La Congiura de' Pazzi (Alfieri, 1946)/Atto quinto

Atto quinto

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Atto quarto

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ATTO QUINTO

SCENA PRIMA

Raimondo, Bianca.

Raim. Or via, che vuoi? Torna a tue stanze, torna:

lasciami; tosto io riedo.
Bianca   Ed io non posso
teco venirne?
Raim.   No.
Bianca   Perché?...
Raim.   Nol puoi.
Bianca Di poco amor, me cosí tratti? O dolci
passati tempi, ove ne andaste? Al fianco
non mi sdegnavi allora; né mai passo
movevi allor, ch’io nol movessi accanto! —
Perché ti spiaccio? in che ti offendo? Or sfuggi,
ed or (che è peggio) anco mi scacci. Il suono
dunque di questa mia voce non giunge,
piú non penétra entro il tuo core? Ahi lassa!...
Pur ti vogl’io seguir, da lungi almeno...
Raim. Ma, di che temi? o che supponi?...
Bianca   Il sai.
Raim. So, che tu m’ami, e ch’io pur t’amo; e t’amo
piú che nol credi, assai. Tel tace il labro;
ma il cor tel dice, e il volto, e il guardo, e ogni atto
in me tel dice. Or, s’io ti scaccio o sfuggo,
il fo, perché d’ogni mio affanno a parte

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men ti vorrei:... qual puoi sollievo darmi?

Bianca Pianger non posso io teco?
Raim.   Il duol mi addoppia
vederti in pianto consumar tua vita;
e in pianto vano. Ogni uomo io sfuggo, il vedi;
ed a me stesso incresco.
Bianca   Altro ben veggio;
pur troppo io veggio, che di me diffidi.
Raim. Ogni mio male io non ti narro?...
Bianca   Ah! tutti
i mali, sí; non i rimedj. In core
tu covi alto disegno. A me non stimi,
che a dir tu l’abbi? e tacilo. Ti chieggo
sol di seguirti; e il nieghi? Io forse posso
a te giovar; ma nuocerti, non mai.
Raim. ... Che vai dicendo?... In cor, nulla rinserro,...
tranne l’antica al par che inutil rabbia.
Bianca Ma pur la lunga e intera notte, questa
cui non ben fuga ancor l’alba sorgente,
diversa, oh quanto, da tutt’altre notti
era per te! Sovra il tuo ciglio il sonno
né un sol momento scese. Ad ingannarmi
chiudevi i lumi; ma il frequente e grave
alitar del tuo petto, i tuoi repressi
sospiri a forza, ed a vicenda il volto
tinto or di fuoco, ora di morte;... ah! tutto,
tutto osservai, che meco amor vegliava:
e non m’inganno, e invan ti ascondi...
Raim.   E invano
vaneggi tu. — Pieno e quíeto il sonno
non stese, è ver, sovra il mio capo l’ali;
ma spesso avviemmi. E chi placide notti
sotto a’ tiranni dorme? Ognor dall’alto
su le schiave cervici ignudo pende
da lieve filo un ferro. Altr’uom non dorme
quí, che lo stolto.

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Bianca   Or, che dirai del tuo

sorger sí ratto dalle piume? è questa
forse tua solit’ora? Ancor del tutto
dense eran l’ombre, e tu giá in piè balzavi,
com’uom, cui stringe inusitata cura.
E ver me poscia, sospirando, gli occhi
non ti vedea rivolgere pietosi?
E ad uno ad un non ti vid’io i tuoi figli,
sorto appena, abbracciar? che dico? al seno
ben mille volte stringergli, e di caldi
baci empiendogli, in atto doloroso
inondar loro i tenerelli petti
di un largo fiume di pianto paterno...
Tu, sí feroce giá? tu, quel dal ciglio
asciutto ognora?... E crederò, che cosa
or d’altissimo affare in cor non serri?
Raim. ... Io piansi?...
Bianca   E il nieghi?
Raim.   ... Io piansi?...
Bianca   E pregne ancora
di pianto hai le pupille. Ah! se nol versi
in questo sen, dove?...
Raim.   Sul ciglio mio
lagrima no, non siede:... e, s’io pur piansi,...
piansi il destin degli infelici figli
di un oltraggiato padre. Il nascer loro,
e il viver lor poss’io non pianger sempre? —
O pargoletti miseri, qual fato
in questa morte, che nomiam noi vita,
a voi sovrasta! de’ tiranni a un tempo
schiavi e nipoti, per piú infamia, voi...
Mai non vi abbraccio, ch’io di ciò non pianga...
Sposa, deh! tu, dell’amor nostro i pegni,
amali tu; perch’io d’amore gli amo
diverso troppo dal tuo amore, e omai
troppo lontan da’ miei corrotti tempi.

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Piangi tu pure il lor destino;... e al padre

fa che non sien simíli, se a te giova,
piú che a virtude, a servitú serbarli.
Bianca Oh ciel!... quai detti!... I figli... oimè!... in periglio?...
Raim. Ove periglio sorga, a te gli affido.
S’uopo mai fosse, dei tiranni all’ira
pensa a sottrarli tu.
Bianca   Me lassa! Or veggio,
ora intendo, or son certa. O giorno infausto,
giunto pur sei; maturo è il gran disegno:
tu vuoi cangiar lo stato.
Raim.   ...E s’io il volessi,
ho in me forza da tanto? Il vorrei forse;
ma, sogni son d’infermo...
Bianca   Ah! mal tu fingi:
uso a mentir meco non è il tuo labro.
Grand’opra imprendi, il mio terror mel dice;
e quei, che al volto alternamente in folla
ti si affaccian tremendi e varj affetti;
disperato dolor, furor, pietade,
odio, vendetta, amore. Ah! per quei figli,
che tu mal grado tuo pur cotanto ami,
non per me, no; nulla son io; pel tuo
maggior fanciul, dolce crescente nostra
comune speme, io ti scongiuro; almeno
schiudimi in parte il tuo pensier; te scevro
fa ch’io sol veggia da mortal periglio
e in ciò mi acqueto: o, se in periglio vivi,
lasciami al fianco tuo. Deh! come deggio
salvar tuoi figli, s’io del tutto ignoro
qual danno a lor sovrasti! A’ piedi tuoi
prostrata io cado; e me non vedrai sorta,
finché non parli. Se di me diffidi,
svenami; se in me credi, ah! perché taci?
Son moglie a te; null’altro io son: deh! parla.
Raim. ... Donna,... deh! sorgi. Il tuo timor ti pinge

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entro all’accesa fantasia perigli

per or lontani assai. Sorgi; ritorna,
e statti ai figli appresso: a lor tra breve
anch’io verrò: lasciami.
Bianca   Ah! no...
Raim.   Mi lascia;
io tel comando.
Bianca   Abbandonarti? Ah! pria
svenami tu: da me in null’altra guisa
sciolto ne andrai...
Raim.   Cessa.
Bianca   Deh!...
Raim.   Cessa; o ch’io...
Bianca Ti seguirò.
Raim.   Me misero! ecco il padre;
ecco il padre.


SCENA SECONDA

Guglielmo, Raimondo, Bianca.

Gugl.   Che fai? v’ha chi t’aspetta

al tempio; e intanto inutil quí?...
Raim.   L’udisti?
Al tempio vò; che havvi a temer? deh! resta.
Padre, trattienla: io volo, e tosto riedo. —
Bianca, se m’ami, io t’accomando i figli.


SCENA TERZA

Guglielmo, Bianca.

Bianca Oh parole! Ahi me misera, che a morte

ei corre! E a me tu di seguirlo vieti?
Crudo...
Gugl.   Arrestati; placati; fra breve
ei tornerá.
Bianca   Crudel; cosí ti prende

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pietá del figlio tuo? Solo tu il lasci

incontro a morte andarne, e tu sei padre?
Se tu il puoi, l’abbandona; ma i miei passi
non rattener; mi lascia, irne vogl’io...
Gugl. Fora il tuo andare intempestivo, e tardo.
Bianca Tardo? oimè! Dunque è ver, ch’ei tenta... Ah! narra...
O parla, o andar mi lascia... Ove corre egli?
A dubbia impresa, il so; ma udir non debbo
ciò che a sí viva parte di me spetta?
Ah! voi pur troppo di qual sangue io nasca,
piú di me il rimembrate. Ah! parla: io sono
fatta or del sangue vostro: i miei fratelli
non odio, è ver; ma solo amo Raimondo;
l’amo quant’oltre puossi; e per lui tremo,
che pria ch’a lor non tolga egli lo stato,
non tolgan essi a lui la vita.
Gugl.   Or, s’altro
non temi; e poiché pur tant’oltre sai;
men dubbia, or sappi, è dell’altrui, sua vita.
Bianca Oh ciel! di vita anco in periglio stanno
i fratelli?...
Gugl.   I tiranni ognor vi stanno.
Bianca Che ascolto? oimè!...
Gugl.   Ti par, che tor lo stato
altrui si possa, e non la vita?
Bianca   Il mio
consorte or dunque,... a tradimento,... i miei?...
Gugl. A tradimento, sí, versar lor sangue
dobbiam noi pria, che il nostro a tradimento
si bevan essi: e al duro passo, a forza,
essi ci han tratti. A te il marito e i figli
tolti eran, sí, tolti a momenti: ah! d’uopo
n’era pur prevenir lor crudi sdegni.
Io stesso, il vedi, a secondar la impresa,
oggi all’antico fianco il ferro io cingo
da tanti anni deposto.

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Bianca   Alme feroci!

Cor simulati! io non credea che a tale...
Gugl. Figlia, che vuoi? necessitá ne sprona.
Piú non è tempo or di ritrarci. Al cielo
porgi quai voti a te piú piace: intanto
lo uscir di quí non ti si dá: custodi
hai molt’uomini d’arme. — Or, se pur madre
piú ch’altro sei, torna a’ tuoi figli, ah! torna...
Ma il sacro squillo del bronzo lugúbre
udir giá parmi... ah! non m’inganno. Oh figlio!...
Io corro, io volo a libertade, o a morte.


SCENA QUARTA

Bianca, uomini d’arme.

Bianca Odimi... Oh come ei fugge! Ed io quí deggio

starmi? Deh! per pietá, schiudete il passo:
questo fia il petto, che colá frapposto
può il sangue risparmiar... Barbari; in voi
nulla può la pietá? — Nefande, infami,
esecrabili nozze! io ben dovea
antiveder, che sol potean col sangue
finir questi odj smisurati. Or veggo
perché tacea Raimondo: in ver, ben festi
di a me celar sí abbominevol opra:
d’alta vendetta io ti credea capace;
non mai di un vile tradimento, mai...
Ma, qual odo tumulto?... Oh ciel!... quai grida?...
Par che tremi la terra!... Oh di quale alto
fremito l’aria rimbomba!... distinto,
di libertá, di libertade il nome
suonami...1 Oimè! giá i miei fratelli a morte
forse... Or chi veggio? Oh ciel! Raimondo?...

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SCENA QUINTA

Raimondo, Bianca.

Bianca   Iniquo,

che festi? parla. A me, perfido, torni
col reo pugnal grondante del mio sangue?
Chi mai ti avrebbe traditor creduto?
Che miro? oimè! dallo stesso tuo fianco
spiccia il sangue a gran gorghi?... Ah! sposo...
Raim.   ... Appena...
Mi reggo... O donna mia,... sostiemmi... Vedi?
Quello, che gronda dal mio ferro, è il sangue
del tiranno; ma...
Bianca   Oimè!...
Raim.   Questo è mio sangue;...
Io... nel mio fianco...
Bianca   Oh! piaga immensa...
Raim.   Immensa,
sí; di mia man me la feci io, per troppa
gran rabbia cieco... Su Giuliano io caddi:
lo empiei di tante e di tante ferite,
che d’una... io stesso... il mio fianco... trafissi.
Bianca Oh rio furore!... Oh mortal colpo!... Oh quanti
ne uccidi a un tratto!
Raim.   A te nol dissi, o sposa...
Deh! mel perdona: io dir non tel dovea;
né udirlo tu, pria che il compiessi:... e farlo
ad ogni costo era pur forza... Duolmi,
che a compier l’opra ogni mia lena or manca...
S’ei fu delitto, ad espíarlo io vengo
agli occhi tuoi, col sangue mio... Ma, sento
libertade eccheggiar vieppiú d’intorno?
E oprar non posso!...
Bianca   Oh cielo! E... cadde... anch’egli...
Lorenzo?...

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Raim.   Almeno al feritore io norma

certa ne diedi... Assai felice io moro,
se in libertá lascio, e securi,... il padre,...
la sposa,... i figli,... i cittadini miei...
Bianca Me lasci al pianto... Ma, restar vogl’io?
Dammi il tuo ferro...
Raim.   O Bianca... O dolce sposa...
Parte di me;... rimembra, che sei madre...
Viver tu dei pe’ nostri figli; ai nostri
figli or ti serba,... se mi amasti...
Bianca   Oh figli!...
Ma il fragor cresce?...
Raim.   E piú si appressa;... e parmi
udir le grida varíare... Ah! corri
ai pargoletti, e non lasciarli: ah! vola
al fianco loro. — Omai,... per me... non resta...
Speme. — Tu il vedi,... che... a momenti... io passo.
Bianca Che mai farò?... Presso a chi star?... Che ascolto?
«Al traditore, al traditor; si uccida.»
Qual traditore?...
Raim.   Il traditor,... fia... il vinto.


SCENA SESTA

Lorenzo, Guglielmo, Bianca, Raimondo,

altri uomini d’arme.

Loren. Si uccida.

Raim.   Oh vista!
Bianca   O fratel mio, tu vivi?
Abbi pietá...
Loren.   Quí ricovrò l’infame;
infra le braccia di sua donna ei fugge;
ma invan. Svelgasi a forza...
Bianca   Il mio consorte!...

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I figli miei...

Raim.   Tu in ferrei lacci, o padre?...
Gugl. E tu piagato?
Loren.   Oh! che veggi’io? dal fianco
versi il tuo sangue infido? Or, chi ’l mio braccio
prevenne?
Raim.   Il mio; ma errò: quest’era un colpo
vibrato al cor del fratel tuo. Ma, ei n’ebbe
da me molti altri.
Loren.   Il mio fratello è spento;
ma vivo io, vivo; e, a uccider me, ben altra
alma era d’uopo, che un codardo e rio
sacerdote inesperto. Estinto cadde
Salviati; e seco estinti gli altri: il padre
sol ti serbai, perché in veder tua morte,
pria d’ottener la sua, doppia abbia pena.
Bianca L’incrudelir che vale? a morte presso
ei langue...
Loren.   E semivivo, anco mi giova...
Bianca Pena ha con se del fallir suo.
Loren.   Che veggio!
Lo abbracci tinto del fraterno sangue?
Bianca Ei m’è consorte;... ei muore...
Raim.   Or,... di che il preghi? —
Se a me commessa era tua morte, mira,
se tu vivresti2.
Bianca   Oh ciel! che fai?...
Raim.   Non fero
invano... io... mai.
Gugl.   Figlio!...
Raim.   M’imíta, o padre.
Ecco il ferro.
Bianca   A me il dona...

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Loren.   Io ’l voglio3. — O ferro,

trucidator del fratel mio, quant’altre
morti darai!
Raim.   Sposa,... per sempre... addio.
Bianca Ed io vivrò?...
Gugl.   Terribil vista! — Or tosto,
fammi svenar: che piú m’indugi?
Loren.   Al tuo
supplizio infame or or n’andrai. — Ma intanto,
si stacchi a forza la dolente donna
dal collo indegno. Allevíar suo duolo
può solo il tempo. — E avverar sol può il tempo
me non tiranno, e traditor costoro.


  1. Gli uomini d’arme si ritirano.
  2. Si pianta nel cuore lo stile, che avea nascoso al giunger di Lorenzo.
  3. Strappa il ferro di mano a Guglielmo, che l’avea raccolto, appena gittatogli da Raimondo.