La Mala Femmina domata/Prologo

Prologo

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Interlocutori Atto primo
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LA MALA FEMMINA

DOMATA



PROLOGO


SCENA I.

Dinanzi a un’osteria.

Entrano l’Ostessa e Sly

Sly. Vi pettinerò la chioma a dovere, siatene sicura.

Ost. Il diavolo vi porti, malandrino.

Sly. Voi siete una malandrina: i Sly non sono malandrini; leggete le cronache, e vedrete che venimmo in Inghilterra con Guglielmo il Conquistatore. Perciò poche parole, e il mondo vada, come sa. Tacete.

Ost. Come! non pagherete i bicchieri che avete rotti?

Sly. No, neppure un soldo. — Itevene; ite in fondo del vostro antro, e coricatevi se volete riscaldarvi.

Ost. So un buon rimedio per farvi pagare: anderò a chiamare il conatabile. (esce).

Sly. Consti o no, non me ne cale: gli risponderò come debbo; di qui non mi muoverò, venga quando vuole. (si adagia per terra e si addormenta. Squillo di corni. Entra il signore con seguito di cacciatori e di domestici).

Sig. Abbiate cura de’ miei cani, che non ne possono più: si è molto cacciato oggi. Silver si è comportato da eroe contro i cervi, e non vorrei perdere quel cane per venti ghinee.

Cacc. Belman è migliore di lui, signore: due volte egli ha [p. 346 modifica]fiutato oggi, laddove gli altri veltri passavano insensibili: credetemi è il vostro miglior cane.

Sig. Sei pazzo: se Eco l’uguagliasse in celerità, varrebbe dieci cani eguali a lui. Ma dagli ben a mangiare, e abbine ogni cura. Dimani correrò i campi di nuovo.

Cacc. Cosi farò, signore.

Sig. Chi è costà? Un morto o un ubbriaco? Guarda se respira.

Cacc. Respira, signore. Se il vino nol tenesse caldo, sarebbe un letto ben freddo per dormire così profondamente.

Sig. Oh mostruosa bestia! egli giace come un maiale! Fatal morte! come il tuo aspetto è spaventoso! Amici, vuo’ divertirmi con questo ubbriaco. Se lo recassimo in un letto, e l’avvolgessimo fra morbide stoffe, ponendogli diamanti nelle dita, uno squisito banchetto davanti e molti servi d’intorno, il povero uomo svegliandosi non crederebbe egli aver perduta ogni conoscenza di sè?

Cacc. Sarebbe una leggiadra beffa.

Cacc. Il suo stato diverrebbe assai confuso.

Sig. Come se uscisse da un sogno lusinghiero o da una vana illusione. — Su, prendetelo, e recatelo lentamente nelle mie migliori stanze; appendete intorno a lui tutti i miei quadri più voluttuosi; profumategli il capo con essenze odorifere, e abbruciate legni fragranti in ogni parte: ai momento del suo risvegliarsi si oda la musica più dolce che immaginar si possa, e se egli parla, itegli col più profondo rispetto: «quali son gli ordini di monsignore?» Uno di voi gli presenti un bacino d’argento pieno d’acque di rose; un altro uno specchio di Venezia, un terzo un drappo d’Olanda, chiedendogli: «Vostra Grandezza vorrebb’ella lavarsi le mani?» qualcun altro poi sia presto coi più belli abiti, e gli dimandi quale vuole porsi. Parlategli quindi de’ suoi cani e del suo cavallo, ditegli che la sua consorte è dolentissima della sua infermità. Persuadetelo che ha avuto un attacco di follia, e quando vorrà dirvi che non è che un pover’uomo, interrompetelo sostenendogli che vaneggia, e che è un potente signore. Fate tutto ciò con sagacità, miei amici, e avremo il più bel sollazzo del mondo.

Cacc. Noi compiremo così bene la nostra parte, ch’egli si crederà veramente quello che diremo che è.

Sig. Portatelo adagio, e fate ciò che ho detto. (Sly è portato via. Si ode lo squillo di una tromba) Tu va a vedere che tromba è questa (un Dom. esce). Sara forse qualche signore che passando di qui vorrà soggiornare nel nostro castello. (rientra il Dom.) Ebbene? Chi è? [p. 347 modifica]

Dom. Sono commedianti che offrono i loro servigi a Vostra Signoria.

Sig. Di’ loro che vengano. (entrano i commedianti) Siate i benvenuti, amici.

Comm. Vi ringraziamo, signore.

Sig. Volete restar con me questa sera?

Comm. Sì, se piace a Vossignoria d’accettare i nostri servigi.

Sig. Con tutto il cuore. Mi sembra d’aver veduto quell’attore e di averlo inteso in una parte in cui vagheggiava una fanciulla... Ho dimenticato vostro nome, ma certamente quella parte fu ben riempita, e con molta verità.

Comm. Credo intendiate, signore, la parte di Soto.

Sig. Appunto. Oh! voi la compieste a dovere. Siete venuti qui in momento propizio e tanto più opportuno, quanto che mi va per la testa certa ricreazione in cui voi mi sarete del maggior sussidio. Vi è da me un signore che vi vedrà di buon grado a recitare questa sera, ma io temo per voi; temo che, osservando il suo bizzarro contegno e portamento, non prorompiate in risa, e non l’offendiate; perchè vi fo fede che, se riderete, egli si sdegnerà.

Comm. Non temete, signore, sapremo contenerci; foss’egli l’uomo più balzano e ridicolo di questo mondo.

Sig. (a uno de’ suoi Dom.) Conducili in casa, e abbi ogni pensiero di loro, onde nulla manchi. (esce il Dom. coi Comm.) Tu va a trovare il mio paggio Bartolomeo (a un altro Dom.) e fallo vestire da donzella dai piedi alla testa: dopo ciò, conducilo nella camera dell’ubbriaco, e chiamalo Signora col più gran rispetto. Digli per conto mio che se vuole venirmi in grazia simuli l’aria e il contegno delle nobili donne che ha vedute, e parli all’ubbriaco con un dolce accento di voce, e con umile garbo gli dica: «che comanda Vostra Signoria? In che mai la vostra sposa, la vostra docile sposa può ella addimostrarvi il suo zelo e l’amor suo?» e quindi stringendolo fra le braccia lo baci amorosamente, e inchinandosi sopra il suo seno versi pianti di gioia, vedendo il suo nobile signore tornato in salute, dopo che per quindici anni ei s’è creduto un povero e vile mendico. Che se il mio paggio non ha il dono delle femmine per spargere lagrime, il sugo di una cipolla potrà ottenere l’effetto; ne porti una avvolta nella pezzuola, e il pianto sgorgherà naturalmente da’ suoi occhi. Istruiscilo bene di ciò, e ritorna che ti darò altre incumbenze. (il Dom. esce) So che quel garzone simulerà a meraviglia una dama di qualità; nè vedo l’ora di udirlo chiamare l’ubbriaco suo sposo, e di vedere [p. 348 modifica]come gli altri faranno per non ridere, qnando s’inchineranno davanti a quel ribaldo. Entrerò per insegnare a tutti la lezione, e la mia presenza varrà forse meglio d’ogni altro a contenerli. (escono)

SCENA II.

Una camera da letto nella casa del Signore.

Sly è vestito di una magnifica veste da camera e circondato da molti domestici in livrea; alcuni con bacini d’argento, altri con specchi e profumi. Il Signore è fra di loro, vestito anch’egli da domestico.

Sly. Per amor di Dio! datemi un po’ di vernaccia.

Dom. Vossignorìa desidera cipro o canarie?

Dom. Vostro Onore si degnerebbe assaggiare quest’acqua d’arancio?

Dom. Quale vestimento indosserà oggi Vostra Grandezza?

Sly. Io sono Cristoforo Sly; non mi chiamate nè Onore, nè Grandezza; non ho mai bevuto vino di canarie nè di cipro, e prima che ber acqua d’arancio, mangerei un quarto di bue. Non mi chiedete qual abito io voglia indossare. Non ho che un abito, come non ho che un dorso; il numero delle mie calze corrisponde a quello delle mie gambe, quello delle mie scarpe a quello dei miei piedi, e spesso ho anche più piedi che scarpe; i pollici dei piedi miei fanno poi spesso capolino dai loro calzari.

Sig. Il cielo dissipi dalla vostra mente queste bizzarre idee! Oh monsignore! è ben tristo che un uomo del vostro grado, della vostra nascita, possessore di sì vasti dominii, e avuto in tanta considerazione, sia imbevuto di sentimenti così bassi!

Sly. Volete farmi impazzire? Non son io Cristoforo Sly, figlio del vecchio Sly di Burton, facchino un tempo, ed ora calderaio? Chiedete a Maria Achet, l’ostessa di Wincot, se mi conosce; e se non dice ch’io le debbo quattordici soldi di mezzo vino bevuto, abbiatemi in conto del maggior bugiardo di tutta la cristianità. Che! Ho io forse la febbre calda? Ecco.....

Dom. Oimè! è appunto ciò che fa pianger sempre la vostra signora.

Dom. È ciò e non altro che empie d’angoscia i vostri domestici.

Sig. E la cagione è questa per cui i parenti nobilissimi che [p. 349 modifica]avete fuggono dal vostro castello, cacciatine dagli strani delirii della vostra mente. Sa, signore, ricordatevi della vostra nascita; rammentate i vostri antichi sentimenti, e bandite queste vili chimere. Mirate come i vostri domestici vi stanno intorno, pronti ad obbedirvi appena comandiate. Desiderate voi di udir musica? Porgete ascolto: è Apollo stesso che sfiora la lira, e venti rosignuoli cantano nelle loro gabbie (si ode musica). Volete riposarvi? Vi porteremo in un letto di piume, più soffice che nol fu quello fatto per Semiramide. Vi piace di passeggiare? Annaffieremo la terra d’acqua di rose. Volete cavalcare? Appresteremo i vostri cavalli e li cuopriremo con gualdrappe ricamata in oro e in perle. Amate invece la caccia? Avrete falchi che s’innalzeranno molto al disopra dell’allodola mattutina. Volete inseguire i cervi? I vostri cani faran risuonare coi loro latrati la volta del cielo, e risveglieranno gli echi nella profondità della terra.

Dom. Se vi piacciono i quadri noi vi recheremo tosto un Adone giacente accanto ad una sorgente d’acqua viva, intantochè Venere lo contempla voluttuosamente da un cespuglio.

Sig. Altri quadri vi mostreremo di maravigliosa freschezza; Io, Dafne, Apollo, e cento altri dipinti, tutti fatti con tal valore da restarne stupefatti. Voi siete un signore, avete la più bella donna per moglie: a che dunque vi affliggereste?

Dom. Prima che le lagrime, che la costringeste a versare, avessero irrigato il suo volto, ella era la creatura più leggiadra di questo mondo; ed anche ora non la cede in bellezza ad alcuna del suo sesso.

Sly. Son io dunque un signore? È dunque vero ch’io possegga tanto bella donna? è forse un sogno che fo? oppure ho sognato fino a questo giorno? Io non dormo, ma veggo, favello, intendo; sento questi odori soavi, e le mie mani son sensibili alla dolcezza dei drappi che mi attorniano. Sulla mia vita! io sono un signore davvero, e non un calderaio, non Cristoforo Sly. Via; fate venir qui la mia dama, ch’io la vegga, e con lei venga un fiasco di vino.

Dom. Piacerebbe a Vossignoria di lavarsi le mani? Qual gioia proviamo, veggendovi rientrato in voi stesso! Oh se voleste riconoscere anche una volta soltanto quello che siete! Son quindici anni che vivete in un sogno continuo, e che vaneggiate anche desto.

Sly. Quindici anni! Ma non ho io mai parlato durante tal tempo?

Dom. Sì, signore, ma con parole vuote di senso, [p. 350 modifica]avvegnachè, sebbene voi vi giaceste qui in queste belle stanze, dicevate sempre che vi avevano cacciato fuori di casa, e ve la pigliavate contro un’ostessa che volevate far chiamare dinanzi alla Corte di giustizia perchè vi aveva maltrattato. A costei solevate dare il nome di Cecilia Achet.

Sly. Sì, era la cameriera dell’ostessa.

Dom. Su dunque, signore, voi non sapete niente di alcuna osteria, nè di alcuna fanciulla, nè di tutti coloro che nominavate Sly, Naps, Turf, Pimprenel, e venti altri che non han mai esistito.

Sly. Sia lodato il Cielo di questa mia bella guarigione!

Tutti. Così sia.

Sly. Io ti ringrazio, e verrai ricompensato. (entra il paggio vestito da dama con altre donne del seguito)

Pag. Come sta il mio nobile signore?

Sly. Bene in verità, perocchè qui viene imbandito un assai bel pasto. Dov’è mia moglie?

Pag. Eccomi, signore: che volete da me?

Sly. Voi siete mia moglie, e non volete chiamarmi marito? I domestici han da dirmi signore; voi dovete dirmi sposo.

Pag. Sposo e signore, signore e sposo; io vostra sposa son pronta ad obbedirvi in tutto.

Sly. Lo so: come debbo io chiamarla?

Sig. Madonna.

Sly. Madonna sposa, e’ dicono che ho vaneggiato per quindici anni.

Pag. Oimè! sì, e tal tempo mi è sembrato doppio, essendo stata così divisa da voi.

Sly. A meraviglia: lasciateci soli, domestici. — Madonna, venitene accanto a me.

Pag. Nobile signore, vogliate scusarmi anche per un poco. I vostri medici mi hanno espressamente vietato di giacermi con voi per alcuni altri giorni, per tema che non ricaggiate nei vostri impeti: spero che tal ragione varrà a scusarmi.

Sly. Nello stato in cui sono mi sarà difficile l’aspettare; ma in onta della carne e del sangue attenderò per non ritornare nel mio infausto delirio. (entra un domestico)

Dom. I commedianti di Vossignorìa, essendo stati istruiti della vostra guarigione, si faranno udire da voi. I medici credono che tal sollazzo vi sarà profittevole, e vi distorrà dalla vostra malinconia: essi hanno quindi approvato che assistiate alla rappresentazione, e vogliono che avvezziate la vostr’anima alla [p. 351 modifica]letizia e al diletto, rimedii che prevengono mille mali, e allungano la vita.

Sly. Così farò: dite che vengano. Cosa reciteranno?

Pag. Un piccolo dramma; qualche graziosa istoria.

Sly. Udiremo. Venite, madonna mia moglie, assidetevi al mio fianco, e lasciate che il mondo corra; per l’avvenire noi non saremo mai più giovani di adesso. (si assidono)