La Canzone del Carroccio/I. I bovi

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../II. Il custode dell'Arengo IncludiIntestazione 2 aprile 2024 100% letteratura

La Canzone del Carroccio II. Il custode dell'Arengo
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I.
I BOVI

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Mugliano i bovi appiedi dell’Arengo.
Sull’alba il muglio nella città fosca
sparge l’odor del sole e della terra.
L’aratro appare che ricopre il seme,
5appare il plaustro che riporta il grano.
Torri Bologna più non ha, che pioppi:
tra i suoi due fiumi, tremoli alti pioppi.
Più non ha case, che tra il verde, rare,
con le ben fatte cupole di strame;
10più non ha piazze, che grandi aie bianche,
su cui vapora un polverìo di pula.
Vi son gli stabbi sotto i tamarischi;
le cavedagne all’ombra dei vecchi olmi;
e il sonnolento macero, che pare
15quasi ronfare il canto delle rane.
Il muglio parla d’opere e ricolti,

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parla di solitudine, e di pace
e d’abbondanza. Il muglio desta i falchi
lassù, prigioni: ch’empiono la muda
        20d’un loro squittir rauco.

I falchi d’Eristallo, e Solimburgo,1
vedeano in sogno brighe zuffe stormi.
Narrano desti l’uno all’altro il sogno.
Sognava Buoso d’essere a Dovara,2
25nel suo castello, e di sognar l’inferno...
Quieti a basso ruminano i bovi.
L’anno è finito delle lor fatiche.
Finita è l’ansia di tirare il plaustro
per l’ampia via del console romano.
30Traean pur ieri alla città turrita
le castellate dal lucente usciolo;
fasci traean di canapa, e di stoppa,
a cui nel verno esercitar le ancelle;
e bianche sacca turgide di grano,
35e scabri ciocchi, e fragili sarmenti:
hanno provvisto il pane, il vino, il fuoco,
e il saldo filo onde si tesse il drappo
rude, e sincero. E ruminano gravi
di maraviglia, ad or ad or mugliando
        40nella città, che dorme.

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Il bianco e il rosso stanno sotto un giogo:3
i due colori della tua bandiera,
forte Bologna. I rossi magri bovi,
dalle ampie corna e dai garretti duri,
45fendean gemendo la saturnia terra,
allor, che madre grande era di biade,
grande d’eroi. Rapidi aravano. Era
forse alla bure un dittator di Roma.
Rapidi vanno: ne’ pelosi orecchi
50risuona ancora il grido dell’impero.
Ma poi dall’Alpe scesero, tranando
le case erranti d’Eruli e di Goti,
i bovi bianchi, a cui restò negli occhi
lo stupor primo della Terra sacra,
55i monti, i laghi, i prati, i campi, i fiumi.
Ella giacea sotto la mano stesa
del condottiere; e i piccoli e le donne
gli occhi celesti confondean nel cielo.
Stendea la mano il Barbato sclamando:
               60Italia! Italia! Italia!

Ed ora i pigri bovi bianchi a terra
piegan le gambe, e sdraiano le membra.
Ma testa in piedi il fulvo lor compagno,
così, ch’è il giogo a tutti e due più grave.

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65L’un capo e l’altro appressa torvi il giogo
comune, e gli umidi aliti stranieri.
Ma il rosso alfine le ginocchia ponta
e piega a terra: e in pace, a paro, entrambi
girano poi la macina dei denti.
70Comincia l’anno delle lor fatiche:
a paro, in pace, romperanno il campo;
tra poco al campo porteranno il concio
tiepido e nero; e poi faranno i solchi,
i lunghi solchi per la pia sementa,
75per grano e lino, canapa orzo spelta.
L’aratro è fondo, ma il biolco preme
la stiva più. Là, Bianco! urla; Qua, Rosso!4
Fumano insieme il fiato della terra
rotta e dei bovi e del nebbioso cielo
               80e del seminatore.

Note

  1. [p. 78 modifica]Vedi l’elenco dei prigionieri della Fossalta in Lod. Frati, La prigionia del re Enzo, Bologna, 1902, pag. 90-114. Nel pallatio novo Comunis Bononie col re era Dominus Comes Conradus, quello istesso, che il 1º maggio det 1263 fu tolto e rimosso e posto in altro luogo, perchè la sua compagnia era intollerabile e noiosa al re prigioniero. Era conte di Solimburgo, come ha il Ghirardacci nella sua Historia di Bologna. E in altre prigioni erano ritenuti altri tedeschi, tra cui un Brettoldus de Lostal o Bertoldus de Astal, ossia, come pare, Harstall, che riuscì a fuggire con altri nel 1253 (Savioli, Ann. Bol., III p. I pag. 268).
  2. [p. 78 modifica]Era custodito anch’esso nell’Arengo nuovo (Frati, 91), e relaxatus est, a istanza del Papa. Si sa dove Dante lo mise, per il tradimento che poi fece a Manfredi (Inf. xxxii, 115 sgg.):

    Ei piange qui l’argento de’ Franceschi:
    — Io vidi — potrai dir — quel da Duera
    là dove i peccatori stanno freschi.


  3. [p. 78 modifica]I bovi bianchi in Italia, dice Varrone (RR. II, 5, 10), non... frequentes. Più dei bianchi, e anche dei neri, erano numerosi i rossi (robeo, donde «roggio», colore), e i gialli miele. I bianchi, che erano i più fiacchi al lavoro, si serbavano ai solenni sacrifizi. Celebri, per questo riguardo, erano i bovi del Clitumno. [p. 79 modifica]Verg. Georg., II, 146. Vennero poi i bianchi coi barbari. E si hà da credere, che non subito mettessero in bando i rossi, ma a poco a poco; chè nelle parti meridionali e specialmente in Sicilia i bovi rossi, magri, e corridori, tengono ancora il campo.
  4. [p. 79 modifica]E sul principio dovevano i coltivatori aggiogare il nuovo venuto bianco al vecchio bove indigeno robeo; se anche oggi, inconsapevolmente, il contadino romagnolo grida al suo paio, che è pur di due belli e grandi bovi bianchi: Bi e Ro; che sono le initiali di Bianco, e Rosso.