Istorie dello Stato di Urbino/Libro Secondo/Trattato Primo/Capitolo Sesto
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CAPITOLO SESTO.
Della Città d’Urbino Metropoli del suo Stato.
Extulit illustris Feretro de sanguine Guido,
Armiger Italia praelia multa gerens.
Essendo poscia Guido invecchiato, lasciando nella Contea della sua casa un saggio Postero, con intentione, e con saldo proposito di ritirarsi dal Mondo, & di dar tutto à Dio l'avanzo della sua veneranda canicie; nella Religione entrò di S. Francesco, ove con grand'essempio di buontà, & con incredibile ritiratezza, vivea: Mà essendo con molta instanza ricerco da un gran Prencipe amico suo, di un consiglio, il quale da una Famiglia potente de suoi sudditi molestato, non poteva il seggio stabilire nel Regno; Si aspro fù il modo proposto da Guido, che quello essequito, poco meno mancò, che tutta quella Famiglia non si estinguesse. Onde il Dante prese occasione di rappresentare nel ventesimo Canto di haverlo trovato all'Inferno ne i tormenti della sesta Bolgia; cosi scrivendo le parole, che dalla bocca di quello spirito disse haver sentito.
E disse Padre, da che tù mi lavi |
Hinc genitus fratris sumit Federicus habenas |
A Federico nel Prencipato successe Guido, virtuosissimo, e splendidissimo Prencipe, il quale essendo un Mecenate novello de' letterati, alla sua Corte invitava i primi Cavaglieri dell'Italia, e dell'Europa tutta i più purgati ingegni; dove imparavano gli esperimenti d'ogni nobile professione, che render suole illustri, e generosi gli animi, non men che già si fè nel Liceo della dotta Athene; per la fè, che ne fanno i Cronisti, e sopra ogni altro il Conte Baldassar Castiglione, facendo questo delle sue compositioni oggetto, che diè col titolo di Cortegian alla luce. Mancando à vivi quest'inclito Heroe, senza lasciar figliuoli heredi: ottenne dalla Santa Sede, che Francesco Maria figlio di Giovanna sua Sorella, e di Giovanni della Rovere, che fù nipote di Sisto Quarto, Signore di Sinigaglia, e di Mondavio, nel Ducato, in vece di legitimo figlio le succedesse, il quale, se ben da Leone Decimo cacciato ne fosse, con la patienza però, e con la virtù dell'armi vi si rimise; alqual (come dicemmo) Guido Ubaldo successe: indi à questo Francesco Maria Secondo, & ultimo Duca di questo Stato, il quale, sicome nella morte del detto fù devoluto al Sommo Pontefice, che sopra di esso tiene il supremo Dominio: cosi la prima d'ogni altro luogo Urbino, come vera Metropoli acclamollo Signore, & senza contrasto con lieta fronte gli se diede in mano. Molte cose degne ancora, come reliquie delle sue grandezze, hoggi si vedono in Urbino, che non si devon passar con silentio; e specialmente quella tanto famosa Libraria, di cui raccontano gran cose gl'Historici, e maggiori ne cantano i Poeti; singolarmente quello, che al suon dell'accordata lira, di Amatunta celebrò gli amori, annoverandola trà le prime quattro Librarie del Mondo, in questi versi:
Ceda Athene famosa, à cui già Serse |
Nè da suoi Tolomei d'opre diverse |
Infiniti Libri, tutti manuscritti si conservano quivi, tanto in Latina, come in Greca, & in Hebraica lingua; i quali non pure invitano i letterati, per le curiose, & isquisite materie, che ivi si leggono; quanto per quei che sono desiderosi di vedere la loro inestimabil bellezza; si per esser miniati, e di pretiose figure adorni; come per la ricchezza, ed artificio della pretiosa legatura, vedendosi tutti di velluto cremiso, e di puro argento coperti, co i capitelli di seta, e d'oro; & à fin che non perdano la descritta bellezza, nelle sopracoperte di minor prezzo involti si vedono. Questi raccolti vennero, e fatti condurre da diverse parti con molta spesa, e fatica, dal sopranominato Duca Federico, e da Francesco Maria Primo della Rovere con altretanto discommodo si transportarono altrove, nel tempo delle guerre, per liberarli dal fuoco, e per metterli in sicuro; quali cessate, poi subito li fece nel medesimo luogo rimettere. Non volle Francesco Maria, ultimo Duca della Rovere, che questo pretioso thesoro passasse à gli suoi heredi, con gli altri: mà in memoria della sua Persona, e dell'isviscerato affetto, che à gli Urbinati portava, lasciolla per Testamento à i medesimi, con una pensione annua insieme, sofficiente à sostentar un Bibliothecario perpetuo: nel cui officio da quei Cittadini, che à pieno il favore conoscono, si deputa il più letterato, nobile, e virtuoso Gentil'huomo della Città loro. Al Palaggio Ducale sopra mentovato, ove la Libraria si conserva, stà il superbissimo Tempio dell'Arcivescovato congionto, come raccontasi del Palaggio de i Regi Hebrei, che stesse unito al Tempio di Dio nella Città Metropoli di Sion; e benche à quello non sia comparabile, tutta via per Tempio di Città ordinaria, da gli Architetti Italici commendato molto ne viene: sendo egli fabricato di grosse mura, e di pilastri fortissimi, i quali con la Crociera di tre nave, l'ampie volte sostentano; & una gran Tribuna, che in tutto à quella della Santa Casa di Loreto simigliasi. Alla grandezza, e beltà in tutto corrispondon l'entrate, con cui l'Arcivescovo, con il Capitolo delle quattro dignità adorno, e di molto nobili canonici aggrandito, che di pavonazzo, come i Vescovi portano le sopravesti, insieme co'l Clero numerosissimo, con incredibil decoro vi si sostentano, e solennemente l'officiano: come parimente nel numero delle Messe, che più di cento ogni mattina si celebrano. grand'autoritade il suo Arcivescovo essercita; perche non solo d'Urbino, e della sua Diocese giudica le cause nelle prime istanze, che al suo Tribunale s'aspettano: mà di otto altre Città, che nella sua Provincia sottoposte gli stanno; le quali si terminano ivi (purche del misto foro non siano) che queste nelle terze instanze, al Collegio devolvonsi: di cui l'auttorità è assai grande, havendo egli potere, non solo di vedere le seconde, e terze istanze; le cause laicali, e l'Ecclesiastiche miste; mà insieme di crear Dottori, e Cavaglieri; e niuno di questo Stato (che altrove fia laura Dottoral decorato) può di questa i Privilegi godere, da i Pesaresi, e Gubbini in fuori, se da questo Collegio, con rigoroso essame non siamo approvati. Quivi anche un'Hospitale si trova, non punto à questo celebre Collegio dissimile, possedendo ricchissime entrate, le quali fedelmente sono da dodici Gentill'huomini, primati della Città, maneggiate in beneficio di ogn'uno singolar custodia: oltre le doti, le quali dona alle fanciulle adulte, che si maritano, ò vero che si fanno Monache; alimenta per sempre intorno à mille persone. Quivi assai Monasteri di Religiosi Claustrali si trovano, di buonissime entrate; in alcuni de' quali sendovi studi formati, vi stantian huomini di gran valore in lettere, con gioventù molto erudita. Vi sono Monasteri, e numerosi Conventi di Monache, che nelle virtudi, e nel buon'essempio, & in buontade fioriscono, specialmente quelle di Santa Chiara, che riempiono tutta la Regione di soavissimo odore, per l'austerità della vita, e per la severissima disciplina. Non in manco numero che i Monasteri di Religiosi, vi sono le Scuole e le Confraternità de' Laici, nelle quali, à i prefissi tempi, devotamente à gli essercitij spirituali ritiransi, e vi stanno con divotione, non meno che i più stretti Religiosi attenti: mà più de gli altri i Confratelli della Grotta, e quelli di S. Gioseppe, che gli uni, e gli altri non havendo cosa di proprio, sontuose dimostrationi fanno di essemplar divotione. Dentro il Territorio medesimo, il quale, benche sia montuoso, è fecondissimo d'ogni bene, si contengono poco men di quaranta Castelli murati, & un grosso numero di popolati villaggi. Come anche quattro ricchissime miniere, di mondo argento la prima ne i fiumi Qualagnesi, di puro solfato la seconda nel Distretto di Cagna, da cui in gran copia estratto, da Paesani con lucrosi traffichi in ogni parte di Europa sitrasmette: Di candida, e dura pietra la terza nel Monte Cesana, che al marmo pario quella rassembrando, fassi de gli scarpelli illustri soggetto degno; L'ultima similmente di pietra, ove il Petrelata aprì il Console Flaminio à passaggieri della Strada Romana, d'onde anco la selce estrasse per seligarla. Et in ogni parte del medesimo Territorio aria tanto salubre si trova, che in somma perfettione ogni cosa produce, le piante non slo gli animali, e gli huomini: mà gl'ingegni ancora in simeatrica corrispondenza; essendo quelli universalmente perspicacissimi, come io posso affermarlo per l'esperienza, che havendo letto in quella Città Theologia scolastica, e l'arti, intorno à quattordici Anni, conobbi la vivezza di quelli. Quindi è che sono in ogni profession riusciti, e giornalmente sortiscono huomini singolarissimi, che volendo alcuno annoverarli saria mestiero, che vi componesse un libro non men di quel che fè il Baldi sopra di quel Palazzo l’Architettura, ò il Conte Baldassaro sopra di quella Corte i gesti: Onde per non passar la meta, che al scrivere mi prefissi, arresto quì la penna.