La Colonia Eritrea/Parte I/Capitolo II

Capitolo II

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CAPITOLO II.

(1882-1884)




Crisi egiziana ed insurrezione Mahdista — Loro influenza sul movimento d’espansione coloniale dell’Italia.


La crisi egiziana e l’insurrezione mahdista furono due avvenimenti che ebbero una grande influenza nella politica coloniale europea e specialmente dell’Italia.

L’Egitto sotto il governo di Mehemed-Alì e dei suoi successori si era ingolfato in guerre di conquista che ne avevano esteso il dominio sull’alta Nubia e su tutte le provincie della valle superiore del Nilo fino ai laghi equatoriali, e sulle coste orientali del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano fino alle regioni dell’Harrar e dei Somali.

Ma le grandi lotte sostenute e le strepitose sconfitte subite negli anni 1875 e 1876 contro l’Abissinia, avevano dissanguato l’erario e scossa la coesione dell’immane dominio. Il kedive Ismail pascià, per far fronte alle spese della sua mania conquistatrice, tentò delle forti speculazioni commerciali che diedero adito nel [p. 7 modifica]paese all’influenza europea, e si gettò egli stesso alla testa di colossali imprese industriali, tra le quali va annoverata a sua gloria l’apertura del canale di Suez (1859-69). Ma ben pochi vantaggi ne derivarono all’erario del paese.

Quando l’Inghilterra si accorse che quella opera grandiosa poteva essere proficua ai proprii interessi, approfittando delle strettezze del Kedive, acquistò per 100 milioni di lire tutte le azioni del Canale da lui possedute e divenne così la principale azionista di quell’opera.

Fatta così cointeressata nelle faccende d’Egitto, l’Inghilterra trovò poi modo nel 1876 di far sottoporre le sue finanze pericolanti ad un controllo di funzionari francesi ed inglesi.

Ma questa ingerenza straniera nell’amministrazione interna dell’Egitto, non arrecò alcun vantaggio alle sue finanze e servì solo a destare la ripugnanza della popolazione contro l’influenza europea e la diffidenza della Sublime Porta alta sovrana del paese.

Crescendo gli imbarazzi finanziari ed i malumori interni, Ismail pascià nel 1879 fu costretto ad abdicare, e gli successe il figlio Tewfyck pascià con poteri alquanto ridotti dalla Sublime Porta, e quasi sotto la tutela delle potenze europee.

Finalmente nel 1882 avvenne il pronunciamento di Arabì pascià. Suo scopo era quella di sottrarre l’Egitto all’influenza delle nazioni europee, di consolidare l’alto dominio della Turchia, e di dotare il paese di ordini [p. 8 modifica]rappresentativi nei quali gli elementi mussulmani fossero in maggioranza.

Questo movimento trovò largo favore nell’ufficialità e nella popolazione ed appoggio dalla Turchia. In breve Arabì fu portato dall’aura popolare alla carica di ministro della guerra, e dal Cairo poteva dirigere la rivoluzione: nelle città succedevano sommosse contro i cristiani e gli europei; la Porta preparava di soppiatto dei rinforzi, e si parlava già della deposizione del Kedivè.

Allora l’Inghilterra dopo aver sollecitato invano la Francia, ed inutilmente invitato l’Italia, che oppose un formale rifiuto, decise il suo intervento.

In seguito ad una sommossa avvenuta in Alessandria, nella quale furono uccisi alcuni cristiani, l’ammiraglio inglese Seymour nelle giornate 11 e 12 luglio 1882 la faceva bombardare dalla sua squadra, riducendola alla quiete; e poco appresso un grosso corpo inglese, sbarcando a Porto Said e ad Ismailia, preveniva i rinforzi della Turchia e prendeva alle spalle Arabi pascià, il quale nella giornata del 13 settembre successivo veniva sbaragliato e disperso con tutti i suoi a Tel el Kebir1.

Da quel momento l’Inghilterra, malgrado le invidie gelose delle potenze e le proteste della Turchia, stabilì e mantenne l’occupazione militare sull’Egitto che la rese effettivamente padrona di tutto il paese; ed ogni altra ingerenza delle nazioni europee, [p. 9 modifica]all’infuori dei diritti nominali della Porta, effettivamente ivi scomparve.

Mentre l’Egitto era in preda alla rivoluzione interna, scoppiava nel Sudan l’insurrezione madhista.

Un certo Mohamed Ahmed figlio di un carpentiere di Dongola, dopo aver vissuto lunghi anni da anacoreta, ritirato nell’isola di Abba, sul Nilo Bianco, e di essere divenuto in fama per santità e dottrina, si annunziò Mahdi o profeta vaticinato di Maometto, e cominciò a predicare l’insurrezione, col programma di voler purificare la religione secondo le primitive leggi del Corano e di abbattere il dominio degli egiziani.

Il mal governo dell’Egitto aveva esasperato quelle provincie; le angherie ed i soprusi esercitati dalla maggior parte dei governatori egiziani, intesi solo ad arricchire ed a spremere balzelli, e la guerra mossa alla tratta degli schiavi unica sorgente di guadagno pei mercanti di quelle contrade, avevano creato nelle popolazioni un odio insormontabile.

Perciò il movimento Mahdista trovò terreno fecondo, ed attaccò facilmente, e rapidamente si allargò in modo formidabile.

Il Darfour il Kordofan ed il Sennaar vennero in breve tempo in potere del Mahdi, e le piccole guarnigioni egiziane sparse fra i due Nili, sopraffatte in tutti gli scontri erano massacrate o costrette a ripiegare su Kartum.

Lo stesso avveniva nella Nubia ove il [p. 10 modifica]luogotenente del Mahdi Osman Digma stringeva la guarnigione di Sinkat, Tokar, Kassala e Berber e minacciava i porti del Mar Rosso.

Il fanatismo religioso eccitato dalle parole del Mahdi infiammava gli insorti e li rendeva temerari, sprezzanti della morte e feroci non soltanto contro gli uomini, ma anche contro le donne ed i fanciulli; quanti europei capitavano fra le loro mani venivano passati a fil di spada.

Già due corpi egiziani mossi da Suakim per recarsi in soccorso delle guarnigioni bloccate erano stati quasi distrutti l’uno a Kasgil il 9 novembre 1883 (Hichx pascià) e l’altro ad El Teb il 1° febbraio 1884 (Bacher pascià); l’Egitto e la Turchia si dibattevano nell’impotenza, e l’insurrezione rumoreggiava nel basso Nilo: allora l’Inghilterra che per l’occupazione militare del paese, ne era divenuta la tutrice naturale, spinta dall’opinione pubblica e dal Parlamento, credette doveroso di intervenire e di assumersi l’incarico della liberazione delle predette guarnigioni.

Cominciò col far allestire un primo corpo di spedizione sotto gli ordini dei generali Stevenson e Graaham, i quali però, non riuscirono ad impedire la caduta di Tokar e Berber nelle mani degli insorti. Si valse quindi dell’opera del celebre generale inglese Gordon, il quale sotto Ismail pascià, era già stato due volte governatore nel Sudan, acquistandosi fama di giusto e di forte. Egli fu inviato a Kartum munito dei più ampi poteri perchè cercasse di arrestare l’insurrezione e [p. 11 modifica]provvedesse alla salvezza degli europei e della guarnigione rinchiusa nella città.

Rinforzò quindi la squadra del Mar Rosso affidandone il comando all’ammiraglio Hevett, il quale per mantenere buono verso l’Egitto il potente Negus d’Abissinia e facilitare all’occorrenza la liberazione della guarnigione di Kassala stringeva con lui un trattato di amicizia e di commercio (3 giugno 1884)2.

Gordon giunto a Kartum il 17 febbraio 1884, tentò tutti i mezzi onde riuscire nel proprio intento, ma era troppo tardi; rimasto assediato nella città, chiese rinforzi al suo Governo e si dispose ad una eroica resistenza.

Sui primi di agosto 1884 finalmente l’Inghilterra si decise ad una nuova ed importante spedizione collo scopo di muovere in suo soccorso. Ne fu affidato il comando al generale Volseley e fu scelta come strada di percorso la valle del Nilo. Ma intanto le condizioni di Kartum si erano fatte quasi disperate e quelle degli altri presidi della Nubia più critiche e minacciose3.

Fu in questo frangente che tra l’Inghilterra e l’Italia furono intavolati gli accordi segreti che condussero all’occupazione di Massaua.

[p. 12 modifica]Aprofittando degli imbarazzi della Turchia e della necessità in cui per gli eventi del Sudan si trovava l’Egitto di dover abbandonare i porti più lontani del Mar Rosso, l’Inghilterra, per evitare che essi andassero in mano di altre potenze meno amiche che l’Italia, e per avere all’occorrenza man forte nella sua impresa contro il Sudan o suggeriva o autorizzava l’occupazione di Massaua4.






Note

  1. Arabì fatto prigioniero fu relegato nell’isola di Ceylan.
  2. Questo trattato che segnò l’apogeo della potenza del Negus Giovanni stabiliva, tra altro, la libertà di transito delle merci da Massaua, la cessione all’Abissinia del territorio dei Bogos, e l’obbligo al Negus di facilitare la ritirata delle guarnigioni di Kassala, Amedib e Sanhit investite dai mahdisti.
  3. Al di là del Sudan, nelle così dette provincie equatoriali, rimaneva pure bloccato il celebre Emin Pascià governatore egiziano, il quale fu miracolosamente liberato dall’intrepido viaggiatore Stanley molti anni dopo.
  4. Nel carteggio diplomatico finora pubblicato non risulta da quale nazione sia partita la proposta dell’occupazione di Massaua.
    Pare però che l’Italia avesse dirette le sue mire soltanto verso Beilul, e che in seguito ai crescenti imbarazzi egiziani ed ai movimenti d’espansione della Francia nel golfo di Tadgiura, sia stata invitata dall’Inghilterra (tollerante l’Egitto) ad occupare anche Massaua.