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340 la congiura de’ pazzi
men ti vorrei:... qual puoi sollievo darmi?

Bianca Pianger non posso io teco?
Raim.   Il duol mi addoppia
vederti in pianto consumar tua vita;
e in pianto vano. Ogni uomo io sfuggo, il vedi;
ed a me stesso incresco.
Bianca   Altro ben veggio;
pur troppo io veggio, che di me diffidi.
Raim. Ogni mio male io non ti narro?...
Bianca   Ah! tutti
i mali, sí; non i rimedj. In core
tu covi alto disegno. A me non stimi,
che a dir tu l’abbi? e tacilo. Ti chieggo
sol di seguirti; e il nieghi? Io forse posso
a te giovar; ma nuocerti, non mai.
Raim. ... Che vai dicendo?... In cor, nulla rinserro,...
tranne l’antica al par che inutil rabbia.
Bianca Ma pur la lunga e intera notte, questa
cui non ben fuga ancor l’alba sorgente,
diversa, oh quanto, da tutt’altre notti
era per te! Sovra il tuo ciglio il sonno
né un sol momento scese. Ad ingannarmi
chiudevi i lumi; ma il frequente e grave
alitar del tuo petto, i tuoi repressi
sospiri a forza, ed a vicenda il volto
tinto or di fuoco, ora di morte;... ah! tutto,
tutto osservai, che meco amor vegliava:
e non m’inganno, e invan ti ascondi...
Raim.   E invano
vaneggi tu. — Pieno e quíeto il sonno
non stese, è ver, sovra il mio capo l’ali;
ma spesso avviemmi. E chi placide notti
sotto a’ tiranni dorme? Ognor dall’alto
su le schiave cervici ignudo pende
da lieve filo un ferro. Altr’uom non dorme
quí, che lo stolto.