L'Asino (Machiavelli)/Capitolo settimo

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CAPITOLO SETTIMO.


NOi eravam col piè già ’n su la soglia
     Di quella porta, e di passar là drento
     3M’avea fatto venir la donna voglia.
E di quel mio voler restai contento,
     Perchè la porta subito s’aperse,
     6E dimostronne il serrato convento.
E perchè me’ quel potesse vederse,
     Il lume, ch’ella avea sotto la vesta
     9Chiuso, nell’entrar là tutto scoperse.
Alla qual luce sì lucida, e presta,
     Com’egli avvien nel veder cosa nuova,
     12Più che duemila bestie alzar la testa.
Or guarda ben, se di veder ti giova,
     Disse la donna, il copioso drappello,
     15Che insieme in questo loco si ritrova.
Nè ti paja fatica a veder quello,
     Chè non son tutti terrestri animali;
     18Ben c’è tra tante bestie qualche uccello.
Io levai gli occhi, e vidi tanti, e tali
     Animai bruti, ch’io non crederei
     21Poter mai dir quanti fossero, e quali;
E perchè a dirlo tedioso sarei,
     Narrerò di qualcun, la cui presenza
     24Diede più maraviglia a gli occhi miei.
Vidi un gatto per troppa pazienza
     Perder la preda, e restarne scornato,
     27Benchè prudente, e di buona semenza.
Poi vidi un drago tutto travagliato
     Voltarsi, senza aver mai posa alcuna,
     30Ora sul destro, ora su l’altro lato.

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Vidi una volpe, maligna e importuna,
     Che non trova già rete, che la pigli;
     33E un can corso abbajar alla Luna.
Vidi un leon, che s’aveva gli artigli,
     E denti ancor da se medesmo tratti
     36Pe’ suoi non buoni, e non saggi consigli.
Poco più là certi animai disfatti
     Qual coda non avea, qual non orecchi,
     39Vidi musando starsi quatti quatti.
Io ve ne scorsi, e conobbi parecchi,
     E, se ben mi ricordo in maggior parte
     42Era un miscuglio fra conigli, e becchi.
Appresso questi un po’ così da parte
     Vidi un altro animal, non come quelli,
     45Ma da natura fatto con più arte.
Aveva rari, e delicati i velli;
     Parea superbo in vista, ed animoso,
     48Talchè mi venne voglia di piacelli.
Non dimostrava suo cuor generoso,
     Gli ugnoni avendo incatenato, e i denti;
     51Però si stava sfuggiasco, e sdegnoso.
Una................................
     ....................................
     54....................................
Vidi...............................
     ....................................
     57....................................
Poi vidi una giraffa, che chinava
     Il collo a ciascheduno; e dall’un canto
     60Aveva un orso stanco, che russava.
Vidi un pavon col suo leggiadro ammanto
     Girsi pavoneggiando, e non temeva
     63Se il mondo andasse in volta tutto quanto.

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Uno animal che non si conosceva:
     Sì variato avea la pelle, e ’l dosso!
     66E’ in su la groppa una cornacchia aveva.
Una bestiaccia vidi di pel rosso,
     Ch’era un bue senza corna; e dal discosto
     69M’ingannò, che mi parve un caval grosso.
Poi vidi uno asin tanto mal disposto,
     Che non potea portar, non ch’altro, il basto;
     72E parea proprio un citriuol d’agosto.
Vidi un segugio, ch’avea il veder guasto;
     E Circe n’arìa fatto capitale,
     75Se non foss’ito, com’un orbo, al tasto.
Vidi uno soricciuol, ch’avea per male
     D’esser sì piccoletto, e bazzicando
     78Andava or questo, or quell’altro animale.
Poi vidi un bracco, ch’andava fiutando
     A questo il ceffo, a quell’altro la spalla,
     81Come se andasse del padron cercando.
Il tempo è lungo, e la memoria falla,
     Tanto che io non vi posso ben narrare
     84Quel ch’io vidi in un dì per questa stalla.
Un buffol, che mi fe’ raccapricciare
     Col suo guardare, e ’l suo mugliar sì forte,
     87D’aver veduto io mi vo’ ricordare.
Un cervio vidi, che temeva forte,
     Or quà, or là variando il cammino;
     90Tanto avea paura della morte!
Vidi sopra una trave un armellino,
     Che non vuol, ch’altri il guardi, non che ’l tocchi,
     93Ed era ad una allodola vicino.
In molte buche più di cento allocchi
     Vidi, e una oca bianca come neve
     96E una simia, che facea lo ’mbocchi.

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Vidi tanti animai, che saria greve
     E lungo a raccontar lor condizioni,
     99Come fu il tempo a riguardarli breve.
Quanti mi parver già Fabi, e Catoni,
     Che poi che quivi di lor esser seppi,
     102Mi riusciron pecore, e montoni!
Quanti ne pascon questi duri greppi,
     Che seggono alto ne’ più alti scanni!
     105Quanti nasi aquilin riescon gheppi!
E bench’io fossi involto in mille affanni,
     Pur parlare a qualcuno arei voluto,
     108Se vi fossero stati i torcimanni;
Ma la mia donna, ch’ebbe conosciuto
     Questa mia voglia, e questo mio appetito,
     111Disse: Non dubitar, ch’e’ fia adempiuto.
Guarda un po’ là dov’io ti mostro a dito,
     Senz’esserti più oltre mosso un passo
     114Pur lungo il muro, come tu sei ito.
Allor io vidi entro in un luogo basso,
     Com’io ebbi ver lui dritto le ciglia,
     117Tra il fango involto un porcellotto grasso.
Non dirò già chi costui si somiglia;
     Bàstivi che saria trecento, e piue
     120Libre, se si pesasse alla caviglia.
E la mia guida disse: Andiam là giue
     Presso a quel porco, se tu sei pur vago
     123D’udir le voglie, e le parole sue.
Che se trar lo volessi di quel lago,
     Facendol tornar uom, e’ non vorrebbe;
     126Come pesce, che fosse in fiume, o in lago.
E perchè questo non si crederebbe;
     Acciocchè far ne possa piena fede,
     129Domanderailo, se quindi uscirebbe.

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Appresso mosse la mia donna il piede;
     E per non separarmi dallei punto,
     132La presi per la man ch’ella mi diede;
Tanto ch’io fui presso a quel porco giunto.