Istoria delle guerre gottiche/Libro primo/Capo II
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Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1838)
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CAPO II.
Il pargoletto Atalarico successore del morto re dalla genitrice Amalasunta, commendatissima donna, fidato a’ precettori acciocchè attenda agli studi — La regina ne ha biasimo dai Gotti, odiatori d’ogni sapere. — Sua costanza e prudenza nello sventare una loro congiura.
I. Passato di questo mondo Teuderico ebbe il trono Atalarico (nè dopo gran tempo Giustiniano imperò in Bizanzio) nato di una sua figliuola ed in allora, d’anni otto appena, sotto la tutela della vedova genitrice Amalasunta 1, la quale ricca di prudenza, osservantissima del giusto e d’animo soprammodo virile governava nella qualità di tutrice il regno. Ella in tutto il suo reggimento non volle che si gastigasse con pene corporali, o con multe uom de’ Romani, frenando per lo contrario l’iniqua e ardente gottica brama di molestarli, e rimise nella eredità paterna la prole di Simmaco e Boezio; desiderosa inoltre che il figliuol suo venisse cresciuto nella vita e ne’ costumi de’ romani principi obbligollo ad attendere alle lettere, dandogli a precettori tre vecchi e distinti personaggi di sua gente, a lei ben noti per la grandissima loro sapienza e moderazione.
II. Se non che di tai cose non attagliavano punto i Gotti, preferendo costoro di essere governati dal novello re alla foggia barbarica, per avere più libero campo di superchiare i popoli soggetti. Quindi è che tal volta fra le altre sendosi il fanciullo, reo di qualche mancamento e dalla madre corretto con una guanciata, rifuggito piangendo nell’andronitide 2, que’ de’ Gotti a cui s’avvenne cominciarono a dar nelle furie, a profferire vituperj contro di Amalasunta, ed a calunniarla siccome donna che rivolto avesse ogni suo pensiero a procacciare sollecita morte al pargoletto nella vista di contrarre un secondo matrimonio, e di rendere con questo a sè stessa ed allo sposo durevole il principato su di loro e degli Italiani. Convenuti di poi insieme i ragguardevolissimi della nazione, e fattisi al cospetto di lei si lagnano che il re nè di conformità al grado suo, nè virtuosamente sia educato, avendovi distanza somma dalle lettere al valore, e convertendosi bene spesso in timidezza e pusillanimità gl’insegnamenti ricevuti dai vecchi. Volersi adunque il fanciullo, se riuscir debba valente nell’arte guerresca ed illustre per gloria, allontanare dalla tema de’ precettori, ed esercitare nelle armi. Adducono in pruova dell’esposto Teuderico stesso, il quale non permise mai alle genti sue di mandare la prole ai ginnasii, dicendo loro che indarno cercherebbesi di assuefare i giovinetti a mirar con occhio intrepido e non curante le aste e le spade, ov’e’ temuto avessero lo staffile; oltre di che egli stesso era giunto a conquistare sì gran numero di province ed un regno, quantunque le sue orecchie non avessero udito un che di lettere. «Or bene, o Regina, conchiudono, dà commiato di botto a questi pedagoghi, e disponi che Atalarico meni la vita in compagnia di giovincelli suoi pari, i quali crescendo con esso inducanlo a regnare generosamente e secondo le antiche nostre costumanze.»
III. Amalasunta ascoltò i consigli loro, ed avvegnachè poco le quadrassero, pure temendo qualche tradimento infinse averli cari, ed in tutto secondolli. Tolti adunque dai fianchi di Atalarico i precettori mettonsi a conviver seco de’ garzoncelli non pervenuti ancora alla pubertà, nè gran fatto di esso maggiori. Se non che il piccolo re tocchi appena i tre lustri, abbandonatosi precipitosamente ad instigazione de’ compagni alla crapula, alle donne, e ad ogni altra guisa di mal costume, addivenne sì disobbediente alla propria madre, che più non aveale fior di rispetto. Ma di già i barbari stessi congiurando alla scoperta contro a lei, con isfacciataggine aveanle comandato che rinunziasse alle cure del regno; ed ella intrepida alle costoro trame, sebbene femmina, punto non attristossi, che anzi dando pruova di sua reale autorità mandò ne’ confini d’Italia, e ben lunge l’uno dall’altro, tre chiarissimi personaggi de’ Gotti ed autori principali di quella sedizione a guardare le frontiere dalle nemiche scorribande. Questi nondimeno coll’opera degli amici e de’ congiunti comunicavansi i loro pensamenti, compensando la distanza de’ luoghi colla celerità de’ messi, e così apprestavano la rovina di Amalasunta; la quale addivenuta alla perfine intollerante delle costoro mene tra sè fermò di mandare in Bizanzio chiedendo all’imperatore se ad Amalasunta di Teuderico fosse lecito di andarlo a visitare. Giustiniano lieto della domanda invitala nella sua capitale, ed in pari tempo ordina che siale apprestato un bellissimo alloggio in Epidanno, acciocchè arrivando possa albergarvi e quindi, riposatasi a suo buon grado, proseguire il viaggio sino a Bizanzio. Costei allora scelti tra’ Gotti uomini valorosi e fidatissimi loro commette la morte dei tre autori principali, come or ora scrivea, delle sue traversie. Fa di poi imbarcare alcuni de’ suoi più bene affetti con quaranta mila aurei, senz’annoverare le altre ricchezze, e coll’ordine di navigare ad Epidanno, ove giunti ritraggansi pure nel porto, ma guardino il silenzio di quanto è in serbo nel vascello finoattantochè non abbiano da lei medesima nuovi comandamenti. Sì operando era tuttavia suo consiglio di non partirsi e di richiamare indietro la nave se fossele riuscita la uccisione dei tre, venendole meno con ciò ogni timore de’ nemici; che se poi taluno di loro campasse la morte, disperando allora affatto delle cose sue, ritrarrebbesi co’ proprj tesori ne’ cesarei dominj. Con questo scopo adunque si mandò la nave alla volta di Epidanno, ed afferratovi, i curatori del danaro compierono fedelmente gli ordini avuti. Ma non molto stante la regina, udita giusta i suoi desiderii la fine dei tre ribaldi, spedì avviso alla nave di retrocedere, e proseguendo a dimorare in Ravenna tenne con mano validissima lo scettro.