Istoria delle guerre vandaliche/Libro secondo/Capo XXVI

Capo XXVI

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Procopio di Cesarea - La guerra vandalica (VI secolo)
Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1833)
Capo XXVI
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CAPO XXVI.

Gontari spaventa Areobindo e rendelo odioso alle truppe. — Questi fuggendo ripara entro una chiesa. — Quegli trattolo di là sopra la fede sua incontanente il tradisce.


I. Or bene il ribelle ingiuriò tosto di parole Areobindo, tacciandolo di codardia, di effeminatezza e di pusillamimità somma nel cimentarsi ad una battaglia, cagione di quella sua lentezza nello schierare l’esercito; nulla stargli sì a cuore, aggiugnea, quanto l’abbandonarsi con Atanasio ad una improvvisa fuga, indifferentissimo del resto che la soldatesca muoia tutta consunta dalla fame o trucidata dalle barbariche spade. Promette in fine, avendone il comun suffragio, impossessarsi d’entrambi, e tenerli sotto buona guardia (speranzoso che nel trambusto Areobindo sopraffatto dal timore si volgerebbe in fuga, o non partendosi avrebbe morte dagli stessi Romani), e sborsare del suo ad ogni individuo lo stipendio arretratogli dal pubblico tesoro. Le truppe commendanne altamente i propositi, e biasimando il proprio duce muovono gli animi loro a odiarlo.

II. Poco stante arrivato colà Areobindo con seco Artabano e grandi scorte di guardie si fa accanita battaglia e dalle torri e dalla porta ov’era Gontari, nè cede per lunga pezza alcuna delle parti; dal campo [p. 488 modifica]romano parimenti corsi al duce supremo tutti i suoi favoreggiatori (chè non riuscì alla maldicenza di sedurre l’intiero esercito, ben molti rimasti essendo nell’ufficio di fedele soldato) adopransi con valore sommo a togliere di mezzo i ribelli. Se non che Areobindo mancandogli il cuore alla vista di sì orribile strage, per essere forse la prima volta che aggiravasi in tante disgustose vicende, all’insaputa di tutti scomparve. Giace presso del mare entro le mura di Cartagine un tempio, dove coloro che noi abbiamo per usanza di nomare monaci danno opera al divin culto, e Salomone fabbricandolo in epoca da questa non lontana eressevi all’intorno un muro, per valersene all’uopo come di ben munito castello, e qui ebbe asilo il fuggitivo in compagnia della moglie e della sorella: i suoi partigiani similmente ed Artabano, uditane la partenza, procacciaronsi dove meglio poterono salvezza. In allora il vittorioso Gontari cogli altri ribelli va a circondare il palazzo ed a mettere forte presidio agli ingressi della città ed al porto; fa quindi chiamare Atanasio, il quale obbidientissimo al comando venne sùbito a lui, e da valente adulatore dichiarossi più che soddisfatto di quella mutazione.

III. Di poi Gontari manda Reparato vescovo della città all’asilo di Areobindo per intimargli di comparire alla sua presenza, sotto fede che non gliene avverrebbe male veruno, ove però fosse disobbedito saprebbelo colà entro espugnare ed uccidere. Costui alle parole del vescovo tutto tremante rispose che darebbe senza indugio esecuzione al comando se il pontefice, [p. 489 modifica]conferito secondo l’usanza il battesimo ad un fanciullo, gli giurasse quindi per quel divino lavacro ch’ei n’andrebbe con isperanza certa di salvezza. Fatto di ciò pago va prontamente con Reparato alla dimora dell’usurpatore, coperto di veste non propria d’un capitano o d’altro qualsiasi guerriero ma al tutto servile, e presentaglisi col sacro Vangelo, domandatolo al vescovo prima d’entrare nel palazzo, in mano; vedutolo cadegli prosteso ai piedi, e vi rimane qualche tempo chiedendo salute, e additando il neofito per cui ebbene giuramento dal prelato. Gontari compassionatane la condizione ed animatolo a sperare il fa levar suso, e confermagli le avute promesse, aggiugnendo che nel dì seguente egli e la donna sua con tutta la suppellettile di lor ragione partirebbero alla volta di Bizanzio. Dato poscia commiato al vescovo ritenne suoi commensali a cena Areobindo e Atanasio, destinando, venuti al desco, il posto di maggiore onoranza al primo; e poichè fu giunto al suo termine il convito fecelo condurre in un’appartata camera a fine di passarvi la notte; ma durante questa vi s’introdusse Uliteo con parecchie guardie, e sordi ai pianti di lui, alle suppliche di avergli misericordia e di non voler essere spergiuri lo trucidarono. Atanasio ebbe in dono la vita, andando a motivo della sua lunga vecchiezza libero da ogni sospetto.