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Ornamenti fastosi ella è costretta
Lunga stagione a rimirar; la noia
Succede allo stupor. Tale è dell’Arte
L’inevitabil sorte. Ah! qui Natura
Varia se stessa in mille forme, e sola
Trionfa e regna, nè tiranna l’Arte
Osa mostrarsi, o tace... Ah non si parta
Da sì grata dimora! Abbiano i Grandi
La fastidiosa copia, e il lusso vano
Dell’arte lusinghiera; a me gradito
E’ più semplice asilo, annosso faggio.
Placido rio, che mormora negletto
Tra sterpi e sassi: ombra, riposo, e calma
Offron più dolce che recessi ombriferi,
Tra cui vegga non lunge imprigionata
L’onda sgorgar con libertà mentita
Dal caro busto di marmoreo Nume.
Diletta Forci, in mezzo all’ombre dense
Degli alti pini, de’ frondosi ulivi,
Delle quercie antichissime io sentii
In un soave fremito di gioia,
E di occulto timor l’invitto spirto
Aggirarsi invisibile del Laudo,
Di cui la bella età sacra agli Estensi,
Sacra a’ Medici, a’ Roveri, a’ Farnesi,
Lesse gli aurei volumi, e a lor cortese
Colla lode sorrise; ei qui felici