Istoria delle guerre vandaliche/Libro secondo/Capo XXV

Capo XXV

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Procopio di Cesarea - La guerra vandalica (VI secolo)
Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1833)
Capo XXV
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CAPO XXV.

Gontari sollecita i Maurusii a mover guerra ai Romani; suoi occulti maneggi con Antala. — Areobindo seduttore di Cutzina. — Trame di Gontari contro Areobindo.


I. Nel terzo mese dopo la partita di Sergio Gontari aspirò di questo modo alla tirannia. Sendo egli condottiero delle truppe in Numidia ebbe co’ Maurusii occulte pratiche affine di persuaderli a venire sopra Cartagine; ed i barbari, levato di fretta nella Bizacene e nella Numidia un esercito, sorprendonne a gara le terre. Ai Numidi eran duci Cutzina e Iabda, ai Bizaceni Antala; avevano di più a compagno Giovanni succeduto nel comando al morto Stoza. Areobindo avvisato della poderosissima oste nemica sulle terre imperiali spedisce alla volta di Cartagine molti duci, e Gontari, uno di loro, avvegnachè promettessegli di volersi mostrare zelantissimo nella guerra mancò alla data parola; che anzi a sè chiamato un suo prigioniero maurusio, di professione [p. 485 modifica]cuoco, persuasegli di andare al campo nemico in sembianza di fuggitivo, ed entratovi, di esporre ad Antala com’e’, il padron suo, bramasse divider seco l’imperio africano. Fattosi dal servo il comando, colui porto di buon grado orecchio alla proposizione rispose: Non volersi di queste bisogne consapevoli i servi. Ed il traditore risaputone mandògli subito una fidatissima guardia, per nome Uliteo, con preghiera di venire a Cartagine, ov’al suo arrivo ucciderebbe Areobindo. Presentatosi il messo ad Antala fu pattovito occultamente fra loro che questi avrebbe la Bizacene, una metà delle ricchezze del morto, e cinquecento soldati romani, serbandosi l’altro la signoria di Cartagine e della rimanente Africa; dopo di che l’inviato ricomparve nel suo campo, sebbene munito di profondo vallo all’intorno e di numeroso presidio alle porte. I barbari allora pigliata senza indugio la via della capitale vengono ad osteggiare presso Decimo, e nella dimane, procedendo, riscontratisi all’improvviso con un drappello di Romani, lo assalgono perdendovi qualche individuo. Ma Gontari presto ordinò alle sue truppe di rientrare nel campo, e garrille della temerità loro nel mettere imprudentemente a ripentaglio la somma delle cose africane.

II. In pari tempo Areobindo similmente inviò messi per trarre dalla sua Cutzina, ed ebbene risposta che venuti gli eserciti a battaglia e’ con tutti i Maurusii volgerebbesi contro Antala, nè v’è di che maravigliare per riguardo a gente non solo misleale cogli altri, ma eziandio cogli stessi loro nazionali. Dopo tale assicuranza comunicò a Gontari le ordite insidie, e costui cercando [p. 486 modifica]artifiziosamente di mandarle a vuoto diedegli per consiglio di non aggiugner fede alle parole del barbaro, quando non abbiane la prole in istatico: a malgrado però del suggerimento il capitano e Cutzina proseguirono i loro segreti maneggi per tradire Antala, e Gontari mai sempre al giorno di tutto rendevane informato per Uliteo l’amico, il quale, infingendosi al traditore, faceva mostra d’ignorare onninamente che che passava tra lui ed Areobindo, e poneva ogni studio nel celargli le sue mene con Gontari, di guisa che quantunque nell’interno loro nimicissimi e di contrario pensare, mentivano impertanto un’affatto concorde volontà nel condurre l’esercito contro gli occulti loro partigiani. Cutzina ed Antala dunque avendo gli animi così disposti menan le truppe alla volta di Cartagine.

III. Gontari pieno la mente della uccisione di Areobindo, nè volendo alla scoperta procacciarsi la tirannia, avea divisato morirlo nel fervore d’una mischia, credendosi in cotal modo franco dall’obbrobrio di questo delitto, e di poter dare altrui ad intendere che quasi a malincorpo eragli venuta la capitananza del romano esercito nell’Africa. Estimandosi adunque nella opportunità di compiere il suo tradimento, invitato a muovere contro de’ barbari in cammino verso Cartagine, ed a presentar loro battaglia coll’aurora del nuovo giorno. Costui però fatti la dimane con lentezza somma i necessarj apprestamenti, al mirare già il sole molto inoltrato nella sua carriera prorogò un dì la pugna. Ma Gontari temendo simulato quell’indugio e prodotto da qualche sentore di quanto era per accadergli, [p. 487 modifica]deliberò senza più attendere di accingersi apertamente all’opera.