Memorie di Carlo Goldoni/Parte seconda/XXI

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Carlo Goldoni - Memorie (1787)
Traduzione dal francese di Francesco Costero (1888)
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Parte seconda - XX Parte seconda - XXII

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CAPITOLO XXI.

La Cameriera brillante, commedia in prosa di tre atti. — Suo mediocre successo. — Il Filosofo inglese, commedia di cinque atti in versi e a scena fissa. — Suo magnifico incontro. — La Madre amorosa, commedia di tre atti in prosa, suo buon successo. — Le Massaie Veneziane, commedia in versi e cinque atti.

Convien ritornare all’anno 1753, da cui io m’ero allontanato per non interrompere il seguito delle tre Persiane. Dopo la prima di queste tre commedie orientali, ne esposi una di tre atti, ed in prosa, di gusto familiare, intitolata La Cameriera brillante. In Italia l’adiettivo brillante si adopra in diverso senso; in francese si direbbe, La Soubrette, Femme d’esprit. La scena si figura in una villa di Pantalone. Questo negoziante veneziano ha due figlie, e ognuna di esse ha il suo amante. Flaminia ama Ottavio che ha più nobiltà che sostanze, e Clarice ama Florindo plebeo, ma ricco. Le due sorelle pertanto, la maggiore delle quali è molto quieta e la minore all’opposto vivacissima, vengono a contrasto intorno al merito dei respettivi amanti; Argentina, cameriera d’ambedue, procura di placarle e di appagare il loro desiderio. Essa è ben affetta al padrone di casa, a cui fa fare ciò che vuole: onde un giorno, malgrado l’austerità di lui, fa venire gli amanti delle due ragazze, li fa pranzare con lui a dispetto della sua avarizia, e giunge perfino ad ottener l’assenso, che si reciti una commedia in casa propria, e l’obbliga a prendervi egli pure una parte. In questa commedia appunto, di cui Argentina avea fatto l’abbozzo, vengono scoperti gli amori delle figlie di Pantalone, e riesce alla cameriera, col suo maneggiarsi, di effettuare il loro matrimonio. La commedia era molto allegra, molto dilettevole, ed Argentina sostenne la sua parte con somma valentia e vivezza; insomma fu molto applaudita; ma [p. 203 modifica]siccome i versi della Sposa Persiana avean fatto impazzar tutti, il pubblico perciò chiedeva dei versi. Bisognò contentarlo, onde il carnevale seguente misi in scena il Filosofo inglese. La scena rappresentava un capo-via della città di Londra con due botteghe una delle quali è un caffè, l’altra un magazzino di libri.

In quel tempo si spacciava in Italia con molta voga lo Spettatore inglese, foglio periodico, che si vede ora per le mani di tutti. Le donne veneziane non erano allora troppo amanti di leggere; ma preso molto gusto alla lettura di tal opera, cominciarono a divenir filosofesse. In quanto a me, ero incantato vedendo l’istruzione e la critica introdursi nel gabinetto di abbigliamento delle mie care compatriotte, onde composi la commedia di cui son per dare adesso l’estratto. Il garzone del caffè con quello del negozio di libri aprono la scena, parlando dei fogli periodici che compariscono giornalmente a Londra, e facendo nel tempo stesso cadere il discorso sopra quei soggetti originali che continuamente capitano alle loro botteghe: danno in questa maniera al pubblico un’idea del disegno della commedia e del carattere dei personaggi. Giacomo Mondoille è un filosofo che già gode la più alta stima. La signora de Brindes, donna che non manca di cognizioni, e vedova di un inglese milionario, conosce il merito del Mondoille, gli professa stima in pubblico e amore in segreto. Milord Wambert ama la signora de Brindes, e avrebbe volontà di sposarla; pertanto fa la confidenza della sua passione e delle sue mire a Giacomo Mondoille, il quale da uomo ingenuo gli fa rilevare che una donna dotta non è adattata ad un giovine che è tutto dedito al gran mondo e punto propenso per la letteratura; il lord gli crede, e renunzia del tutto alla sua idea: ma i maligni che ben si accorgono dell’inclinazione della vedova, e son di pensiero che il filosofo non sia per ricusar di mutare stato, dicono pubblicamente che questo è un matrimonio già stabilito. Milord Wambert presta orecchio ai discorsi del pubblico, e si reputa ingannato; onde va in traccia del Mondoille e lo minaccia. L’uomo intrepido risponde, ragiona, e fa arrossire il giovine lord; egli perciò restituisce all’uomo saggio tutta la stima, tutta la sua amicizia.

Vi sono poi in questa commedia due personaggi comici, uno dei quali si vanta di avere scoperto la causa del flusso e riflusso del mare, e l’altro di aver trovato la quadratura del circolo. I loro discorsi, la loro maniera di condursi, i loro raziocini, le loro critiche, ravvivarono a segno questa composizione, che essa pure riportò un successo fortunatissimo. Avrei voluto di buon grado appagare il pubblico, e levargli la voglia dei versi, ma anche la prosa aveva i suoi partigiani: onde, essendo d’uopo contentare i primi, senza disgustare i secondi, diedi ai dilettanti della vera commedia la Madre amorosa, commedia in prosa di tre atti. Donna Aurelia, vedova di un uomo di qualità, viveva con Lauretta sua figlia nella casa del defunto, insieme con donna Lucrezia sua cognata, e moglie di don Ermando. Lauretta si trovava nell’età nubile; e siccome il suo genitore era morto senza far testamento, lo zio e la zia si erano impadroniti e dei beni e della persona di lei, avendo volontà di collocarla con un finanziere ricchissimo che aveva però più vizi che virtù. La madre che nutriva per lei un tenero affetto, vi si opponeva con tutte le forze. Ma la figlia, stordita, e che per la voglia di esser maritata avrebbe sposato il primo che le fosse venuto incontro, era d’accordo con i suoi maggiori, mentre questi altro in sostanza non cercavano, se non di disfarsi di lei con poca [p. 204 modifica] spesa per godere i frutti della sua eredità. Donna Aurelia ha un bel dire ed ha un bel fare, ma non è ascoltata. La legge concede ai parenti del padre la tutela dell’orfana, e Lauretta chiede marito.

Amico di donna Aurelia è don Ottavio, uomo di somma saviezza, di nobil nascita, e onoratissimo, che era in relazione con questa dama fin da quando viveva il marito di lei, a cui aspirava di succedere. Questa donna professava dal canto suo molta considerazione per tal uomo stimabile, avendo perfino fatto conto di sposarlo dopo il suo anno di vedovanza e dopo il collocamento di Lauretta. Ma per l’amore di una figlia ingrata sagrifica piuttosto il suo vantaggio e la sua inclinazione, tanto adoprandosi con le sue preghiere, lacrime e persuasive, che finalmente l’obbliga a dar la mano a Lauretta. Questa contenta di avere un marito, non vi si oppone. Frattanto la generosità di don Ottavio concede allo zio e alla zia di lei, loro vita durante, il frutto dei beni della nipote, e la madre aggiunge a tanti sacrifizi da lei fatti quello ancora della sua dote in favore della figlia, altro per sè non riservando che una scarsa rendita per vivere in un convento. Ci voleva veramente questo trionfo dell’amor materno per fare scordare ai dilettanti dei versi che la mia commedia era in prosa: essa ebbe un successo molto significante; le donne tutte andavan orgogliose della virtù di Aurelia, ma non ve ne era forse neppur una che avesse avuto cuore d’imitarla. Non mancava molto tempo alla chiusura del teatro, onde bisognava divertire il pubblico, e ringraziarlo nel tempo stesso di avere concesso il suo favore alla commedia da me esposta. Fui di parere, che Le Massaie, commedia veneziana, avrebbe potuto soddisfare pienamente le mie intenzioni: la esposi adunque con tutta fiducia, nè ebbi motivo di pentirmene. Il soggetto di essa è preso dalle persone dei più basso ceto della società civile; ma è però sempre vero che la natura in tutte le classi offre e dei cittadini ragguardevoli, e dei difetti da correggere. La commedia pertanto di cui si tratta, è più divertevole che instruttiva. Hanno le massaie di Venezia per privilegio incontrastabile un giorno di libertà nel corso del carnevale ad oggetto di valersene unicamente per divertirsi. Queste donne ricuserebbero senza dubbio le migliori condizioni, piuttostochè perdere il diritto di tal giornata. Quello che vi è di più gradevole sono le critiche e le maldicenze di esse sul proposito dei cattivi maneggi domestici. La morale, che non guadagnerebbe nulla sull’animo delle donne di servizio, diviene utilissima per la correzione delle padrone. Non starò qui a dar l’estratto di una commedia la cui sostanza non può essere di alcun rilievo: contentandomi soltanto di dire, che malgrado la sua debolezza piacque moltissimo. Nè dee recar maraviglia: commedia in versi, tema veneziano, i giorni ultimi di carnevale; poteva mai fallire il colpo?