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DELL’ASINO D’ORO 405

Uno animal che non si conosceva:
     Sì variato avea la pelle, e ’l dosso!
     66E’ in su la groppa una cornacchia aveva.
Una bestiaccia vidi di pel rosso,
     Ch’era un bue senza corna; e dal discosto
     69M’ingannò, che mi parve un caval grosso.
Poi vidi uno asin tanto mal disposto,
     Che non potea portar, non ch’altro, il basto;
     72E parea proprio un citriuol d’agosto.
Vidi un segugio, ch’avea il veder guasto;
     E Circe n’arìa fatto capitale,
     75Se non foss’ito, com’un orbo, al tasto.
Vidi uno soricciuol, ch’avea per male
     D’esser sì piccoletto, e bazzicando
     78Andava or questo, or quell’altro animale.
Poi vidi un bracco, ch’andava fiutando
     A questo il ceffo, a quell’altro la spalla,
     81Come se andasse del padron cercando.
Il tempo è lungo, e la memoria falla,
     Tanto che io non vi posso ben narrare
     84Quel ch’io vidi in un dì per questa stalla.
Un buffol, che mi fe’ raccapricciare
     Col suo guardare, e ’l suo mugliar sì forte,
     87D’aver veduto io mi vo’ ricordare.
Un cervio vidi, che temeva forte,
     Or quà, or là variando il cammino;
     90Tanto avea paura della morte!
Vidi sopra una trave un armellino,
     Che non vuol, ch’altri il guardi, non che ’l tocchi,
     93Ed era ad una allodola vicino.
In molte buche più di cento allocchi
     Vidi, e una oca bianca come neve
     96E una simia, che facea lo ’mbocchi.