Pagina:Opere di Niccolò Machiavelli VI.djvu/426

406 DELL’ASINO D’ORO.

Vidi tanti animai, che saria greve
     E lungo a raccontar lor condizioni,
     99Come fu il tempo a riguardarli breve.
Quanti mi parver già Fabi, e Catoni,
     Che poi che quivi di lor esser seppi,
     102Mi riusciron pecore, e montoni!
Quanti ne pascon questi duri greppi,
     Che seggono alto ne’ più alti scanni!
     105Quanti nasi aquilin riescon gheppi!
E bench’io fossi involto in mille affanni,
     Pur parlare a qualcuno arei voluto,
     108Se vi fossero stati i torcimanni;
Ma la mia donna, ch’ebbe conosciuto
     Questa mia voglia, e questo mio appetito,
     111Disse: Non dubitar, ch’e’ fia adempiuto.
Guarda un po’ là dov’io ti mostro a dito,
     Senz’esserti più oltre mosso un passo
     114Pur lungo il muro, come tu sei ito.
Allor io vidi entro in un luogo basso,
     Com’io ebbi ver lui dritto le ciglia,
     117Tra il fango involto un porcellotto grasso.
Non dirò già chi costui si somiglia;
     Bàstivi che saria trecento, e piue
     120Libre, se si pesasse alla caviglia.
E la mia guida disse: Andiam là giue
     Presso a quel porco, se tu sei pur vago
     123D’udir le voglie, e le parole sue.
Che se trar lo volessi di quel lago,
     Facendol tornar uom, e’ non vorrebbe;
     126Come pesce, che fosse in fiume, o in lago.
E perchè questo non si crederebbe;
     Acciocchè far ne possa piena fede,
     129Domanderailo, se quindi uscirebbe.