Istoria delle guerre vandaliche/Libro primo/Capo XI

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CAPO XI.
Truppe e comandanti spediti da Giustiniano alla conquista dell’Africa. — Preparativi di Gilimero contro la Sardegna. — Presagio formato da un imperiale comando.

I. Non giugneva per anco in Bizanzio l’ambasciadore che di già navigavano alla volta di Sardegna quattrocento guerrieri capitanati da Cirillo e coll’incarico di fiancheggiare Goda in quella sua impresa. Contemporaneamente poi fu provveduto alla spedizione africana raccogliendo all’uopo dieci mila fanti e cinque mila cavalieri, facendone parte que’ barbari, ch’eransi da lor posta confederati coll’imperio senza però sapere di schiavitù, avendo sempre [p. 334 modifica]valorosamente resistito alle sue armi. Eglino obbedivano a Doroteo condottiero un tempo dell’esercito in Armenia1, a Salmone, aiutante o con voce romana domestico di Belisario, ed eunuco per disgrazia avvenutagli nella fanciullezza, a Cipriano, Valeriano, Altia, Giovanni, Marcello e Cirillo dapprima ricordato. I cavalli romani capitanavansi da Rufino ed Aigan aiutanti di Belisario, da Barbato e da Pappo; ed i fanti da Teodoro soprannomato il Partenio2, da Terenzio, Zaido3, Marciano e Saraia4, agli ordini però essi tutti d’un tal Giovanni di Dirrachio. Salmone avea avuto i natali in Dara, orientale città dell’imperio; Aigan nel paese de’ Massageti detti ora Unni, ed il resto nella Tracia. Vedevansi parimente nell’esercito quattrocento Eruli col duce Faras, ed altri secento confederati barbari, massageti il più, tutti arcieri e guidati da Sinione e Balas valorosissimi capi. Senza che erano pronte a far vela cinquecento navi5 della portata non minore di tre mila medinni6, nè maggiore di cinquanta mila, montate da tre mila nocchieri7, quasi che tutti egizii, ionii e cilici, [p. 335 modifica]comandati da Calonico alessandrino. Aveavi da ultimo novantadue fuste a un ordine di remi, coperte al di sopra per guarentire dalle frecce nemichi; i rematori, chiamate dromoni8 dalla velocità loro, e montate da due mila volontarj Bizantini. Archelao di schiatta patrizia, già prefetto del pretorio in Bizanzio e nella Illiria, si partiva allora questore, o sia abbondanziere dell’esercito. Ma di tutte queste forze marittime e terrestri era condottier supremo Belisario, quel desso che in levante guerreggiato avea i Persiani, e menava seco grande corteo di fanti con aste e di cavalieri armati di scudo, uomini esercitatissimi ne’pericoli della guerra. Egli salpava con illimitato potere intorno alle occorrenze della spedizione, dovendo reggere sì grave incarico nello stesso autorevol modo che sarebbesi convenuto al solo monarca: la sua origine è uopo rintracciarla in quella parte della Germania che divide la Tracia dall’Illiria. Tali furono gli apparecchi di Giustiniano per la guerra africana.

II. Gilimero perduto Tripoli e la Sardegna9, e ben poco sperando riconquistare il primo in causa della grande lontananza e degli aiuti mandati ai ribelli da Bizanzio, portò ogni pensiero al ridurre novamente alla sua obbedienza l’isola avanti che giugnesservi le truppe romane. Imbarcati pertanto cinque mila Vandali sopra centoventi navi, e datone il comando a suo fratello Zazone ve li spedisce; questi partendo accesi di [p. 336 modifica]sdegno contro Goda, lietissimi corronne il mare: Giustiniano poi deliberato avea che andasser colà Valeriano e Martino coll’ordine di apportare nel Peloponneso e di attendervi la rimanente oste.

III. Se non che montati i due capitani sopra le navi, ricordatosi l’imperatore di qualche dimenticanza nel comunicar loro i suoi ordini, mandò richiamandoli indietro: ma ripensando al tempo stesso che non sarebbe di felice augurio quella chiamata, spedì altri messi a ridirsi del comandamento, i quali di tutta carriera pervenuti alle navi con alta voce imposero ad entrambi di rimanere. Il grido però da taluno fu interpetrato quasi maledizione uscita inconsideratamente della bocca imperiale, per cui venisse loro interdetto il ritorno alla patria terra. Ma se in allora ebbevi chi propendesse a credere scopo della imprecazione Valeriano e Martino, l’avvenuto poscia gli avrà mostrato quanto il pensier suo fosse lunge dal vero. Potremmo invece con miglior fondamento congetturare che il presagio riguardasse un soldato10 di Martino, il quale aspirando alla tirannia ribellò dall’imperatore, nè più rivide Bizanzio: se di questa fatta però o in differente modo sia uopo spiegare la faccenda, lascio ad altri con piacere la decisione, e mi fo a narrare la partenza di Belisario e dell’esercito pe’ lidi africani.

Note

  1. V. Guerre Persiane, lib. i, cap. 15.
  2. Ctenate. (Cous.)
  3. Zaiclo. (Cous.)
  4. Serapide (Cous.)
  5. Cinquanta, scrive con più verisimiglianza il Cousin.
  6. Mine. (Cous.) Il medinno poi è misura di sei moggia, un sestiero e sei once.
  7. Venti mila. (Cous.)
  8. Dal greco verbo inusitato θρέμω curro.
  9. V. cap. 10, § 4, di questo libro.
  10. Stotzas è nomato da Cousin.