La chioma di Berenice (1803)/Coma Berenices/Versi 1-2
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Omnia qui magni dispexit lumina mundi,
2Qui stellarum ortus comperit atque obitus
varianti.
Verso 1. Ediz. principe, mss. Ambrosiani, Aldine, Stazio, Corradino despexit. Bentlejo descripsit, parola tecnica degli astronomi. Vossio moenia per lumina. — Verso 2. Stazio, Meleagro, Corradino abitus, Stazio anche habitus da mss.
note.
In tutto il poema parla la chioma. Cresce il mirabile per la prosopopea in cui si dà senso, affetto, e parole alla chioma: né a questo mirabile manca il suo verisimile. Secondo le idee degli antichi filosofi le stelle erano animate ed intelligenti. Accoppiar si doveva il verisimile col credibile. Callimaco fonda la credibilità dell’apoteosi sul testimonio di Conone. Conti. — Quindi questo principio é maestrevolmente rivolto all’encomio di Conone, e della scienza astronomica.
Magni mundi. Il cielo., dal greco κόσμος, mondo, nello stesso significato. Ne accumida esempi l’interprete di Silio Drackenbork lib. xii vers. 366; ed il Vesselingio in Diodoro Siculo tom. i pag. 225. — Italiamente l’universo: Colui che regge e tempra l’universo. Petrarca. — Per l’universo penetra e risplende. Dante. l’universo: Colui che regge e tempra l’universo. Petrarca. — E negli antichi nostri trovasi anche in questo significato la voce mondo in prosa.
Dispexit. Osservare non tanto con gli occhi quanto con l’intelletto. Volpi. — Lo trovo confermato in Cicer. Tuscul. i cap. 19. Acie mentis dispicere cupiebant.
Lumina. Qualche codice munera, quindi il moenia Vossiano, desunto da Lucrezio; ma qui non hanno a che fare le volte del cielo che abbracciano il globo terracqueo, bensì le costellazioni osservate dall’astronomo.
Ortus, atque Obitus. L’orto e l’occaso cronico delle stelle. Vedi discorso iii. 3.