La capitana del Yucatan/5. La caccia all'Yucatan

5. La caccia all'Yucatan

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CAPITOLO V.


La caccia all’«Yucatan».


Il punto luminoso segnalato dal gabbiere, s’avanzava con una certa rapidità, innalzandosi sull’orizzonte. Un uomo che non fosse stato un osservatore attento, nè marinaio, avrebbe potuto confonderlo facilmente con una stella, essendovene in quel momento molte, sulla linea dell’orizzonte; gli uomini di quarto dell’yacht l’avevano invece subito riconosciuto per un fanale bianco situato sull’albero di trinchetto di un vascello, come usano portare le navi a vapore sia da guerra che mercantili.

Se non cambiava rotta, quel legno doveva in breve mostrare i suoi fanali rosso l’uno e verde l’altro.

Cordoba, rilevata meglio che poteva la rotta approssimativa dell’avversario, — poichè veramente e con ragione, lo credeva tale, — mise la prora dell’Yucatan verso le isole, per passare dietro di esse e cacciarsi sotto la costa onde avere il tempo, in caso di estremo pericolo, di riaccendere i fuochi e di prendere un’altra volta il largo a tutto vapore.

Il vento che frescava dal nord-ovest, favoriva la manovra dell’yacht, sicchè l’agile nave, in poche bordate, si trovò dietro ad una lunga fila di alte scogliere che la mettevano, almeno pel momento, interamente al coperto, tanto più che la luna non era ancora sorta.

Scandagliato il fondo e trovato che vi erano solamente undici piedi d’acqua, la marchesa, che aveva ripreso il comando della piccola nave, diede ordine di gettare un’àncora e di attendere gli avvenimenti, non osando di cacciarsi nel canale dove poteva venire raggiunta prima di accostarsi alla costa yucatanese. [p. 40 modifica]

Il vascello a vapore non era allora lontano più di tre miglia e si scorgevano perfettamente non solo i suoi fanali a colori, bensì anche il suo scafo, essendo l’orizzonte discretamente limpido.

Dalla sua massa doveva essere un grosso legno da guerra, od un monitor, ossia una di quelle fortezze galleggianti che posseggono in buon numero gli americani del nord od un incrociatore di prima classe, poderosi avversari che sono ordinariamente armati di grosse artiglierie di lunga portata e d’un numero considerevole di cannoni a tiro rapido e di mitragliatrici.

Non doveva avere una rotta prestabilita, poichè andava quasi a casaccio, ora dirigendosi verso il nord, per poi tornare indietro a tutto vapore, poi verso l’ovest, rompendo di frequente la sua linea.

— Esplora — disse Cordoba, che si era issato sulle griselle dell’albero maestro in compagnia della marchesa. — Non si può dubitare: è una nave che cerca il nostro Yucatan.

— È scomparso, signori miei, — disse donna Dolores, sorridendo. — Qui non si trova che il Colima di Vera-Cruz.

— Credi, Cordoba, che verrà a visitare anche quest’isola?

— È probabile.

— Non vorrei che ci sorprendesse a quest’ora.

— E perchè, donna Dolores?...

— La nostra presenza dietro queste scogliere potrebbe far nascere dei sospetti.

— Se non ci troverà questa notte l’avremo addosso domani.

— Domani sarà altra cosa — rispose la marchesa, con un certo fare misterioso. — In pieno mare ed in pieno giorno non avrei più timore degli americani.

— Quale progetto avete in capo?...

— Lo saprai più tardi, Cordoba e ti prometto di farti divertire alle spalle degli yankee.

— Hum!... Che divertimento pericoloso!

— Bisogna prenderli come si può, amico mio. Guarda: l’incrociatore si dirige verso di noi.

— Lasciamolo pure venire. Se non manda a terra qualche scialuppa ad esplorare le scogliere e le isole, non ci troverà, di questo ne rispondo.

— Può girarci alle spalle.

— Non vi è nel canale acqua sufficiente per quel colosso, donna Dolores.

— Ah!...

L’incrociatore o monitor che fosse, giunto ad un miglio dalle Jolbos, si era arrestato lanciando sulle spiagge un gigantesco sprazzo di luce elettrica, onde assicurarsi se la piccola nave che cercava si era rifugiata in qualcuno dei numerosi seni che quelle terre formano.

Il raggio luminoso fu prima proiettato verso gli scogli dietro i quali si celava l’Yucatan, senza però illuminare l’yacht, es[p. 41 modifica]sendo questo troppo bene nascosto, poi sulle isole, facendo scintillare i vetri delle casette situate presso le spiagge o sulle alture.

— Io comincio a credere che per questa notte non verremo disturbati — disse Cordoba.

— E perchè? — disse la marchesa.

— Non vedendo alzarsi alcun pennacchio di fumo, ciò che sarebbe visibilissimo anche ad una grande distanza, in mezzo a tale luce diafana, se ne andranno senza mandare a terra le scialuppe.

— Sono furbi i yankee, — rispose la Capitana, con ironia.

— Essi non sanno che noi abbiamo soppressa la macchina. Abbiamo avuto una bella idea che ci salva dalla cattura, e fors’anche dalla morte.

— È vero Cordoba. Guarda, amico!... L’incrociatore, soddisfattissimo della sua esplorazione, se ne va verso il capo Catoche.

— E noi approfitteremo per rimetterci alla vela e seguirlo a distanza. Se non ritorna sui suoi passi, domani avremo oltrepassato il capo e potremo ridercene dell’abilità straordinaria degli yankee.

— Ripartiamo?...

— Sì, marchesa e senza perdere tempo.

L’incrociatore si allontanava allora a tutta velocità dirigendosi verso l’est, credendo forse che l’Yucatan fosse già riuscito ad abbandonare la costa e navigare verso Cuba. L’yacht, seguendo le sue tracce, aveva la possibilità di poter attraversare il vasto canale, che separa il capo Sant’Antonio da quello della costa americana, senza correre il pericolo di fare altri incontri, non essendo possibile che l’ammiraglio Sampson avesse distaccate dalla sua squadra più navi per dare la caccia a quel piccolo legno.

Cordoba e la marchesa, scesi sulla tolda, fecero salpare immediatamente l’àncora e l’Yucatan, a tutte vele spiegate, riprese la corsa verso l’est, tenendosi dietro alle Jolbos.

La luna sorgeva allora sull’orizzonte, tingendo la superficie del mare di riflessi argentei, d’una incomparabile bellezza. Su quello specchio scintillante, gli sguardi acuti di Cordoba discernevano ancora distintamente il gran vascello, il quale spiccava come una grossa macchia nera, sopra la quale si vedeva innalzarsi, attraverso la luce azzurrognola, un grande pennacchio di fumo nero che si raggruppava in alto in forma d’un immenso ombrello.

L’yacht, spinto da una fresca brezza che soffiava dal sud-ovest, essendo il vento girato, scorreva leggero come un uccello, sormontando l’onda prodotta dalla risacca e ricadendo con un sordo fragore che si ripercuoteva contro le alture delle isole, come il lontano rombo d’un pezzo d’artiglieria.

Attorno alla prora l’acqua talvolta scintillava per un principio di fosforescenza marina e sui fianchi correvano sprazzi di luce, [p. 42 modifica]in mezzo ai quali si vedevano ondeggiare mollemente, ad un metro sotto la superficie, delle splendide meduse somiglianti a grosse lampade di vetro smerigliato, d’una tinta pallidissima; coppie di vellelle dal corpo compresso e le cui creste proiettavano un getto di luce azzurrognola e gruppi di beroe, specie di cocomeri spinosi, che mandano lampi verdognoli d’una dolcezza infinita.

La marchesa e Cordoba, ritti a prora, aggrappati al bordo, guardavano attentamente la nave americana che non era ancora scomparsa sull’orizzonte, forse perché aveva rallentata la marcia. Cercavano di indovinare la sua rotta per poter poi regolarsi sulla via da tenere ed evitarne l’incontro che poteva avere conseguenze forse gravi.

Lo scafo dell’incrociatore non si vedeva più, ma la nuvola di fumo spiccava ancora in mezzo alla nitida e pallida luce dell’astro notturno, levandosi a grande altezza.

— Sì, — disse Cordoba, dopo alcuni istanti di attenta osservazione. — Quella nave va ad attenderci al capo Catoche. Speravo che continuasse la sua corsa verso l’est per ricongiungersi colla squadra di Sampson, mentre vedo pur troppo che non ha ancora abbandonata l’idea di darci la caccia.

— È vero, — mormorò la marchesa. — Noi la incontreremo, lo sento.

— Il diavolo si porti all’inferno quegli ostinati!

— Se fossi certa che quella nave è sola, accenderei le macchine e tenterei di oltrepassarla, amico Cordoba. La nostra velocità è di gran lunga superiore.

— Possono esservi altre navi nel canale d’Yucatan, donna Dolores. Ai colpi di cannone non tarderebbero ad accorrere e darci tutte addosso.

— E così, Cordoba?

— Cosa decidete voi, marchesa?...

— Io?... Nulla, per ora.

— Continuiamo la nostra rotta?...

— Sempre.

— E se l’incontro avvenisse?... L’incrociatore può tornare indietro.

— Se lo troveremo sulla nostra via, lo lasceremo venire.

— Voi avete qualche progetto, donna Dolores.

— Sì, te lo riconfermo.

— Avrà buona riuscita?

— Lo spero. Se l’incontro avvenisse domani, per l’ora della colazione, sarei sicura o quasi del mio conto.

— Per l’ora della colazione? — esclamò il lupo di mare, con stupore. — Cosa possono entrarvi le bistecche coi colpi di cannone, donna Dolores?...

— Le mie bistecche possono valere meglio dei più poderosi [p. 43 modifica]pezzi d’artiglieria. Ti raccomando solo che la colazione sia splendida e che non manchino nè bottiglie di Xeres nè di wiskey, queste ultime soprattutto, che sono così care agli yankee.

— Bistecche, bottiglie, colazione!... Donna Dolores, volete burlarvi di me?...

— Di te no, mio bravo lupo di mare, bensì degli americani.

— Che uno squalo mi mozzi in due, se io comprendo qualche cosa del vostro progetto.

— Comprenderai domani, se l’incontro avverrà! Buona notte, amico!... Veglia attentamente e se succede qualche cosa di nuovo, mandami subito a chiamare.

— Non dubitate, donna Dolores. Non lascerò il ponte.

Mentre la marchesa si ritirava nella sua cabina, l’yacht aveva oltrepassata l’ultima isola delle Jolbos e correva lungo la costa yucatanese, tenendosi però ad una considerevole distanza per tema dei banchi sabbiosi i quali si trovano in gran numero in quei paraggi.

L’incrociatore era allora completamente scomparso e sull’orizzonte luminoso non si vedeva più alzarsi il pennacchio di fumo. Quale rotta avesse preso, non era stato possibile saperlo con precisione, però Cordoba sospettava e con maggior ragione, che avesse piegato verso il sud per perlustrare lo stretto.

Tutta la notte l’yacht veleggiò con una velocità di cinque a sei nodi all’ora, essendo la brezza diventata piuttosto leggera, e all’indomani, verso le otto, nel momento in cui la marchesa saliva in coperta, gli uomini di quarto segnalavano il capo Catoche la cui estremità, molto alta, spiccava nettamente sul mare scintillante, che il sole indorava.

La marchesa aveva subito raggiunto Cordoba il quale, dal castello, esplorava le acque dello stretto col cannocchiale.

— Vedi nulla? — gli chiese.

— No, donna Dolores. Non vi è alcuna nave.

— Che l’incrociatore abbia continuata la sua rotta verso Cuba?...

— Così sembra.

— Quale fortuna, se ciò fosse avvenuto. Scendiamo verso il sud o taglieremo direttamente lo stretto?

— Mi sembra più prudente guadagnare le coste meridionali di Cuba, prima di toccare il capo Sant’Antonio. So che la squadra di Sampson incrocia dinanzi alle coste settentrionali, minacciando l’Avana, quindi tenendoci verso il sud avremo minori probabilità d’incontrarla.

— E poi, in caso d’inseguimento, potremo trovare un ottimo rifugio nelle baie.

— Sì, donna Dolores.

— O poggiare verso l’isola dei Pini.

— Sì, momentaneamente.

— Conosci la baia di Corrientes? [p. 44 modifica]

— A menadito.

— Credi che ci sarà facile raggiungerla?...

— Sì, se non veniamo arrestati al capo Sant’Antonio.

— Poggiamo verso il sud adunque e che Dio ci protegga — concluse la marchesa.

L’yacht guidato dalla robusta mano di un erculeo pilota, veleggiava verso il capo, spinto da una leggera e fresca brezza mattutina che soffiava da ponente.

La costa del Yucatan non era allora lontana più di due miglia e appariva quasi deserta. Solamente di tratto in tratto, a grandi distanze però, si vedeva qualche gruppetto di capanne situate in fondo a qualche piccolo seno e qualche canotto montato probabilmente da pescatori indiani.

Velieri o battelli a vapore non se ne scorgeva invece nessuno, per quanto l’equipaggio girasse gli sguardi in tutte le direzioni.

Verso le 10 l’yacht, dopo d’aver superato felicemente un grande banco roccioso che difendeva la costa dai ruvidi baci del mare, girava il capo Catoche, lanciandosi nelle azzurre acque dello stretto di Yucatan.

Il timore di trovarsi improvvisamente dinanzi all’incrociatore veduto durante la notte, aveva fatto accorrere in coperta quasi tutto l’equipaggio; fu subito assicurato, poichè alcuna nave, almeno in quel momento, si scorgeva sulla linea dell’orizzonte. Guardando invece verso oriente, si vedevano delinearsi come una leggera nebbia, le alte montagne di Cuba.

Un sospiro di soddisfazione sfuggì da tutti i petti, poichè ormai vi era in tutti la convinzione di attraversare felicemente lo stretto e di trovarsi ben presto dinanzi al capo Sant’Antonio.

Già la marchesa si rallegrava e stava per dar ordine di far preparare la colazione, quando Cordoba, che era salito sulla crocetta dell’albero maestro, lanciò, come una doccia gelata, queste tre parole che dovevano avere un significato disastroso:

— Incrociatore in vista!... —

Udendo quell’annuncio, un rapido pallore aveva scolorite le guance della marchesa, ma s’era con altrettanta rapidità dileguato, mentre una viva inquietudine aveva invaso l’equipaggio.

L’improvvisa comparsa di quel vascello, quando già tutti lo credevano ormai lontano e si tenevano quasi sicuri di giungere a Cuba senza altri incontri, non poteva produrre di certo una buona impressione, sia pure fra persone decise e che avevano fatto dono della loro vita alla patria, tanto più che in quel momento l’yacht si trovava completamente privo dei suoi mezzi di difesa.

La marchesa però aveva subito riacquistato il suo straordinario sangue freddo e la sua audacia.

— Ah!... È così? — diss’ella. — Va bene, ci troveranno preparati. — [p. 45 modifica]

Poi alzando il capo verso Cordoba che guardava col cannocchiale, gli chiese con voce affatto tranquilla:

— È l’incrociatore di ieri sera?

— Mi sembra.

— Viene?...

— Dall’isola Contoy.

— O dal porticino di Hombon?...

— Forse.

— Naviga verso noi?

— Sì, donna Dolores, ed a piccolo vapore.

— Dista?

— Almeno dodici miglia.

— Allora abbiamo il tempo necessario; scendi Cordoba! —

Mentre il lupo di mare abbandonava la crocetta, tutto l’equipaggio s’era radunato silenziosamente in coperta e schierato lungo le murate. Quei bravi uomini, passato il primo istante di sorpresa, avevano riacquistata la loro calma e la loro fiducia ed attendevano serenamente gli eventi, decisi però a tutto, anche ad un disperato combattimento od a dare fuoco alle polveri.

Donna Dolores s’era portata in mezzo alla coperta. Era calma, tranquilla; il solo suo sguardo era animato da un lampo di suprema energia.

— Che nessuno s’inquieti, — disse. — Obbeditemi ciecamente e null’altro.

— Comandate signora, — risposero i marinai. — Noi siamo pronti a morire per la patria.

— Lo so, miei valorosi, ma l’ora sarà ancora lontana. Mastro Colon!...

— Eccomi mia Capitana, — rispose il vecchio marinaio.

— Tu scenderai nel quadro e terrai il dito sul bottone della scintilla elettrica. Il filo è unito a due siluri, bada a non premere se prima non ti darò il comando.

— Il segnale, — chiese il marinaio, con un tono di voce nel quale non si sentiva la menoma apprensione.

— Quando mi udrai gridare «Viva la Spagna» premerai il bottone e salteremo tutti, però assieme a noi salteranno quegli odiati yankee.

— Sta bene, mia Capitana.

— Va. —

Poi volgendosi verso l’equipaggio, l’audace donna continuò:

— Dieci uomini rimangano in coperta pel quarto; gli altri si ritirino tutti nella stiva e tengano pronte le armi per qualsiasi evento. I mastri proibiranno severamente di parlare e di muoversi.

Quindi avvicinandosi a Cordoba, riprese:

— Amico mio, ti raccomando la colazione. Che la tavola venga preparata in coperta e bada che non manchino nè lo champagne, nè il wiskey, se vuoi che ci divertiamo. — [p. 46 modifica]

Guardò per qualche istante i marinai che scendevano pel boccaporto di prora, poi aggiunse, sorridendo:

— Andiamo a fare la teletta. —

Ciò detto, sempre tranquilla e sorridente, quell’ammirabile donna attraversò la tolda con passo calmo, e scese nel quadro, mentre Cordoba mormorava:

— Ecco una donna che vale mille capitani!... —

Mentre il cuoco di bordo, aiutato da due mozzi, s’affrettava ad allestire la colazione, sulla linea dell’orizzonte si vedeva già salire distintamente il pennacchio di fumo dell’incrociatore americano.

I yankee dovevano ormai aver scoperto l’yacht e s’affrettavano ad accorrere per intimare la fermata e procedere quindi ad una visita, nel caso che avessero avuto qualche sospetto.

Cordoba, dopo d’aver fatto preparare la tavola fra l’albero maestro e quello di trinchetto, si era portato a prora per sorvegliare le mosse di quel formidabile avversario.

Quantunque avesse completa fiducia nella marchesa, conoscendo per prova la sua intrepidezza e sua scaltrezza, pure il brav’uomo non si sentiva completamente tranquillo, tanto più che non conosceva i disegni di lei e che non riusciva a comprendere quale relazione potesse esistere fra la colazione e gli yankee che correvano addosso all’yacht colla brutta intenzione di catturarlo o per lo meno di visitarlo, il che era tutt’uno.

Se quegli ostinati si fossero decisi, appena a bordo, a procedere ad una perlustrazione nella stiva, era finita per tutti, perchè la marchesa non avrebbe esitato di certo a mandarli all’aria coi due siluri che teneva nascosti nel quadro.

— Hum!... — mormorò il lupo di mare, seguendo il filo dei suoi pensieri. — Credo che donna Dolores abbia fatto male a fare spegnere i fuochi ed a nascondere le artiglierie. A quest’ora avremmo potuto prendere il largo e fare correre quel dannato incrociatore.

Puntò il cannocchiale e guardò al largo.

Il vascello da guerra si avanzava rapidamente, muovendo diritto sull’yacht.

Non era lontano più di sei miglia e colla sua velocità, che non doveva essere inferiore ai sedici nodi all’ora, fra poco doveva trovarsi a portata di fucile.

Col cannocchiale lo si distingueva ormai in tutti i suoi particolari. Era una di quelle grosse e pesanti navi, irte di torri blindate e di batterie che si chiamano monitors, navi un po’ vecchie a dire il vero, bene armate però e che gli Stati Uniti destinavano come guarda-coste, ma che taluni erano stati inviati nelle acque di Cuba pel blocco.

Doveva stazzare almeno cinquemila tonnellate; portava due alberi forniti di larghe coffe probabilmente armate di mitragliatrici per difendere la nave dagli attacchi delle torpediniere, aveva [p. 47 modifica]due ciminiere che eruttavano torrenti di fumo nero misto a scorie scintillanti e sul ponte, sul castello di prora e attorno alle torri si scorgevano numerosi marinai che parevano affaccendati a puntare alcuni pezzi d’artiglieria.

— È una balena, — disse Cordoba. — Noi facciamo la figura di meschini delfini nel confronto. Non deve misurare meno ottanta metri di lunghezza e avrà dei cannoni da 268 millimetri, sono certo di non ingannarmi.

— Che terranno le loro palle per altre occasioni, è vero Cordoba?... — disse una voce dietro di lui.

Il lupo di mare si volse e non seppe frenare un grido di ammirazione: donna Dolores stava dinanzi a lui non più vestita da Capitana.

Aveva indossato uno splendido costume da messicana in seta azzurra, con risvolti di pizzo di gran valore e di velluto e bottoni d’oro cesellato.

Al collo si era annodate parecchie file di grosse perle di California, miste a smeraldi e sui capelli nerissimi si era infisso un alto pettine in forma di corona ducale, le cui palle erano formate da diamanti d’inestimabile valore.

— Mille cannoni!... — esclamò il lupo di mare. — Vi dico io, donna Dolores, che siete irresistibile!

— Se lo sono per un ruvido lupo di mare come lo sei tu, spero di esserlo anche per gli yankee, — rispose la marchesa, ridendo. — Mio caro capitano Bob, in attesa degli americani, possiamo metterci a tavola.

— Ridete!... Fulmini!... Donna Dolores, voi finirete per farmi perdere la bussola!... Non vedete dunque il monitor che corre su di noi e che prepara le sue artiglierie?...

— Lasciamolo che corra, capitano Bob. Orsù, orso marino, offrimi il tuo braccio e conducimi a tavola. —