La Canzone del Carroccio/IV. L'insegna del Comune

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III. I biolchi V. Le compagnie dell'armi
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IV.
L’INSEGNA DEL COMUNE

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E suona la campana del Comune.
La Patria intima il breve suo decreto,
di bronzo. Tutta la città ne ondeggia.
S’odono cozzar armi, squillar trombe.
5Póntano i piedi, e il duro collo i bovi
stirano, e sbalza sulle selci il carro.
Tuonano le alte volte dell’Arengo.
E il re si desta. Il re sognava danze
di Saracine del color d’ulivo...
10Scoteano lieve il cimbalo sonoro.
Sognava il re di falconar nel greto
d’un grande fiume, sul suo bel ginnetto...
Seguia lassù la ruota dell’astore.
Sognava le foreste di Gallura:
15era nel folto, al guato del cignale...
Udia sonare alla lontana il corno.

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Sognava guerra, e colpi e sangue e morte,
su vivi e morti alto l’imperatore...
Vedeva... Il sogno ecco gli rompe il cupo
               20strepito del Carroccio.

Esce il Carroccio e sta sotto l’Arengo.
Par che si levi un pianto dalle donne.
— Quando tu parti, nulla qui rimane:
restano solo i morti nelle chiese.
25Tu rechi gli altri a non sappiam che terre:
felici i morti presso il loro altare!
Tu vai per via coi lenti bovi al passo:
ecco i ladroni sopra gran cavalli.
Forse hai le ruote prese dentro il fango:
30scagliano frecce con le gran balestre.
O forse è afa, polvere, sudore...
Che fresco sotto gli archi di San Pietro!
Non più consigli nella bella chiesa,
vicino ai morti ed alle pie reliquie:
35dove son più le compagnie dell’arti?
dove son più le compagnie dell’armi?
Non ci son più, che donne inginocchioni;
chi sa, se mogli, se ancor madri, o nulla?
e fanciulletti; e fanno male al cuore,
               40chè giocano al Carroccio! —

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Resta il Carroccio all’ombra dell’Arengo.
Ora s’adorna di suoi scudi in giro:
l’Aquila, il Pardo, il Grifo, il Toro, il Cervo
ed il Leone; Spade, Schize, Sbarre.1
45Fiorisce il carro di color di cielo,
di sangue e d’oro. Fascie bianche e nere
paion da un canto ricordare un lutto.
Guardano i vecchi, rissano i fanciulli,
chè in cuore ognuno ha una di quelle arme,
50forse la Branca, oppur la Stella d’oro.
Anche i Lioni senza più criniera,
lioni vecchi, odiano il Grifo alato,
o chiusi nel turrito lor Castello,
sdegnano i Vari, e schifano i Balzani.
55Uomini in tanto drizzano l’antenna
sopra il suo piede, e funi tese e nervi
tengono fermo l’albero sul carro.
Un lieve tocco dà la Martinella,
e bianca, e rossa ondeggia in alto al vento
               60l’insegna del Comune.

Guardano, or sì, vecchi, e fanciulli, in alto.
Le donne in cuore hanno finito il pianto.
— Quando tu parti, teco viene il tutto:
poniam su te tutte le vite nostre.

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65Le nostre vite porti uguali unite:
carico vai di grappoli, e di spighe.
Quello che fummo e quello che saremo,
tranano i lenti e forti bovi al passo.
Carro, tu sei l’arca del nostro patto,
70tu sei l’altare della nostra legge.
La messa e il vespro sovra te si canta,
squillano a morte di su te le trombe.
No, non con noi restano nelle chiese
i Santi d’oro: escono teco in campo!
75Nemmeno i morti nei muffiti chiostri
sono con noi: vengono teco al sole!
Vengono ai tocchi della Martinella,
che suona all’alba, a sera, a morto, a gloria,
o bel Carroccio, o forza arte ricchezza
               80e libertà comune! —

Note

  1. [p. 82 modifica]Le compagnie delle armi, su che vedi lo studio di Augusto Gaudenzi nel Bull. dell’I. S. I., n. 8, furono, almeno un certo tempo, cinque per quartiere, e di più quattro appartenenti a tutti. Queste erano quelle della Stella, dei Lombardi, dei Toschi, dei Beccai per l’armi. Le altre nel 1306 s’erano ridotte a Leoni, Aquile, Griffoni, Branca; Spade, Drappieri per l’armi, Leopardi, Vari; Castelli, Quartieri, Traverse, Schise; Chiavi, Dragoni, Balzani.