La bilancetta (Favaro)/Avvertimento

../

../La bilancetta IncludiIntestazione 23 giugno 2016 75% Da definire

La bilancetta La bilancetta

[p. 211 modifica]



AVVERTIMENTO.





Prendendo Galileo a studiare i più grandi scrittori di cose matematiche dell’antichità, compiuta la lettura degli Elementi d’Euclide, soffemossi con maggior compiacenza sopra Archimede; e giunto ai due trattati De acquiponderantibus e De his quae vehuntur in aqua, e precisamente a quel passo di Proclo Licio nel quale si narra il modo tenuto dal Filosofo siracusano per iscoprire il furto dell’orefice nella corona d’oro di Ierone, opinò che Archimede non vi procedesse nella maniera comunemente riferita, ed escogitò un procedimento che risolve con esattezza il quesito. Il risultato di questi studi espose Galileo in una breve scrittura; e lo strumento in essa suggerito è lo stesso che fu poi detto «bilancia idrostatica» e che, sotto nuovo e varie forme, fu adoperato col nome di «idrostammo» dagli Accademici del Cimento.

Tale scrittura non fu data alle stampe vivente l’Autore; ma bensì, mostrata subito, vale a dire nell’anno 1586, agli amici e conoscenti, più tardi a’ discepoli, si diffuse manoscritta.1 Giovanni Battista Mantovani la commentò con dotte ed ingegnose osservazioni: corredato di queste, delle annotazioni di Benedetto Castelli, e delle illustrazioni di Vincenzio Viviani, il lavoro di Galileo vide poi più volte la luce.

Nel riprodurre questa scrittura, sceverata, conformemente al proposito nostro,2 dalle dette aggiunte, credemmo doverla restituire con la maggior fedeltà supra l’autografo, il quale, senza titolo e mutilo delle ultime linee, ci è stato conservato in un foglio che ora è inserito nel T. XVI (car. 55) della Par. II dei Manoscritti [p. 212 modifica]Galileiani posseduti dalla Biblioteca Nazionale di Firenze. Sostituimmo bensì la grafia moderna a quella dell’Autore e dell’età sua in pochi particolari, ne’ quali non è certo supponibile che al segno grafico rispondesse il suono neppure sulla bocca di Galileo, e che, d’altra parte, conservati, avrebbero dato soverchia noia al lettore.3 Abbiamo inoltre corretto, come di solito, alcuni materiali trascorsi di penna dell’Autore.4 Invece qualche incostanza di grafia, come il raddoppiamento o lo scempiamento della z specialmente nelle desinenze dei nomi, e qualche altra singolarità, rispettammo; dove volemmo che il testo, piuttosto che la variante, massime trattandosi di scrittura così breve, rispecchiasse direttamente le forme consuete a Galileo e ai contemporanei. Di che, se non ci vorranno far rimprovero i discreti, speriamo ci sappiano grado gli studiosi della storia di nostra lingua.

Oltre che dall’autografo, la Bilancetta ci fu conservata da più copie sincrone; le quali, nonostante l’esistenza di quello, non si possono trascurare del tutto. Mentre infatti le varie copie da noi studiate offrono, tra sè e rispetto all’autografo, differenze di lezione, onde è esclusa la derivazione e dell’una dall’altra e di tutte da quell’esemplare di pugno dell’Autore che pervenne fino a noi, è notabile come in altri luoghi tutte, o la più parte, s'accordino in una lezione unica, e diversa da quella che conosciamo per quest’esemplare: onde nasce il sospetto che tali copie possano rappresentarci, almeno in parte, autentiche modificazioni, che Galileo stesso avrà forse introdotte in occasione di mandare attorno manoscritto, come si accennò, il suo lavoro tra gli amici e i discepoli.5 Per tale considerazione, e avuto anche in ciò riguardo alla brevità della scrittura, abbiamo stimato opportuno che delle varianti di qualche momento, offerteci dalle copie, si rendesse conto con molto maggior larghezza che certamente non converrebbe nelle opere di maggior mole, alle quali riserbiamo un apparato critico assai più limitato6. Vi abbiamo unito, distinguendole con carattere tondo, alcune poche lezioni dall’Autore corrette posteriormente nell’autografo stesso. Adoperiamo, ad indicare i manoscritti, le seguenti sigle:

G = Esemplare autografo.

A = Bibl. Naz. di Firenze; Mss. Gal., Par. II, T. XVI, car. 56-58.

B = Bibl. predetta, Filza Rinucciniana 8. F. 2, esemplare anepigrafo. [p. 213 modifica]

C = Bibl. predetta: Coll. Gal., Div. IV, T. CX, car. 60-61. Di mano di Vincenzio Viviani.

D = Bibl. e Filza Rinucciniana predette, esemplare col titolo: «Uso e fabbrica della bilancia del Sig. Galileo Galilei».

E = Bibl. Naz. Marciana di Venezia, Cl. XI ital., n. CLXXXIV, car. 245-252. Fra i quali esemplari, giovi avvertire che A e B differiscono pochissimo l’uno dall’altro e, meno assai che i rimanenti, da G; C se ne discosta invece più di tutti; D si avvicina in molte lezioni caratteristiche a C, ma altre volte va con A e B; e con quest’ultimi sta E, che presenta però assai spesso anche dei grossolani spropositi.

Abbiamo ancora tenuta presente l’edizione principe di questa scrittura, procurata da Giovanni Battista Hodierna, due anni dopo la morte dell’Autore.7 L’Hodierna non dice di qual manoscritto si giovasse nella sua stampa; la quale s’accosta talora a C, e talora ad A, B, presentando poi ed errori e concieri evidenti dell’editore. Questa edizione notiamo con F: indichiamo poi con Y il consenso delle copie tutte e di F.

Potemmo lasciar da banda la copia contenuta nel manoscritto matematico 158 della Biblioteca Civica di Amburgo (pag. 5-11),8 perchè sicuramente esemplata sull’edizione dell’Hodierna9: e del pari non ci fu d’uopo tener conto delle edizioni posteriori; di cui quella di Bologna del 165610 è fatta sopra una copia che si allontana da B soltanto per differenze leggerissime e (tranne due luoghi che, [p. 214 modifica]sebbene assai sospetti,11 abbiamo voluto recare) affatto trascurabili; quella di Firenze del 171812 è una materiale ristampa di quella di Bologna; come, alla sua volta, la Padovana del 174413 riproduce la Fiorentina; e sopra queste sono condotte le più recenti, dall’ultima in fuori, eseguita con la scorta dell’autografo.

Le copie, oltre che all’uopo sopra accennato, ci servirono a riempire alcune brevi lacune, che abbiamo indicato con parentesi quadra, presentate, per istrappi della carta, dall’autografo, e a correggere un passo che nell’autografo stesso rimase difettoso.14 Su di esse poi abbiamo dovuto stabilire l’ultima parte della scrittura, che, dalla lin. 4 della pag. 220 in giù, manca in G: e a tale effetto preferimmo A e B, che in quel tratto sono identici, avendoli già riconosciuti, più degli altri esemplari, fedeli all’autografo.


Note

  1. Vincenzio Viviani, Racconto istorico della Vita del Sig. Galileo Galilei: nei Fasti Consolari dell’Accademia Fiorentina di Salvino Salvini, ecc. In Firenze, M.DCC.XVII, nella stamperia di S. A. R., per Gio. Gaetano Tartini e Santi Franchi, a pag. 103.
  2. Per la edizione nazionale delle Opere di Galileo Galilei ecc. Esposizione e Disegno ecc.; pag. 40.
  3. Le mutazioni grafiche da noi introdotte in questa operetta sono le seguenti: gl’ davanti a, e, o, u, mutato in gli; havere e derivati huomo, hora, in avere, uomo, ora; et davanti a consonante in e, davanti a vocale in ed; -tione, -tioni, in -zione, -zioni (come, del resto, Galileo medesimo più comunemente scrive); sciemare e derivati, in scemare.
  4. Sono i seguenti: andunque per adunque, aggiugne (pag. 216, lin. 4-5) per aggiugner, miso per misto, mettallo per metallo, esempo per esempio, aqque (pag. 217 lin. 9) per aqqua, del (pag. 217 lin. 19) per dal, in (pag. 217 lin. 15) per un.
  5. Notevoli in particolar modo, tra le varianti e omissioni in cui concordano tutte le copie, sono quelle a pag. 215, lin. 14-216, lin. 1; 216, lin. 15; 219, lin. 5 e 14.
  6. Nell’apparato critico abbiamo interamente conservata la grafia dei manoscritti.
  7. Nell’opera: Archimede redivivo con la stadera del momento del dottor Don Gio. Battista Hodierna..., dove non solamente s'insegna il modo di scoprir le frodi nella falsificazione dell'Oro e dell'Argento, ma si notifica l'uso delli Pesi e delle Misure Civili presso diverse Nationi del mondo, e di questo regno di Sicilia, ecc. In Palermo, per Decio Cirillo, 1644, pag. 1-8.
  8. Su questo cod. cfr. Favaro, Serie terza di Scampoli Galileiani: negli Atti e Memorie della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti in Padova; Nuova Serie, vol. IV, 1888, pag. 112-114.
  9. Vero è che il copista del cod. d’Amburgo scrive: «Di questo discorso fatto dal S. Galilei.... mi fu concessa copia doi anni sono dal M.o R.do et Ecc.mo Mons.re Stanislao Pudlouski, Dottore e Mathematico Ecc.mo, il quale era molto intrinseco del sig.re Galilei, dal quale li fu mandato qui in Polonia una copia». Ma più avanti egli racconta pure che nell’anno precedente «arrivato a Venezia discorrendo con Mons.re Michele Peroni, mio Maestro, molto dotto in queste nobilissime scienze,.... quando gli nominai questo trattato dell’oro fatto dal Sig.re Galileo Galilei, mi disse che poco fa v’era statto scritto sopra da Mons.re Gio. Batt. Hodierna,.... il quale da me veduto, restai molto appagato della dottrina sua». E che egli esemplasse la propria copia dall’edizione dell’Hodierna, soltanto correggendone qua e là alcuni errori, lo prova il confronto della lezione, identica anche in luoghi caratteristici. S’avverta pure che una curiosa «Appendice del P. Don Benedetto Castelli», la quale tien dietro alla Bilancetta nel cod. d' Amburgoo (pag. 11: cfr. Favaro, Serie terza ecc., pag. 112), è aggiunta del pari all’opera di Galileo nell’edizione palermitana (pag. 8). — L'essere il cod. d’Amburgo copia dell'edizione palermitana toglie affatto valore ad una lezione del cod. stesso, che, altrimenti, sarebbe osservabile. A pag. 217, lin. 9, 10, 13, il cod. d’Amburgo legge: «undeci volte, l'undecima parte, un undecimo»: e questa lezione sarebbe non solo scientificamente più esatta, ma ancora più conforme alle cifre che Galileo assegna al peso dell’argento nell’acqua nella Tavola delle proporzioni delle gravità dei Metalli e delle Gioie pesate in aria ed in aqqua (cfr. pag. 225); dalla quale appare ch’egli considerava l’argento pesante 10,4 volte più che l’acqua. Ma l’edizione dell’Hodierna, la quale legge, certo per errore di stampa, nel primo passo «undeci volte», e appresso «la duodecima parte, un duodecimo», ci mostra chiaro onde traesse origine la variante del cod., e, insieme, le toglie ogni importanza.
  10. Tomo I, unita alla Scienza Mecanica, pag.37-40.
  11. Sono i luoghi a pag. 219, lin. 15-22 e 220, lin. 8. A proposito del primo di questi passi Domenico Mantovani, nelle sue Annotazioni sopra la Bilancia del sig. Galileo Galilei (ediz. bolognese, pag. 40), avverte: «Pare me a si sia levato in parte la difficoltà del numerare li fili, avolgendone dieci di acciaro, e poi dieci voltate di ottone, le quali, essendo divise a dieci a dieci, resta solo da numerare quella decima parte nella quale casca il termine del metallo misto: che so bene il Sig. Galileo, che è autore di questa inventione, fa mentione di due fili, uno d’acciaro, l’altro di ottone, non dice però se ne debba mettere dieci dell’uno, e dieci dell'altro; o forsi sarà avenuto per causa di chi l’ha copiato, se bene la copia, che mi è pervenuta nelle mani, era di mano sua».
  12. Tomo I, pag. 624-626.
  13. Tomo I, pag. 581-583.
  14. A pag. 219, lin. 12-13 l’autografo legge: «la proporzione le distanze tra i termini de i metalli puri verrà divisa da i segni». Dopo «la proporzione» c'è una cassatura. Evidentemente l’Autore dimenticò di eseguire la correzione che aveva in mente, e che ci è suggerita dalle copie.