Antonio Cerati

XVIII secolo Indice:Poemetti italiani, vol. XII.djvu Poesie La Villa di Forci Intestazione 27 maggio 2024 75% Da definire

Questo testo fa parte della raccolta Poemetti italiani, vol. XII


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LA VILLA DI FORCI

POEMETTO

DEL CONTE

ANTONIO CERRATI

Mirabil figlia dell’umano ingegno,
Le prime forme, e i giganteschi tratti
Di Natura creante orna e divide
In nuove guise l’Arte, e delle genti
All’utile, al piacere, a regie pompe,
Alla volubil sazietà superba
Del ricco cittadin serve operosa.
Sorse per lei dall’insensibil marmo
Allegra Ninfa, musculoso Atleta,
Tenero Pastorel: su tele argute
Respirino gli Eroi più lunga vita,
E in mezzo a boschi alpestri, a’ piani incolti,
Che un’infeconda solitudin muta
Di tristezza spargea, spargea d’orrore,
Tra simmetrici spazj erbette e fiori
Scherzano, e verdi loggie, e verdi stanze,

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E tempj ed atrj ombrosi alzano al cielo
E frondi ubbidienti al vario freno
D’archetipi pensier. Seduce e piace
Nelle sue fantasìe, ne’ giusti moti
L’arte meditabonda: e quando move
L’affaticato fianco, e il piè calloso
Il contadin dalla capanna antica,
Cede di sue lusinghe alla vivace
Illusion, che nel soggiorno altero
Di possente Signor diffuse il lusso;
E schiuso il labbro, che parlar non osa,
Le attonite pupille, e il grave corpo
Immobil tiene e guarda. I cuor più scabri
Alessandro gentil, l’arte seduce:
L’ammira il volgo, nè con riso amaro
L’austero saggio la disprezza e fugge.
Ma Natura è più bella. Anime prodi,
Entro cui ferve l’invincibil fiamma
Del vero genio, io ragion chieggo ardito
Agli arcani tumulti, alle feconde
Immagini, che in voi, qual agil lampo,
Desta rapidamente il vago aspetto
Di sua immensa beltade, ove traluce
L’augusta maestà di un poter sommo,
Che nel vuoto infinito dello spazio
L’onda, il fuoco, la terra, e il mobil etra
Creò, compose, e un portentoso quadro

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Nel mondo intero lineò, dipinse.
Tutto spira armonìa nella Natura;
E ’l disordin che offende il mortal lume
In sì grand’opra, è un necessario effetto
Del debil occhio, che sol mira in parte
L’alto lavor di lei, che si confonde
Nella grandezza sua. L’apprezza e sente
Il genio immaginoso, e ad un sol tratto
Travveduto da lui divinar gode
L’indefinibil perfezion del tutto....,
Queste, Alessandro, eran le idee ch’io vidi
Nel celabro agitarsi allor che volsi
Alla tua Forci il piè, maravigliando
Ne’ vasti piani e degradati colli
(Dove fecondità trionfa e ride)
La bella negligenza maestosa
Della Natura; e mentre attento io suggo
Nel circostante suol, col guardo alato
Scargo un popol d’ulivi, e bionde messi,
E di gravidi fior piante imboschite,
Vaghe villette, e laghi, e fiumi, e mare
A tua nobil magione offrir giocondo
Fantastico prospetto, in cui si perde
Dolcemente confusa e combattuta
La genial curiosità che langue,
Si stanca, e duol, se di regal giardino
Le spese artificiose, e i ricercati

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Ornamenti fastosi ella è costretta
Lunga stagione a rimirar; la noia
Succede allo stupor. Tale è dell’Arte
L’inevitabil sorte. Ah! qui Natura
Varia se stessa in mille forme, e sola
Trionfa e regna, nè tiranna l’Arte
Osa mostrarsi, o tace... Ah non si parta
Da sì grata dimora! Abbiano i Grandi
La fastidiosa copia, e il lusso vano
Dell’arte lusinghiera; a me gradito
E’ più semplice asilo, annosso faggio.
Placido rio, che mormora negletto
Tra sterpi e sassi: ombra, riposo, e calma
Offron più dolce che recessi ombriferi,
Tra cui vegga non lunge imprigionata
L’onda sgorgar con libertà mentita
Dal caro busto di marmoreo Nume.
Diletta Forci, in mezzo all’ombre dense
Degli alti pini, de’ frondosi ulivi,
Delle quercie antichissime io sentii
In un soave fremito di gioia,
E di occulto timor l’invitto spirto
Aggirarsi invisibile del Laudo,
Di cui la bella età sacra agli Estensi,
Sacra a’ Medici, a’ Roveri, a’ Farnesi,
Lesse gli aurei volumi, e a lor cortese
Colla lode sorrise; ei qui felici

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Quieti giorni menò tra stuol famoso
D’amici eletti, a cui qual fida stella
Un Bonviso splendea col suo favore.
Spirto sublime, il tuo celato aspetto,
Deh! svela a me, che pur mossi straniero
L’orme con fausti auspicj in riva al Serchio,
Per cui l’Insubria tua, l’Adda, il Tesino
Sotto un libero ciel ti fur men cari.
Me ancor del tuo Bonviso illustre e chiara
Progenie accolse tra le aperte braccia
Di una schietta amistà, tra fidi plausi
Dell’ospitale amor. Deh, tu m’inspira
Il tuo fuoco, il valor, le dotte idee!
Degne allora saran de’ voti miei
Le pronte rime, e celeranno eterni
De’ Bonvisi e di Forci i nomi e i pregi;
Nè Lucca stessa, che di arguti Vati,
Sua prole, suo decoro, i rari carmi
Ode, ed onora, mi vedrà sdegnosa
Correr le vie dell’estro e della lode.