L'agiografia di San Laverio del 1162/Capitolo II

Capitolo II

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Capitolo II.

EDIZIONI A STAMPA, E MANOSCRITTI DELLA LEGGENDA.


La leggenda di san Laverio è nota ai più da che fu pubblicata per le stampe dall’Ughelli; il quale attesta che ne esisteva nella chiesa saponarese l’autografo in pergamena.1 La stampa dell’Ughelli seguirono altri editori dell’antico monumento;2 ma nonchè aggiungervi chiarimenti di sorta sul contenuto o sull’artefice di esso, accrebbero invece la copia de’ fantasimi a sola lusinga delle borie di municipio.

Se la pubblicazione dell’Ughelli fu la prima del testo latino della leggenda, una precedente pubblicazione in italiano ne era stata fatta per le stampe di Napoli nell’anno 1597 da un Giovan Flavio Bruno della Rotonda, che è detto dottore, e non so se nelle scienze naturali o nelle giuridiche. Questa stampa del Bruno è traduzione del testo latino a noi noto: e l’aveva tratta «da un antichissimo libro latino scritto a penna che oggidì (egli dice) si trova in potere di don Camillo Cotino, arciprete della [p. 4 modifica] Saponara.'› Il quale fu capo della chiesa saponarese dal 1584 al 1604 in cui morì; ed ebbe parte precipua ai famosi litigi tra la sua chiesa e la curia di Marsico, dei quali ci occorrerà d’intrattenere il lettore in seguito.

Dei manoscritti di questa leggenda uno era, nel secolo XVII, presso il celebre erudito napoletano Bartolommeo Chioccarelli; ove ne prese nota Luca Olstenio e ne fece pro per istabilire, nelle sue giunte al Cluverio, il luogo, allora incerto, dell’antica Grumento.' Un altro era in potere di quell’Amato Danio, che, nato a Saponara nel 1619, fu ai suoi tempi tra i giureconsulti principi del fòro napoletano; e lui morto nel 1705, venne a mano del nipote di lui Carlo Damo, benemeritissimo uomo.’ Un terzo manoscritto è ricordato dal barone Antonini, storico della Lucania, come esistente presso l’avvocato Francesco Potenza di Tito. Egli lo dice ‹di antichissimo carattere;› e dal breve estratto che ne pubblica, è lecito inferire che il manoscritto di Tito fosse conforme al testo già stampato dall’Ughelli; ma dall’Antonini non avvertito.'

È probabile che tutti questi manoscritti derivassero da un primitivo codice della Saponara; ma questa antica fonte più non esiste. [p. 5 modifica]Esiste invece un più recente manoscritto della leggenda; però ricopiato di terza mano nel passato secolo, non può avere altrimenti che lo scarso valore di una copia di copia.

Il dottor Niccolò Ramaglia di Saponara scrisse nel 1736 le Memorie Grumntine Saponariensi, ove intorno alle origini di Giumento e di Saponara raccatta tutte le fiabè che la grama erudizione indigena ebbe inventate nei secoli XVI e XVII; e, con miglior consiglio, raccoglie copia di documenti e di notizie che alla storia della sua patria riescono di prezioso interesse. Si distende egli larghissimamente (e questo era lo scopo vero del libro) nella minuta storia della lotta tra la chiesa di Saponara e la curia di Marsico; una lotta vivissima che, incominciata nel 1530 e per incidenti vari e sottili risorgente sempre più aspra di periodo in periodo, non durò solamente fino all’epoca dello scrittore che fu il 1736, ma può dirsi fino ai tempi nostri. L’arciprete della chiesa saponarese pretendeva di avere, in virtù di possesso immemorabile, dritti di ‹Ordinario› nella chiesa e città di Saponara che era nullius diocesis origine; e la chiesa stessa era ‹collegiata insigne:› i vescovi di Marsico ungnibus et rostris oppugnavano a queste pretensioni; e la lite ripullulava sempre. Molti antichi documenti vennero presentati dalle parti belligeranti ai tribunali di Roma; e se quelli della chiesa saponarese hanno potuto sfuggire alla incuria degli uomini, sperperatrice più larga che la edacità del tempo, gli è dovuto al libro del dottor Ramaglia, che oggi rimane unica fonte di questo singolare episodio; e sarà fonte (poiché é ancora ignorata) ad una parte del mio lavoro.

In fondo alla sua opera il buon dottore ricopia il testo latino della leggenda laveriana; e dico che questa ‹é trascritta dal suo originale (?) in pergamena che si conserva presso del riferito don Carlo Danio; il quale si è compiaciuto dare a me la copia scritta di suo carattere, per essere più corretta di quella stampata da Ferdinando Ughelli e dal rev. don Bonifacio Pecorone ossia Petrone nel 1729.›

Questa è dunque la copia manoscritta di terza mano che ho testé ricordata; ed è infatti, in parecchi luoghi, più corretta della stampa ughelliana. — E noi delle più corrette lezioni e delle varianti di maggiore momento terremo ragione nella stampa che andrà in calce a questo lavoro. Ma, per verità, resta dubbio per [p. 6 modifica]me, se le migliori lezioni della Copia-Ramaglia siano veramente del manoscritto che esso dice «originale in pergamena,» o non siano piuttosto emendazioni autonome di quel Carlo Danio, nominato di sopra, che fu dotto uomo e benemeritissimo della sua patria. Egli, notissimo e di liberale animo agli eruditi napoletani suoi contemporanei, aveva raccolti marmi scritti e scolpiti, o di ogni sorta reliquie dell’antica Grumento in un museo domestico, del quale ancora oggi qualche traccia ne avanza ad onore di lui, ma non dei tempi e degli uomini che lo dispersero. E raccogliendo con grande cura o dispendio ogni sorta, che poteva, testimoni della vetusta città, scriveva la storia delle antichità grumeutine, e veniva inoltre illustrando di sue note questi Atti di san Laverio,3 che sono il soggetto della nostra scrittura. Morto il colse nel 1737: e niente dei suoi scritti è pervenuto fino a noi. Benemerito per questo ed altri titoli di onore alla sua patria, il nome di lui è, più che altro, degno di memoria ai tardi nepoti: ed io spero lo ricorderà degnamente, quando che sia, il mio egregio amico Francesco Paolo Caputi, che del Danio sortì l’amore intenso alle cose dell’antica e nobile città, da cui Saponara sua patria ebbe origine, e delle quali egli raccoglie le memorie e scrive la storia. Anche il libro del Ramaglia è un manoscritto inedito ancora.4

Note

  1. Ejus autographum extat in eadem Saponariæ ecclesia in pergamena conscriptum. — Nell’Italia sacra, vol. VII, col. 488: ediz. Venezia, 1721, col titolo: Gesta Sancti Laverii. La edizione prima dell’Ughelli è del 1650 pel vol. VII, nel quale la leggenda laveriana è alla col. 681.
  2. Fu ripubblicata in fondo alle Memorie (autobiografiche) dell’abate D. Bonifacio Pecorone: Napoli, 1729; che vi mette su, per titolo: Gesta S. Laverii descripsit Robertus de Romana diaconus Saponariæ, A. D. 1162: Cujus autographum extat in aedem Saponariæ ecclesia conscriptum. Dalle quali parole io e voi stesso, onesto lettore, saremmo tentati di credere che l’autografo Ms. in pergamena esistesse ancora ai tempi dell’abate Pecorone che le scrive. Ma no; titolo e parole sono tolti di peso dall’Ughelli (l. c.); e benchè la edizione ughelliana egli dichiari di seguire questo abate pecorone, pure non gli bastano gli errori di stampa che vi aggiunge infiniti, e v’intercala parole, del suo! — Una recente ristampa della leggenda è nel libro: Diano e l’omonima sua valle, Ricerche storico-archeologiche di Stefano Macchiaroli: Napoli, 1868, col titolo: Gesta S. Laverii Tegeanensis, ex Italia sacra F. Ughelli excerpta (a pag. 233). Ma nel testo dell’Ughelli non si legge, nè si poteva leggere la parola Tegeanensis. — Anche questa ristampa fu assai poco curata.
  3. Lo attesta G. A. DEL MONACO in due luoghi della sua Lettera, ec., a Matteo Egizio, sopra citata.
  4. Eccone il titolo, lunghissimo, che trascrivo perchè è quasi un sommario dell’opera: «Memorie Grumentine Saponariensi, in cui si descrivono la edificazione, la fede cattolica ricevuta da San Laverio, i vescovi e la distruzione della celebre città di Grumento, colonia militare dei Romani; la edificazione della nuova città di Saponara, gli prelati ossiano arcipreti mitrati che hanno governata la di lei Insigne Collegiata Chiesa, sotto il titolo di Sant’Antonino Martire, e le fierissime liti agitate con i vescovi Marsicani per causa della giurisdizione. Con i memorandi fatti e vita del dottissimo D. Luigi Sanseverino, principe di Bisignano; storia della reliquia del prezioso sangue di Cristo, con quella del prezioso Santuario, sotto il titolo di Santa Maria della Salute detta di Grumentino; vita di Sant’Antonino, volgare; di San Laverio, latina e volgare; con altre cose notabili raccolte con somma diligenza e fatica dal dottor Niccolò Ramaglia di Saponari» nell’anno 1736.» Sono 57 capitoli, oltre le Vite dei due santi. Il Ms., che io credo autografo, oggi è in possesso del signor avvocato Vincenzo Ramaglia di Sarconi. Un’altra copia, scrìtta nel passato secolo, è presso l’egregio F. P. Caputi, che ricordo nel testo. Una terza, copia recente e poco corretta, è presso di me.