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486 | GUERRE VANDALICHE |
samente di mandarle a vuoto diedegli per consiglio di non aggiugner fede alle parole del barbaro, quando non abbiane la prole in istatico: a malgrado però del suggerimento il capitano e Cutzina proseguirono i loro segreti maneggi per tradire Antala, e Gontari mai sempre al giorno di tutto rendevane informato per Uliteo l’amico, il quale, infingendosi al traditore, faceva mostra d’ignorare onninamente che che passava tra lui ed Areobindo, e poneva ogni studio nel celargli le sue mene con Gontari, di guisa che quantunque nell’interno loro nimicissimi e di contrario pensare, mentivano impertanto un’affatto concorde volontà nel condurre l’esercito contro gli occulti loro partigiani. Cutzina ed Antala dunque avendo gli animi così disposti menan le truppe alla volta di Cartagine.
III. Gontari pieno la mente della uccisione di Areobindo, nè volendo alla scoperta procacciarsi la tirannia, avea divisato morirlo nel fervore d’una mischia, credendosi in cotal modo franco dall’obbrobrio di questo delitto, e di poter dare altrui ad intendere che quasi a malincorpo eragli venuta la capitananza del romano esercito nell’Africa. Estimandosi adunque nella opportunità di compiere il suo tradimento, invitato a muovere contro de’ barbari in cammino verso Cartagine, ed a presentar loro battaglia coll’aurora del nuovo giorno. Costui però fatti la dimane con lentezza somma i necessarj apprestamenti, al mirare già il sole molto inoltrato nella sua carriera prorogò un dì la pugna. Ma Gontari temendo simulato quell’indugio e prodotto da qualche sentore di quanto era per accadergli, deli-