masi, p. 116): più diffusamente ne discorrono le Memorie (P. II, c. 21) e la Premessa all’Impostore (Ed. Paper, voil. VII). Vi aveva dato occasione, narra il G., la morte dell’Angeleri, avvenuta tra le quinte del Teatro Ducale di Milano durante una recita (Paglicci Brozzi. Il r. duc. Tea. di Mil. n. sec. XVIII. Mil. Ricordi, 1893-94, p. 77). e ne fu forse ragione più forte il lavoro eccessivo di composizione e pubblicazione, cui si sobbarcava allora il Nostro. Di questa malattia egli trasse partito pel suo teatro scrivendo il Medico olandese, nel quale, oltre al famosissimo Boerhaave (Mem. P. II, c. 31 ), è lecito forse vedere, anche per qualche affinità ne’ nomi (Bainer, Baronio), lo stesso dottore (V. Premessa) che con tanto buon esito l’aveva curato, seguendo press’a poco i metodi del suo celebre confratello d’Olanda (Mem. P. II, c. 22 , 31 ).
A ciò che del co. modenese Giovanni Colombo si legge nella dedicatoria, si può aggiungere ch’egli dopo trent’anni d’impieghi onorevolmente sostenuti a Venezia e fuori (era stato Residente per la Serenissima a Torino, e a Milano) il 17 dicembre 1765 fu eletto a pieni voti Cancellier Grande (Cfr. Componimenti poetici in occasione del glorioso ingresso di S. E. il sig. C. G. cav. a Canc. Grande. Venezia, Garbo, 1766). «L’illustre dama», traduttrice del Destouches, è la duchessa Maria Vittoria Serbelloni, ben nota agli studiosi della letteratura settecentesca per i rapporti suoi col Parini e con altri scrittori lombardi (Carducci, Opere, vol. XIV. p. 20 sgg.). Col riserbo a lui consueto il G. qui non ne fa il nome, perchè la traduzione (Il Tea. comico del sig. Destouches dell’Acc. franc., novellamente in nostra favella trasportato. Mil., Agnelli, 1754), fatta per suggerimento di Pietro Verri (L. Ferrari. “Del Caffè„ period. milan. del sec. XVIII, Pisa Nistri, 1899, pp. 12, 13), era uscita anonima. A lei il G. dedicò tre anni dopo la Sposa persiana e pure nel 1757 alcuni versi per nozze Ottoboni — Zulian (Spinelli, Gli amici del G. a Mil. in Misc. del Teatro Manzoni, 1907, p. 26 e Bibliografia goldoniana, p. 234).
E. M.
Questa commedia fu stampata la prima volta nel t. VIII dell’ed. Paperini di Firenze che porta la data del 1754, ma uscì nella primavera del 1755: e subito dopo a Pesaro (Gavelli, VIII, falsam. ’54), a Bologna (Corciolani, X, ’55), a Torino (Fantino e Olzatl, X, ’57). Altre ristampe si ebbero a Torino (Guibert e Orgeas, XI, ’73), a Venezia (Savioli, X, ’75; e Zatta, ci. 2.a, t. X, ’91), a Livorno (Masi), a Lucca (Bonsignori) e altrove nel Settecento. Non si ritrova nelle edd. Bettinelli e Pasquali di Venezia. — La ristampa presente seguì il testo più curato dell’ed. Paperini: ma valgono anche per questa le osservazioni già fatte per le commedie precedenti.