La chioma di Berenice (1803)/Nota sulle altre traduzioni
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nota.
Di due altre versioni ho saputo, dopo ch’era già stampato il discorso primo, ove s’è detto di quelle che mi eran note. Una in terzine di Saverio Mattei, l’altra in versi sdruccioli del Pagnini. Ecco alcun saggio della prima. Verso del testo 7 — 9: della nostra versione 6 — 12.
Me quell’istesso ancor saggio Canone
Splender già vide, e a tutti ajj’erma e dice
Ch’io son nella celeste regione,
Io che chioma già fui di Berenice:
Ma poi le bianche braccia al ciel distese
E offrimmi a Numi in voto, ahi! l’infelice.
Ma non è prezzo del tempo il proseguire a leggere ed a confrontare. Bastavano i nomi di Saverio Mattei, e del benemerito abate Rubbi ὀ πάιυ , che raccolse questa versione nel suo Parnasso de’ Traduttori per persuaderci eli’ ella dovea pur essere una cosa sguajata. —
Il metro eletto dal Pagnini snerva il vigore e la maestà latina. Due passi male intesi vedili notati alla pag. 107, e 112. Gli altri ove intende diversamente da noi, sono i seguenti.
Verso del testo 9 — 11; della versione 11 — 14.
E dessa a molti Dii le terse e nitide
Braccia tendendo, in voto allor promisemi
Che il re distretto appena a lei co’ vincoli
D'imeneo ....
Verso del testo 21 — 22; della versione 27 — 29.
Forse non tu solinga il letto vedovo
Ma del caro german l' amara e febile
Division piangesti. = Ove vedi la nota.
Verso del testo 33 — 36; della versione 42 — 45.
Quali i/npromesse allor non senza vittime
Taurine festi a ciascun Dio se al patrio
Suol ritonasse il caro sposo e l' Asia
Doma in breve aggiungesse al regno Egizio.
Verso del testo 43 — 44; della versione 52 — 55.
Per lui quel monte sovra tutti altissimo
Cui la chiara calcò di Ftia progenie. = Vedi la nota.
Piena d’eleganze italiane è questa traduzione; ma cede di molto a quella esatta dello stesso autore degli inni di Callimaco, ed alla bellisima de’ bucolici, la quale io reputo unico esemplare di versioni dal greco.
Parmi più schietta quella del Conti; i passi confutati vedili alle pag. 84, e 99: ne’ seguenti traduce diversamente da noi.
Verso del testo 13 — 14; della versione 15 — 18.
Portando impresse le vestigia dolci
Della rissa notturna poiché sciolta
La fascia virginal ebbe a la nuora
Verso del testo 51 — 54; della versione 63 — 68.
— Le poc'anzi tronche
Chiome mie suore il mio destin piangeano,
Quando l'alato Corridore Locrico
Ad Arsinoe s’offerse.
Ed in una nota si scolpa egli di avere chiamato piuttosto Locrico il vento anziché Arsinoe, perchè nella Magna Grecia abitata da’ Locri domina appunto Zefiro. Vedi la nostra interpretazione.
Verso del testo 89-92; della versione 102-106.
Tu, reina, qualor mirando in cielo
Venere placherai ne' dì solenni
Non offrir sangue a me che a lei non piace;
Non far ch’io sia senza profumi, e tuo
Nume mi rendi con più larghi doni. —
Del bifolco Arcade s’è veduto abbondantemente a pag. 108.