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DELL’ASINO D’ORO 407

Appresso mosse la mia donna il piede;
     E per non separarmi dallei punto,
     132La presi per la man ch’ella mi diede;
Tanto ch’io fui presso a quel porco giunto.


CAPITOLO OTTAVO.


ALzò quel porco al giunger nostro il grifo,
     Tutto vergato d’immondizia, e loto,
     3Talchè mi venne nel guardarlo a schifo.
E perchè io fui già gran tempo suo noto,
     Ver me si mosse mostrandomi i denti,
     6Stando col resto fermo, e senza moto.
Ond’io gli dissi, pur con grati accenti:
     Dio ti dia miglior sorte, se ti pare;
     9Dio ti mantenga, se tu ti contenti.
Se meco ti piacesse ragionare,
     Mi sarà grato; e perchè sappia certo,
     12Pur che tu voglia, ti puoi soddisfare.
E per parlarti libero, ed aperto,
     Tel dico con licenza di costei,
     15Che mostro m’ha questo sentier deserto.
Cotanta grazia m’han fatto li Dei,
     Che non gli è parso il salvarmi fatica,
     18E trarmi degli affanni ove tu sei.
Vuole ancor da sua parte, ch’io ti dica
     Che ti libererà da tanto male,
     21Se tornar vuoi nella tua forma antica.
Levossi allora in piè dritto il cignale,
     Udendo quello, e fe’ questa risposta,
     24Tutto turbato, il fangoso animale: