L'Esclusa/Parte Seconda/Capitolo IV

IV.

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IV.


“Crederà adesso che quel mostro sia il mio amante! N’è capace„ — pensava Marta, dopo cena, richiusa in camera.

E diceva a sè stessa proprio così: il mio amante, poichè come tale il marito le aveva già affibbiato un altro, quell’altro! Ma quanto più obbrobriosa adesso le sembrava questa parola, riferita al Falcone!

Voleva egli dunque prendersi una nuova vendetta, esasperato dal disprezzo di lei? La minaccia era esplicita, nella lettera di Anna Veronica.

Un nuovo scandalo.... Ma le prove? Oh Dio, quel mostro.... sì, era probabile che gliele avrebbe offerte lui, quel mostro, le prove, se si fossero incontrati un’altra volta per via.... Qualche scenata.... e il nome di lei su pe’ giornali accanto a quello del Falcone....

Marta si torceva le mani dalla paura, dallo schifo, smaniando senza requie; e a Maria che, intanto, nella stanza attigua, leggeva sul [p. 196 modifica]pianoforte alcuni brani di vecchia e piana musica, delizia della madre, avrebbe voluto gridare rabbiosamente che smettesse.

Ah la tranquillità della madre e de la sorella, la quiete de la casa, la musica, i discorsi alieni, come la facevano soffrire, adesso!

Sì, opera sua; ma nessuno dunque intendeva, nessuno indovinava a prezzo di quale martirio? Fatta una croce sul passato, non doveva parlarsene più? N’erano uscite, loro, la madre e la sorella; ed ecco: una nuova vita, calma e modesta, era ricominciata per esse. Ma lei? la sua vita, la sua giovinezza dovevano rimanere sepolte lì, nel passato? Non se ne doveva più parlare? Quel ch’era stato era stato? Morta? tutto morto, per sé? Viva solamente per far vivere gli altri? Sì sì, se ne sarebbe magari contentata se, esclusa così dalla vita, le avessero almeno concesso di godere in pace dello spettacolo dolce e quieto di quella casetta, ch’era come edificata sul sepolcro di lei.... Ma che si parlasse almeno un poco, che si avesse qualche compianto almeno della sua giovinezza morta, della sua vita spezzata! Era stato pure un delitto spezzarle la vita così, senza ragione, stroncarle così la giovinezza! Non se ne doveva più parlare?

Un’ombra, e ancora combattuta! perseguitata ancora! Il giorno appresso, certo, avrebbe [p. 197 modifica]riveduto il marito, lì, alla posta; avrebbe riveduto il Falcone, al collegio.

— Se continua a molestarmi, ne parlerò alla direttrice, — pensò improvvisamente Marta, in un risveglio impetuoso d’energia e, cominciò a svestirsi con le dita nervose, per mettersi a letto. — E quegli altri due, se non la smettono, li metto a posto io! E tu, aspetta, — disse poi, più col fiato che con la voce, alludendo al marito. — Rimboccò la coperta e spense il lume.

Nel bujo, raggomitolata sotto le coperte, volle raccogliere le idee, ma non potè precisarne alcuna contro il marito. Diceva a sè stessa: — “Sì, questo per il Falcone, se sèguita.... La direttrice non può soffrirlo, cerca un appiglio qualunque, per levarselo di torno; gliel’offrirò io....„ — E ripetendo meccanicamente queste frasi, cercava col cervello quel che avrebbe potuto fare contro il marito. Nulla, dunque? Non un solo mezzo di vendetta? E, nell’impotenza, sentiva l’odio suo quasi fermentare in una rabbia crescente. Poi (benchè ella non avvertisse la sofferenza fisica della troppa e vana tensione) il cervello, come in un cerchio di tortura, non sapendo suggerirle il pensiero ch’ella cercava, altri pensieri in cambio cominciò a presentarle confusamente, che la distraessero. Marta però, ostinata a trovare quel che cercava, appena sorti, [p. 198 modifica]li scacciava. Uno finalmente riuscì a distrarla: il suo ombrello — sì — adesso rammentava con precisione — lo aveva appoggiato all’uscio della classe sul corridojo, per appuntarsi meglio il cappello; sì, e poi se l’era dimenticato lassù.... Ah, senza dubbio, il Falcone, passando per il corridojo, lo aveva riconosciuto e nascosto, sì, per poterle offrire il suo, per aver modo d’accompagnarla.... lui, sì, senza dubbio! Perciò era così inquieto, giù, in sala d’aspetto.... Dove aveva potuto nasconderlo?

Poco dopo Marta dormiva.

Si svegliò per tempo, con un forte mal di capo, ma con l’animo tuttavia sostenuto da un’energia nervosa, che non era più la forza che prima le derivava dalla sicurezza di sè. Non vedeva l’uscita della sua via; ma sarebbe andata fino in fondo, a qualunque costo; già in attesa e preparata a scagliarsi contro ogni nuovo ostacolo che volesse sopraffarla.

Non provò quel giorno nessuna apprensione nell’uscir sola di casa. Dopo la pioggia del giorno innanzi, il verde degli alberi si era ravvivato quasi festivamente, e un aspetto festivo pareva avessero anche le case e le vie nella limpida freschezza dell’aria mattutina.

Ella cercava con gli occhi, innanzi a sè, se il marito fosse alle poste: sentiva che avrebbe [p. 199 modifica]avuto il coraggio di passare a testa alta sotto gli occhi di lui.

— “Ma a quest’ora egli dorme„ — pensò a un tratto, e un sorriso di scherno le venne alle labbra, andando. — “Non ha mai visto nascere il sole, in vita sua....„

Lo rivide col pensiero, a letto, accanto a lei, pallido, coi radi baffi biondi, scomposti su le labbra aride, schiuse.

Distrasse subito la mente da quell’immagine e, poiché si recava al collegio, oggetto immediato del suo impulso diventò il Falcone. Non pensava più, non badava più alla propria sofferenza.

Che avrebbe fatto, che avrebbe detto, se egli si fosse arrischiato di fare il minimo accenno alla giornata di jeri?

Non lo sapeva ancora. Vedeva soltanto con straordinaria lucidità di spirito la sala d’aspetto del collegio, in cui tra poco sarebbe entrata, e già vi entrava col pensiero; vedeva il Nusco e il Mormoni come spettatori della scena ch’ella andava a rappresentare là entro, e il Falcone che la attendeva, più cupo del solito.

Era già innanzi al portone del collegio: scese i pochi scalini; entrò.

In sala, nessuno.

Marta sentì a un tratto la tensione impulsiva [p. 200 modifica]della sua energia nervosa vibrare e sciogliersi nel vuoto di quella sala deserta. Subito le memorie angosciose, le sofferenze per poco rimosse, le sottentrarono come per travaso violento nell’animo. E in quella solitudine ella si avvilì, schiacciata dall’inanità stessa del suo impulso, dalla vanità d’ogni suo insorgimento.